In uno dei film più apprezzati di dieci anni fa, Espiazione di Joe Wright, trasposizione del capolavoro letterario di Ian McEwan, Vanessa Redgrave compariva nella parte finale nel ruolo di Briony Tallis: un'anziana scrittrice che, nel corso di un'intervista televisiva, annunciava la propria fine imminente per poi svelare il colpo di scena riguardante il "racconto nel racconto". Si tratta di un semplice primo piano, suddiviso in due diversi long take; eppure, questi pochissimi minuti costituiscono un saggio stupefacente di un miracoloso talento d'attrice.
Non c'è traccia di affettazione, in un monologo già di per sé carico di pathos: ogni battuta viene pronunciata con assoluta spontaneità, eppure non c'è una parola che, nella voce della Redgrave, non si carichi di valore e di significato. Così come il volto dell'attrice inglese: le labbra che si contraggono in una smorfia ambigua da cui trapela l'accenno di un sorriso al quale, un istante più tardi, si contrappongono invece la sofferenza e il rimorso stampati in quei limpidissimi occhi azzurri. Ecco, è da una scena del genere che si può sperare di comprendere perché Vanessa Redgrave è una delle più grandi attrici della nostra epoca: nella ricchezza di sfumature che questa donna riesce a trasmettere senza traccia di istrionismi, ma limitandosi a una lieve contrazione delle labbra o a un fulmineo lampo di malinconia nello sguardo.
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Gli ottant'anni di Vanessa
Nella carriera - e nella vita - di Vanessa Redgrave, che oggi festeggia ottant'anni, è racchiuso un capitolo importante di storia del cinema. E se è pur vero che il talento per la recitazione dev'essere stato un fatto genetico (i suoi genitori, Michael Redgrave e Rachel Kempson, sono stati due fra i più acclamati interpreti della scena britannica), in mezzo secolo di attività davanti alla macchina da presa Vanessa non si è mai risparmiata, né ha mai mostrato timori verso ruoli che sarebbero potuti apparire estremi o controversi. Il pubblico cinematografico si accorge di lei per la prima volta nel 1966, l'anno che di colpo la trasforma in una star: il regista Karel Reisz la dirige nell'irriverente commedia Morgan matto da legare, che le vale la prima nomination all'Oscar e il premio come miglior attrice al Festival di Cannes; nel frattempo compare in un cameo nei panni di Anna Bolena nel dramma storico Un uomo per tutte le stagioni di Fred Zinnemann e presta il volto all'enigmatica Jane, la "ragazza del mistero" nel cult movie di Michelangelo Antonioni Blow-up.
Da allora questa attrice elegante ma anche sfrontatamente sensuale, combattiva di fronte alla cinepresa quanto nella vita pubblica (è da sempre un'attivista di sinistra e una paladina nelle campagne per i diritti civili), reduce da un matrimonio poco fortunato con il regista Tony Richardson, si divide tra fastose produzioni hollywoodiane e cinema d'autore europeo: nel 1967 è la radiosa Regina Ginevra che, nel pluripremiato musical Camelot di Joshua Logan, conquista il Lancillotto di Franco Nero, attore a cui è tutt'ora legata sentimentalmente (i due si sono sposati nel 2006) e che la porterà in Italia a girare con Elio Petri e Tinto Brass; nel 1971 si cimenta in un orgoglioso "testa a testa" con la Elisabetta I di Glenda Jackson in Maria Stuarda, regina di Scozia di Charles Jarrott e con la Ecuba di Katharine Hepburn ne Le troiane di Michael Cacoyannis, dalla tragedia di Euripide; figura nel cast di lusso di Assassinio sull'Orient Express di Sidney Lumet (1974), mentre ne Il segreto di Agatha Christie di Michael Apted (1979) si immerge nel lato più oscuro e tormentato della celebre giallista.
A partire dagli anni Ottanta Vanessa Redgrave inizia ad alternare il cinema alla televisione: per il piccolo schermo vince un Emmy Award interpretando una pianista ebrea rinchiusa nel lager di Auschwitz in Ballata per un condannato (1980), si impegna nel difficile ruolo di una tennista transgender in Una seconda opportunità (1986) e assieme alla sorella Lynn Redgrave dà vita a un remake televisivo del mitico Che fine ha fatto Baby Jane? (1991). Al Festival di Venezia 1994 si aggiudica invece una Coppa Volpi per il folgorante esordio di James Gray, Little Odessa, mentre nel 1996 è l'inafferrabile antagonista che perseguita Tom Cruise in Mission: Impossible di Brian De Palma. Sono solo alcuni fra i numerosissimi film nel curriculum della Redgrave, spesso in parti brevi, ma puntualmente incisive: che si tratti di lanciarsi in un monologo shakespeariano da brivido nel Coriolanus di Ralph Fiennes (2011) o di incarnare una presenza silenziosa e angosciante come l'anziana signora du Pont nel recente Foxcatcher - Una storia americana di Bennett Miller (2014).
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Quest'anno l'infaticabile Vanessa, sopravvissuta nel 2015 a un attacco cardiaco, sarà di nuovo sugli schermi ne Il segreto di Jim Sheridan (manco a dirlo, l'unico punto di forza di un film pessimo) e in Film Stars Don't Die in Liverpool, in cui dividerà la scena con la grande Annette Bening, quest'ultima nei panni della diva Gloria Grahame. E per rendere omaggio a un'attrice tanto straordinaria nel giorno del suo ottantesimo compleanno, di seguito vi proponiamo una classifica delle cinque migliori performance che la Redgrave ci ha regalato al cinema.
