Al tramonto dell'"epoca Raimi", chiamiamola così, la Sony aveva in mano due carte da giocarsi per il rilancio del franchise di Spider-Man: una era un reboot della saga dell'Arrampicamuri e l'altra, più un sogno nel cassetto che una strada realmente percorribile, era uno stand alone con il personaggio di Venom degno del culto ad esso legato. La prima, dopo tanti proseliti, si è andata a sfracellare dopo un paio di film oggi incredibilmente rivalutati tra i fan (sarà contento Andrew Garfield) e l'altra ha continuato ad essere rimandata per circa una decade.
L'attesa del film sul simbionte era diventata essa stessa il film sul simbionte. Poi la svolta e l'annuncio del 2016 dell'arrivo di Venom, in cui fu compresa anche una postilla su come esso sarebbe divenuto il primo passo del nuova realtà Marvel indipendente dai Disney Studios. Sono passati 12 anni e, tra flop e buone intenzioni, siamo arrivati al Venom: The Last Dance, il tramonto dell'"epoca Hardy", chiamiamola così. Cosa abbiamo imparato?
Probabilmente nulla, anzi, c'è la concreta possibilità che le poche sicurezze che avevamo acquisito dopo così tanto tempo passato a commentare i miliardi di film dell'MCU e ipotizzare se, quando e come fosse più conveniente potesse creare questo multiverso supereroistico totale, si siano sciolte come neve al sole di fronte al successo più assurdo della Storia del cinema contemporaneo. Perché se i fallimenti di Morbius e Madame Web sono più che comprensibili, è francamente complesso spiegarsi come la trilogia del simbionte abbia portato e continui a portare a casa risultati importantissimi al botteghino.
La nascita della trilogia più attesa
Facciamo chiarezza. Venom del 2018 aveva delle frecce al suo arco tali da poter giustificare una certa attrattiva e francamente poco c'entravano con la qualità del film in sé (che infatti era pessima), portandolo a incassare più di 800 milioni di dollari. Al possibile effetto boomerang generabile dal dover giostrare le enormi aspettative verso un titolo così bramato, la Sony rispondeva con Tom Hardy, Eminem, Andy Serkis e la promessa che tutto sarebbe cambiato da lì in poi.
Ha funzionato praticamente ogni cosa, nonostante dopo non sia cambiato nulla, dei tre nomi di cui sopra ne sia rimasto solo uno e nonostante la pellicola sia una delle operazioni più fuori tempo, fuori contesto e senza senso apparente degli anni Duemila. Ma, d'altronde, direbbe qualcuno, prendere Hardy per un ruolo del genere era una scelta senza senso a prescindere, dunque si era già deciso di buttarsi a capofitto in una certa direzione.
Definiamo la scelta dell'attore inglese poco adiacente, e non per il personaggio di Eddie Brock in sé o per i limiti di un interprete fenomenale, ma per la deriva che si è deciso di dare al personaggio. Ovvero quella del protagonista di un film per famiglie, ma senza quel senso di destrutturazione del macho che hanno tanti bellocci che interpretano bellocci in calzamaglia.
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Passi Venom, ma Venom - La furia di Carnage (terzo maggior incasso nordamericano del 2021) è una sentenza sul fatto che questo Venom non ha nulla a che fare con Venom (oltre al fatto che i film del franchise continuano ad essere bruttini e sembrano stati pensati da degli sceneggiatori pre epoca Raimi). Nonostante sullo schermo si continui a parlare di Protettore Letale e che addirittura in questo ultimo film vengano introdotti Knull e gli Xenophage, non c'è niente del personaggio del fumetto. Eppure i soldi continuano ad arrivare, con il placet dei cosiddetti cultori. Ma la spiegazione qual è?
Gli addetti ai lavori si scervellano, fino a vedere una possibile luce alla fine del tunnel, grazie ad una scena finale del secondo capitolo che lascia sperare tutti che il tanto discusso Venom possa realmente incontrarsi con lo Spider-Man di Tom Holland e dare finalmente una contestualizzazione al quell'ironia demenziale che continua ad animare ad un duo comunque composto da un simbionte cannibale e un uomo tormentato, assetato del potere che gli è stato portato via. Invece nulla, anzi, un paio di minuti e ci si scherza pure sopra. Magari la prossima volta, magari mai più. Allora ripetiamo: la spiegazione qual è?
Venom: The Last Dance chiude (a Dio piacendo) i battenti su una trilogia che Tom Hardy ha preso in mano cucendola addosso e facendola divenire così ancora più silly, tra il buddy movie e la rom-com dura e pura, con tanto di sequenze di canto e ballo. Il suo è un amichevole simbionte di quartiere all'estrema potenza, ma, essendo interpretato da lui, che non può fare a meno di essere sconnesso dall'ilarità, rimane una creatura parossistica. Questo terzo capitolo ha addirittura la pretesa di giocare con la nostra affezione al personaggio, che ha incassato e continuerà a farlo. Noi continuiamo a non capire. Anche se alla fine Deadpool & Wolverine gli ha copiato l'idea del duo e ha volato al botteghino anch'esso. Un caso?