Pier Paolo Pasolini. Si fa prima a scrivere il suo nome che ad elencare i momenti più significativa della vita di uno degli artisti più controversi del nostro paese, poeta, scrittore, giornalista, regista, intellettuale di sinistra, libero da etichette. Dal giorno del suo omicidio, avvenuto nella notte tra l'1 e il 2 novembre del 1975 sul litorale romano, si sono fatte decine di congetture circa il reale movente dell'assassinio, per cui è stato condannato Pino Pelosi, un "ragazzo di vita", che sostenne di aver agito per legittima difesa.
L'ultimo tentativo di far chiarezza appartiene al cinema e ad Abel Ferrara che alla 71.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia ha presentato in concorso Pasolini. Sfruttando l'interpretazione quasi mimetica di Willem Dafoe, Ferrara ha affondato le mani in una storia che rappresenta una ferita aperta per la nostra cultura.
Il regista americano non ama certo i preamboli e va dritto al punto, chiarendo il suo punto di vista sulla questione, con riferimento ad un'intervista in cui spiegava di sapere come fossero andate realmente le cose. "Non ho mai detto di sapere chi l'abbia ucciso - ha spiegato Ferrara -, è stata una grande balla messa in giro dai giornalisti, il punto del film non era questo, quanto cercare di parlare della sua vita e del suo lavoro, delle sue passioni e della compassione. Per citare Pier Paolo, la morte di ciascuno riflette la propria vita. Siamo partiti da questa idea".
Pasolini, uomo fuori dal coro
50 anni fa veniva presentato a Venezia, Il vangelo secondo Matteo, un'opera che come la maggior parte delle pellicole di Pasolini, è stata accolta tra grandi critiche. "Ci sono sempre stati film attaccati dalla critica - ha detto Ferrara -, di alcuni hanno bruciato addirittura i negativi. Pasolini era ogni giorno in tribunale". "Tutto ciò che faceva Pier Paolo era nel mirino della critica - ha aggiunto Ninetto Davoli, che nel film di Ferrara interpreta uno dei protagonisti della pellicola a cui Pasolini stava lavorando, prima di essere ucciso -, Pasolini ha avuto 33 denunce, anche solo perché parcheggiava male la macchina, ma entravano da un orecchio e uscivano dall'altro, non si è mai fermato davanti ad alcun ostacolo, ha sempre seguito le proprie idee senza che nessuno lo distogliesse".
Pasolini il forte
Nel film di Ferrara emerge il disprezzo di Pasolini per un certo ambiente culturale italiano e soprattutto per la violenza espressa a più livelli dalla società dell'epoca. "Pier Paolo spiazzava tutti, la gente si trovava di fronte ad un personaggio che mostrava verità che nessuno voleva vedere e si rimaneva intirizziti", ha aggiunto Davoli. "Non date retta a chi ne parla come di un uomo ombroso, che ha rappresentato la sua morte nei film, ha affrontato la vita con allegria. Amava vivere la vita ed era distrutto dall'idea che gli italiani fossero stati catturati da un sistema di vita consumistico. Che poi è quello che ha portato alla situazione di oggi. E' rimasto vittima di quel sistema", ha poi concluso l'attore. "Pasolini non aveva paura di nulla - ha poi aggiunto Ferrara -, faceva parte di una generazione che vedeva forza nel suo credo e nella sua personalità. Se fosse qui con noi potrebbe ancora fare quei film".
Ricordando Pier Paolo
Per Ninetto Davoli, attore scoperto e lanciato da Pasolini, di cui divenne amico e confidente, recuperare la memoria di quel rapporto è stato un lavoro quasi catartico. "Erano anni che Abel diceva di voler preparare un film su Pierpaolo, ci siamo sentiti due anni fa e mi sono detto, perché no? - ha rivelato l'attore -, siamo andati subito d'accordo perché è uno strano come me. Non voleva rappresentare tutto il pensiero di Pier Paolo, sarebbe stata impresa impossibile; ha scelto punti ben precisi, per raccontare la figura dell'uomo".
Amica intima di Pasolini, la grande Adriana Asti interpreta nel film la madre dello scrittore, l'amatissima Susanna. "Sono piuttosto noiosa quando parlo di Pier Paolo perché comincio a piangere a dirotto - ha raccontato, faticando a trattenere la commozione -. Quando Abel mi ha chiesto di fare questa parte ho avuto paura, paura che è scomparsa quando visto Willem, identico a lui. Ho saputo che era stato assassinato quando ero sul set del film di Mauro Bolognini, L'eredità Ferramonti. E' stata molto dura. Oggi posso dire che Abel ha lo stesso talento di Pier Paolo nel trasformare un attore nel personaggio, è una magia".
"Abel ti trasforma in un suo collaboratore - ha aggiunto Dafoe - , non sei un attore, ma una sua creatura. Quello di Pasolini non era un semplice ruolo, ma una responsabilità. Il pensiero di Pasolini era potente, se ha funzionato è perché ho stabilito con lui un dialogo personale privato".
Questione di lingua
Il film uscirà in Italia il prossimo 18 settembre in versione doppiata, con Fabrizio Gifuni che darà la voce a Dafoe/Pasolini, ma in versione originale è stato girato mescolando inglese, italiano e dialetto romano. Una scelta che non inficia, secondo lo sceneggiatore Maurizio Braucci, non impedisce una fruizione piena dell'opera, che resta comunque un'analisi circoscritta. "Abbiamo lavorato a quello che succedeva nella mente di un poeta prima di morire - ha detto -, abbiamo sperimentato in termini di lingua, restando fedeli agli scritti di Pasolini, Petrolio, Porno Teo Kolossal, di cui abbiamo trovato le migliori traduzioni in inglese. Nella versione italiana, useremo le opere originali".