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5. Isadora
Nel 1968, due anni dopo Morgan matto da legare, Karel Reisz torna a dirigere Vanessa Redgrave in Isadora, appassionata biografia della ballerina americana Isadora Duncan, donna anticonvenzionale e artista rivoluzionaria e trasgressiva, destinata a scuotere il pubblico e la società benpensante prima di trovare la morte, alla soglia dei cinquant'anni, in un assurdo incidente a Nizza. Il film di Reisz procede per accumulo di scene madri in una continua alternanza fra passato e presente, ma la sua ragion d'essere consiste proprio nell'ottima prova della protagonista, capace di trasferire al personaggio della Duncan un'energia, una vitalità e una carica sovversiva davvero rare. Grazie a Isadora, la Redgrave si è aggiudicata un'altra nomination all'Oscar e il suo secondo premio come miglior attrice al Festival di Cannes 1969.
4. I bostoniani
Il grande romanzo di un gigante della narrativa anglo-americana come Henry James, un regista di indiscussa finezza quale James Ivory, supportato come di consueto dalla fedele sceneggiatrice Ruth Prawer Jhabvala, e una delle più belle interpretazioni di Vanessa Redgrave. Ambientato a Boston nel diciannovesimo secolo, I bostoniani, del 1984, è incentrato sul rapporto fra Olive Chancellor (la Redgrave), capofila del movimento femminista, e la sua giovane protégée, Verena Tarrant (Madeleine Potter), le cui attenzioni sono divise fra Olive e il cugino di quest'ultima, l'avvocato conservatore Basil Ransom (Christopher Reeve). In una performance trattenuta ma carica d'emozione, Vanessa Redgrave è ammirevole per la sua capacità di far emergere gli entusiasmi, le speranze, i desideri sottesi (quell'implicito velo di erotismo nel suo legame con Olive) e la strenua determinazione di questa eroina femminista, meritandosi la nomination all'Oscar come miglior attrice. Sempre per la regia di Ivory, nel 1992 la Redgrave si guadagnerà la sesta e ultima candidatura della sua carriera, questa volta come miglior attrice supporter, per la sua toccante prova nel capolavoro Casa Howard, al fianco di Emma Thompson.
3. Il mistero di Wetherby
Vincitore dell'Orso d'Oro come miglior film al Festival di Berlino 1985, Il mistero di Wetherby, scritto e diretto da David Hare, è un gioiello da riscoprire in cui Vanessa Redgrave si cala in un personaggio complesso e indecifrabile: Jean Travers, insegnante di letteratura in una cittadina dello Yorkshire, testimone di un inspiegabile suicidio commesso da uno sconosciuto visitatore all'interno della casa della donna. Da questo spunto 'giallo' ha inizio un percorso introspettivo che, muovendosi tra la narrazione al presente e una serie di flashback, punta a scavare nel senso di solitudine di Jean e nel peso dei suoi rimpianti, affidandosi soprattutto alla superba prova della Redgrave: sapientemente sotto le righe, eppure capace di comunicare, con la silenziosa tristezza dei suoi sguardi, un intero universo emotivo.
2. Julia
"Ci sono donne che raggiungono uno stato di grazia, quando il loro viso non sarà mai più così bello, il corpo mai più così avvenente, così vitale": le parole con cui Lillian Hellman, la drammaturga interpretata da Jane Fonda, descrive l'amica Julia rendono alla perfezione il senso di grazia e di vitalità che Vanessa Redgrave conferisce al personaggio del titolo. In Julia, diretto da Fred Zinnemann nel 1977 sulla base di un libro autobiografico della Hellman, la Redgrave fa esattamente questo: emana una bellezza, una forza d'animo e un carisma che rappresentano la chiave della fascinazione provata da Lillian nei confronti di Julia, attivista in prima linea nella resistenza antinazista. Ambientato fra l'America e l'Europa alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, questo struggente e indimenticabile film ha fatto vincere alla Redgrave il premio Oscar e il Golden Globe come miglior attrice supporter.
1. I diavoli
Nella sterminata filmografia di Vanessa Redgrave, c'è un titolo che più di ogni altro ha suscitato polemiche infuocate, si è attirato contro accuse di blasfemia e, a oltre quattro decenni di distanza dalla sua uscita nelle sale, si è imposto come una sorta di "cult maledetto" amato da generazioni di cinefili: I diavoli, la pellicola più iconoclasta e 'scandalosa' del regista inglese Ken Russell, tratta nel 1971 dal libro I diavoli di Loudun di Aldous Huxley. La vera storia di Urbain Grandier (Oliver Reed), dissoluto sacerdote libertino nella città di Loudun, nella Francia di Richelieu, si intreccia con quella di suor Jeanne degli Angeli, uno dei personaggi più memorabili nel repertorio della Redgrave: la madre superiora del convento delle Orsoline di Loudun, divorata da una bruciante attrazione per padre Grandier. Con la testa reclinata su un lato, la gobba che le deforma la schiena e una scintilla di maligna perversione sprigionata dal sorriso beffardo, Jeanne degli Angeli è l'anima nera de I diavoli: una creatura luciferina che incarna in sé tanto lo spirito camp dell'opera di Russell, quanto un'incontenibile frenesia erotica destinata a sconfinare nella follia (si veda la famigerata scena, censuratissima, in cui la donna si masturba usando un femore umano). Un'interpretazione senza freni, coraggiosissima e assolutamente indelebile.