Vice: la farsa tragica del potere nell’America di ieri, oggi e domani

Vice, il film interpretato da Christian Bale ed Amy Adams, rievoca la parabola politica di Dick Cheney per costruire un cupo ritratto di 40 anni di storia americana.

Metà delle persone nella stanza vorrebbero essere noi, l'altra metà ci teme.

Nixon

L'8 agosto 1974, per tre minuti, un'intera nazione si fermava davanti agli schermi del televisore mentre, con uno dei discorsi più celebri del Novecento, Richard Nixon annunciava le proprie dimissioni dalla carica di Presidente degli Stati Uniti. Una frase in particolare pronunciata da Nixon, "I have never been a quitter", sarebbe divenuta proverbiale: l'ultimo ruggito d'orgoglio di un Presidente decaduto, l'uomo più potente del mondo costretto a rinunciare al trono contro "ogni istinto nel mio corpo" per cederlo al suo Vice. La sequenza della 'abdicazione' di Nixon, travolto dallo scandalo Watergate, viene mostrata anche nel film di Adam McKay: a seguire in diretta questo momento cruciale, insieme a milioni di cittadini americani, ci sono anche i coniugi Cheney, fieri sostenitori del Presidente. E lo sdegno veemente di Lynne Cheney confluisce in una rigorosa lezione all'indirizzo della sua bambina: "Quando hai il potere, le persone proveranno sempre a togliertelo. Sempre". Un monito in cui è racchiuso un elemento fondamentale di Vice: la fugacità del potere, un bene prezioso da proteggere ad ogni costo per non vederlo scivolare via come sabbia fra le dita.

La scalata al potere di Dick Cheney

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Vice: Christian Bale è Dick Cheney in una foto del film

In fondo Vice, che segna il ritorno di Adam McKay dietro la macchina da presa a tre anni di distanza dall'Oscar per la sceneggiatura de La grande scommessa, racconta innanzitutto questo: la cronaca di una lunga, incessante lotta per mantenere il potere da parte di uno degli uomini che più di tutti hanno contribuito a decidere le sorti degli Stati Uniti d'America: Dick Cheney. Nato e cresciuto in Nebraska, studente di scienze politiche all'Università del Wyoming per poi approdare, alla fine degli anni Sessanta, a Washington D.C., Cheney - interpretato da Christian Bale con un mimetismo ancor più formidabile del consueto (vedi la nostra recensione di Vice) - è segnato da un incontro folgorante con l'uomo che diventerà il suo mentore, Donald Rumsfeld (un superbo Steve Carell), e che lo condurrà a prestare servizio nella Casa Bianca nel corso della prima amministrazione di Richard Nixon.

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Amy Adams Vice
Amy Adams in Vice

È un periodo cruciale e drammatico per l'America, alle prese con il disastro del Vietnam e con una rivoluzione socio-culturale in pieno svolgimento, ma per Dick Cheney sarà l'inizio di un'inesorabile scalata al potere. E a spronarlo con severa risolutezza in questa missione è sua moglie Lynne, che ha lo sguardo fiero e roccioso di una Amy Adams in grado di rievocare, in alcuni momenti del film, il suo analogo personaggio di Peggy Dodd in The Master. Nell'arco di due ore, oscillando avanti e indietro nel tempo fra gli anni Sessanta e i giorni nostri, Vice ricostruisce la parabola di Dick Cheney: Capo di Gabinetto alla Casa Bianca, deputato al Congresso, Segretario della Difesa sotto George Bush senior, fino all'inaspettata 'resurrezione' all'alba del nuovo millennio, con la carica di Vice-Presidente degli Stati Uniti al fianco di George W. Bush.

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L'uomo nell'ombra, fra mockumentary e commedia nera

Film Vice
Steve Carell in Vice

Se ne La grande scommessa Adam McKay delineava le dinamiche che avrebbero portato alla crisi di Wall Street del 2008 adoperando un duplice registro, quello del mockumentary e quello della black comedy, una formula analoga viene adottata ora in Vice. Jesse Plemons dà volto e voce al narratore di un fittizio documentario che, prendendo ironicamente a modello lo stile sarcastico e provocatorio, nonché l'approccio militante del cinema di Michael Moore, dipinge un corrosivo ritratto di Dick Cheney: un politico abile e machiavellico che attraverserà a spron battuto oltre vent'anni di storia americana tra Nixon, Ford, Reagan e Bush padre, per poi vedere la propria stella appannarsi e tramontare nel corso del doppio mandato di Bill Clinton.

