Recensione 40 anni vergine (2005)

40 anni vergine è più di quel che sembra: il sesso è visto con una naturalezza e una tenerezza che sono anni luce dalla malizia e dalla volgarità maschilista che troppo spesso caratterizza questo genere.

Vergine per amore

Andy lavora in un negozio di elettronica. E' un ragazzo tranquillo, non troppo socievole, e i suoi colleghi lo hanno sempre trovato un po' strano. Una sera in cui riescono a coinvolgerlo in una partita a poker, salta fuori il suo terribile segreto: Andy ha quarant'anni, eppure non l'ha mai fatto. Immediatamente David, Jay e Cal si attivano per risolvere l'ignominioso problema di Andy: è un bel ragazzo, neanche noioso, bisogna solo provvedere all'eccesso di "nerdiness" del suo stile di vita e trovare una ragazza generosa e disinibita. Ma le cose non sono così semplici all'atto pratico: Andy non riesce a provare attrazione per le fanciulle alticce e sessuomani che i tre amici gli propongono, e invece prende una sbandata per Trish, un'affascinante cliente del negozio che sembra ricambiare il suo interesse, ma ovviamente è terrorizzato dalla prospettiva di fallire la prima volta con lei...

Questa, in soldoni, la trama del film di Judd Apatow, che potrebbe essere quella di una qialsiasi insignificante commedia demenziale condita da facile goliardia. Ma 40 anni vergine è più di quel che sembra: il sesso è visto con una naturalezza e una tenerezza che sono anni luce dalla malizia e dalla volgarità maschilista che troppo spesso caratterizza questo genere. Andy è un personaggio estremamente buffo, sì, ma ci si sente quasi in colpa a ridere di lui, perché allo stesso tempo è un eroe che non si conforma all'esigenza comune di liberarsi ad ogni costo della propria verginità, e preferisce costruire prima un rapporto con la donna giusta. Il nerd che ha la casa piena di giocattoli da collezione e che investe il suo salario in futuristiche seggiole per videogame è emotivamente più maturo dei suoi amici trentenni sessualmente attivi, e, mentre loro cercano di farlo "scopare", lui mostra loro i vantaggi di una relazione adulta, basata sull'affetto, la fiducia e la lealtà. Non senza conseguenze.

Con questo non vogliamo certo fare passare 40 anni vergine per un film "serio": anche se la componente romantica ha spesso e volentieri la meglio su quella demenziale, quello di Apatow resta un film comico. Un riuscito film comico. Divertente è Steve Carell, credibile nel ruolo complesso di sfigato con l'anima, e dotato di una fisicità mai sopra le righe; divertente è la sgangherata banda di amici che esemplifica e ridicolizza con brio e intelligenza tanti insospettabili stereotipi maschili; divertente è Catherine Keener, deliziosa qualunque cosa faccia, qui, per la verità, un po' penalizzata dal doppiaggio italiano. Divertente è soprattutto il finale in musica, che vale da solo il prezzo del biglietto.
Forse sono esagerati i riconoscimenti della critica USA nei confronti di questo di film; ma, anche solo per l'onestà e il calore umano che contaddistinguono 40 anni vergine, Apatow e Carell meritano il successo che hanno avuto.

Movieplayer.it

3.0/5