Rock e cori da stadio per il gran finale di questa edizione della Mostra di Venezia. Ieri il Lido era tutto per Vasco Rossi, rocker emiliano amatissimo dai fan che puntualmente sono approdati in massa per assistere alla presentazione del documentario Il decalogo di Vasco, diretto da Fabio Masi, che Rai Tre trasmetterà in seconda serata il 26 settembre. E Vasco non ha deluso le aspettative dei suoi seguaci portando una sferzata di energia in questo sommesso finale di festival. Approdato al Lido con un'accoglienza degna di Tom Cruise, il rocker ha dato spettacolo sul red carpet. Giacca e scarpe da ginnastica argentate, il Komandante si è concesso ai fan, è saltato addosso ai fotografi per sdraiarsi ai loro piedi e farsi immortalare in una foto unica e poi, con insospettabile agilità, è balzato al di là delle transenne per atterrare in mezzo al pubblico. Il cantante sembra voler rispettare le regole del gioco dettate nel suo inno Vita spericolata tanto da ammettere: "Io sono sincero solo nelle mie canzoni".
A conferma di ciò, Vasco sembra molto più a suo agio quando canta che quando è chiamato a rispondere a qualche domanda, ma l'occasione unica della kermesse veneziana lo spinge ad aprirsi e a raccontare come mai ha deciso di accettare l'avventura del documentario propostogli da Fabio Masi: "Sono attore a mia insaputa. Anzi, così suona male. Diciamo che sono un attore inconsapevole. Ho incontrato Fabio Masi quando lui mi ha proposto di fare una specie di sigla per Blob. In questa sigla dovevo recitare le parole di Gli spari sopra. Mi piaceva l'idea di fare una cosa del genere perciò mi sono rasato a zero per somigliare al Colonnello Kutz di Apocalypse Now. Purtroppo non somiglio a Marlon Brando, ma ce l'ho messa tutta. Quando ci siamo incontrati a Bologna, tra me e Fabio è nato un feeling istintivo. Mi sono accorto che avevamo un'affinità particolare. Poi però ho cominciato a ritrovarmelo ovunque che mi riprendeva in vari momenti. Io non sapevo cosa stava facendo, ma mi fidavo di lui. Non ho ancora visto il film, ma sono sicuro che è un capolavoro".
Vasco sogna
Quello tra Vasco e il suo pubblico è un dialogo privo di pause. A ogni parola del rocker, che racconta la sua esperienza di attore sorseggiando un calice di spumante, il pubblico interviene. Basta che il cantante improvvisi l'inizio di un verso che subito qualcuno lo completa e i fan interrompono in continuazione le sue parole per gridargli quanto sia importante per tutti loro. "Sapevo di avere dei fan non normali" scherza il cantante. "E' il miracolo della musica che accade quando senti una canzone in cui ti riconosci. In quel momento ti viene da voler bene al cantante anche se non se lo merita. Ma non chiamatemi maestro di vita, per amor di Dio! Se mi conosceste meglio forse mi vorreste meno bene. Nelle canzoni io parlo delle mie debolezze. A un amico non le racconterei, ma un vero artista deve essere onesto e sincero". Sullo scambio costante con il pubblico Vasco aggiunge: "Mi ritorna indietro tutto. Le cose che ho scritto in passato mi vengono ricordate in continuazione. Una volta ho fatto un incidente d'auto. Un camionista è sceso infuriato e mi ha urlato 'Te la do io la vita spericolata'. Ma le canzoni nascono così perché sono un miracolo. Sono della stessa natura dei sogni. Quando comincio la prima frase non so mai di cosa parlerò. Le canzoni sono come i sogni, nascono dall'inconscio come i sogni, di notte. E poi devo dire la verità: quando sono inconsapevole sono più allegro, mentre quando sono consapevole divento nervoso."
Il decalogo del rocker perfetto
L'ultimo tour di Vasco ha segnato 600.000 presenze. Numeri da capogiro che hanno portato il Komandante su e giù per l'Italia. Un bello smacco per chi, all'inizio della sua carriera, non aveva creduto in lui. Il palco di Venezia fa diventare Vasco nostalgico e il cantante ripensa al passato confessando: "Quando ho cominciato, negli anni '80, la gente mi chiedeva cosa facevo. Se non lo dicevo io che ero una rockstar non me lo diceva nessuno. Ma dopo l'epoca dei cantautori serviva qualcuno che raccontasse le cose in modo sintetico. La gente non aveva più tempo di ascoltare. Così invece di 'lunga e diritta correva la strada' 'sono andato contro un muro'. Io e Gianna Nannini siamo stati i primi a sdoganare il linguaggio del rock. Nei primi tempi il pubblico era un po' ostile, è stata una guerra. Allora per imparare a comportarmi da rockstar guardavo Mick Jagger. Se cade qualcosa in terra sul palco, la rockstar non si gira. Se cade qualcosa e lo raccogli sei imbranato, se ti giri e te ne vai sei una rockstar. Così quando sono andato a Sanremo ho pensato 'Se faccio il matto si ricorderanno di me, se canto non se lo ricorderà nessuno'. Ero diversamente lucido, ma avevo già le idee chiare. Rimettere a posto il microfono dopo l'esibizione fa tanto Zecchino d'oro perciò ricordo di essermelo messo in tasca e me lo sono portato via. Dopo di me si doveva esibire Christian, ma il microfono è volato in terra. Io, però, non mi sono girato" Quando gli viene chiesto perché non ha mai bissato l'esperienza di Sanremo, Vasco aggiunge: "Non sono tornato a Sanremo perché un conto è fare il matto una volta, ma due no o ti prendono per un matto vero. Vita spericolata ha scatenato un putiferio a Sanremo, ma per me quel brano è perfetto. Era una canzone straordinaria, di quelli che te ne viene una nella vita. Ci ho messo sei mesi a comporre il testo. Delle polemiche non me ne frega un cazzo".