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Christian Bale e Amy Adams in Vice

Ma il Cheney di Christian Bale ha una statura drammaturgica ben definita: non è il leader 'umanizzato' colto nella sua fragilità, come la Margaret Thatcher di Meryl Streep nel ben più convenzionale The Iron Lady, né è ammantato della malinconica grandezza del Winston Churchill di Gary Oldman ne L'ora più buia. Il protagonista di Vice è un profondo conoscitore delle regole del gioco, delle sue strategie e dei suoi compromessi, ed è disposto ad adeguarsi a tale normativa con tutto l'impegno e la dedizione possibili (e non è forse questa, ripensando a Il Principe, la forma più sublime di machiavellismo?). McKay non cade nell'errore di raffigurarlo come un fantoccio ridicolo, né tantomeno come l'orco delle fiabe: perché Cheney è anche un uomo legato ai propri ideali (condivisibili o meno), un marito devoto e un padre amorevole, come dimostrerà in occasione del coming out della figlia Mary (Alison Pill).

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Echi shakespeariani di una girandola degli orrori

Vice Luomo Nellombra
Christian Bale in Vice

Intorno a quest'individuo pacato e riflessivo, dotato di un carisma neppure troppo magnetico ("La prossima volta o beve lui, o bevo io", è l'esilarante chiosa di Lynne al termine di un penoso comizio del marito), a cui Bale fornisce un corpo e una fisionomia che muteranno in maniera impressionante da un decennio all'altro, McKay mette in scena un affresco vorticoso di personaggi ed eventi: un affresco in grado di sintetizzare in maniera esemplare splendori e miserie del Partito Repubblicano per quattro decenni di vita. Ma questo vortice, di cui Cheney e Rumsfeld costituiscono gli unici, veri punti fermi, finisce per tramutarsi in un'autentica girandola degli orrori: quegli orrori legittimati dal cosiddetto "potere esecutivo unitario", come indicato dalla scena in cui il cameriere Alfred Molina illustra alla classe dirigente quel menu che consiste nel "poter fare il cazzo che vi pare".

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Christian Bale e Sam Rockwell in Vice

È una delle parentesi surreali e stranianti di un film che si smarca da quasi tutte le convenzioni del biopic, scegliendo a più riprese di giocare con la consapevolezza dello spettatore e con gli stessi codici del linguaggio cinematografico, a partire dal senso di verosimiglianza. E così, dopo che il bislacco George W. Bush di Sam Rockwell ha chiesto a Cheney di essere il suo running mate nella corsa alla Casa Bianca, nell'intimità della loro camera da letto Dick e Lynne, fra gargarismi e dentifrici, si lanciano in un dialogo squisitamente shakespeariano: lui da novello Riccardo III, invecchiato, sovrappeso e con un cuore malandato che ha rischiato più volte di tradirlo; lei, solerte e pragmatica Lady Macbeth che condivide l'ambizione smisurata del consorte, con una Amy Adams impeccabile nel riproporre una variante dell'archetipo della "grande donna dietro un grande uomo".

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I peggiori anni della nostra vita

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Christian Bale e Amy Adams in Vice

E rispetto a La grande scommessa, stavolta la materia narrativa è talmente vasta e densa che McKay intesse il suo film come una silloge: un worst of relativo a quarant'anni di storia americana, in cui fanno capolino la crisi ecologica, comodamente ribattezzata "cambiamento climatico", e la rocambolesca election night del 7 novembre 2000, con il destino di una nazione appeso a poche centinaia di voti della Florida, passando per quel punto di non ritorno rappresentato dagli attentati dell'11 settembre. Perché da lì in poi sarà l'inizio delle "guerre al terrore": quelle guerre per le quali è ben più vantaggioso trovare un nemico concreto, ovvero un paese come l'Iraq, anziché un'entità 'astratta' quale Al Qaida, la cui natura è assai più difficile da far comprendere alle masse degli elettori.

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Christian Bale e Amy Adams in Vice
Vice Christian Bale
Christian Bale in Vice

È l'ultimo, agghiacciante capitolo della carriera politica di Cheney, prima che lo scandalo sulla manipolazione delle informazioni riguardanti le fantomatiche armi di distruzione di massa irachene segnasse la caduta di Rumsfeld e il definitivo declino dello stesso Cheney. Ma da questa angosciosa cronistoria dell'America a cavallo fra due secoli, raccontata con toni grotteschi e cadenze da farsa tragica, ad emergere è soprattutto una riflessione sul potere stesso: quel potere di cui Christian Bale si fa maschera discreta ma implacabile. Non dunque un Riccardo III né un Macbeth, divorati dalla loro smisurata ossessione di protagonismo, quanto piuttosto un Cardinale Richelieu della nostra epoca: la perfetta eminenza grigia, appena un passo dietro al sovrano e sempre attenta a non oscurarne la luce, ma tacitamente consapevole che le redini dello Stato sono riposte nelle proprie mani.