Il binomio cinema-vampiri ha origini antichissime, pare proprio che i signori delle tenebre abbiano trovato nel grande schermo una dimora talmente confortevole da non volerla più abbandonare. Il primo film in cui un vampiro si affaccia dalla pellicola per terrorizzare il pubblico risale infatti al 1922, non molti anni dopo la data di nascita ufficiale del cinema. E' il regista tedesco F.W. Murnau che, ispirandosi al romanzo ottocentesco Dracula di Bram Stoker, realizza la prima opera che vede protagonista il principe della notte. Poco importa che, per non pagare i diritti alla vedova Stoker, il nome del personaggio venga mutato in Nosferatu, il protagonista del film diviene il capostipite di tutti i Dracula che verranno in seguito ed i tratti salienti del vampiro (la magrezza, lo spaventoso pallore, la fascinazione fatale) si stampano immediatamente nell'immaginario collettivo per rimanervi ben saldi. La sinistra ombra di Nosferatu, il "non morto", si proietta sulla città di Brema insinuandovi il Male, materializzato nei topi portatori di peste nera, ed entra a far parte della storia del cinema. Al mito si aggiunge la leggenda: si vocifera che l'attore interprete di Nosferatu (Max Schreck) fosse un vero vampiro ingaggiato dal regista, ormai tutto è pronto affinché Dracula sferri l'assalto al grande schermo.
Negli anni '30 il principe delle tenebre è incarnato dal fascino magnetico e dal piglio teatraleggiante e grottesco dell'ungherese Bela Lugosi nel Dracula di Tod Browning; vent'anni dopo, in coincidenza con una rivitalizzazione del genere horror ad opera della britannica Hammer Films, sarà Cristopher Lee, col suo sguardo ipnotico e il portamento aristocratico, ad indossare i panni del celebre vampiro in una nutrita serie di pellicole dirette da Terence Fisher, tra cui la più nota è senza dubbio Dracula il Vampiro (1958). Questo film, tra l'altro, svolge la funzione di definire ulteriormente l'aspetto moderno di Dracula (compresi i canini, invenzione del regista) con la sua inquietante dimensione di erotismo perverso.
Le date di uscita di questi film sono tutt'altro che casuali: la storia del cinema vede, infatti, ritorni ciclici del successo del genere horror proprio in concomitanza con eventi tragici, guerre o periodi di crisi. Il boom degli anni '20-'30 coincide infatti con l'avvento del nazismo in Europa e con il crack della borsa del '29 e la Grande Depressione oltreoceano, mentre negli anni '50 sono la Guerra Fredda ed il profilarsi di un possibile conflitto nucleare a favore la rinascita del genere orrorifico, il quale diventa una forma di catarsi, un modo col quale il grande pubblico esorcizza le proprie paure grazie al grande schermo. Tra i vari mostri, licantropi, mummie ed alieni sono ancora una volta i signori della notte a farla da padroni e così i film sui "non morti" si moltiplicano a dismisura (se ne calcolano circa un migliaio realizzati nel secolo scorso), contemporaneamente si va delineando sempre di più la figura del vampiro come affascinate seduttore, tombeur de femme che ipnotizza le proprie vittime per poi succhiar loro il sangue con mortale eleganza. Difficile spiegare le cause della fascinazione dei vampiri per il grande schermo, forse le ragioni vanno cercate nelle affinità costitutive tra le loro nature: la predisposizione per il buio, la natura metamorfica, la potenza seduttiva...non è forse vero che ogni film vampirizza lo spettatore costringendolo all'immobilità?
Qualunque sia il motivo di questo sodalizio, i succhiasangue proseguono imperterriti nella loro marcia trionfale e non si accontentano di popolare gli incubi dei fan dell'horror, ma travalicano i generi, visitando di volta in volta la commedia (Per favore, non mordermi sul collo, Fracchia contro Dracula), il western (Billy the kid contro Dracula, Vampires), la fantascienza e il musical. Inoltre Dracula ed i suoi innumerevoli fratellini, che fino ad ora hanno sempre preferito affondare i loro canini all'interno di produzioni a basso budget, cominciano a trasformarsi in un vero e proprio archetipo erotico/psicanalitico tanto da divenire oggetto privilegiato di studio e di reinterpretazione anche da parte di grandi registi estranei al cinema di genere.
Nel 1960, Roger Vadim realizza Il sangue e la rosa, adattamento del romanzo ottocentesco Carmilla di Sheridan Le Fanu, dove ai succhiasangue maschi si aggiunge per la prima volta una bella ed aggressiva donna vampira dagli appetiti sessuali particolarmente pronunciati che diviene protagonista di un'opera raffinata ed elegantemente decadente, in linea con lo stile del regista francese. Carmilla è solo la capostipite di una schiera di donne affascinanti e pericolose che compariranno sul grande schermo incarnate di volta in volta da Grace Jones (Vamp), Anne Parillaud (vampira-poliziotta in Amore all'ultimo morso), la piccola Kirsten Dunst (Intervista con il vampiro), fino ad arrivare alla bella e sfortunata Aaliyah (La regina dei dannati).
Sette anni dopo Vadim, anche Polanski si dedica ad una variazione sul tema realizzando quell'acuto divertissement intriso di humor ebreo-polacco che è Per favore, non mordermi sul collo, commedia fantastica di garbo irresistibile, ricca di invenzioni, divertente e semplice nella sua raffinatezza, che vede ancora al lavoro la dolce Sharon Tate, moglie del regista morta tragicamente pochi anni dopo. Un altro insospettabile, il grande Werner Herzog, nel 1978 decide addirittura di risalire alle origini, al primo Nosferatu di Murnau, omaggiandolo apertamente in una pellicola che non è un film dell'orrore, ma un dramma raffinatissimo che usa la realtà trasfigurandola in forma fantastica. Il suo Nosferatu, principe della notte è un eroe afflitto da una profonda, insondabile tristezza; più che incarnazione del Male, l'eroe è un Morto Redivivo, privato di tutte quelle caratteristiche che permettono ai vampiri di risultare così affascinanti ed intriganti.
Gli anni '70 vedono addirittura l'apparizione del primo vampiro di colore, Blacula, un principe africano vampirizzato nel 1780 durante una sua visita al conte Dracula. Dopo essere giunto in Transilvania in cerca di aiuto contro il commercio di schiavi, Blacula viene trasportato negli USA in una bara da due antiquari gay e ritorna in vita nella Los Angeles del XX secolo con conseguenze prevedibilmente disastrose.
Se il cinema spagnolo, con Jesus Franco e Pedro Portabella, e quello messicano, con il ciclo Nostradamus, si dedicano alla produzione in serie, e spesso a bassissimo budget, di film di vampiri anche l'Italia non rimane immune alla fascinazione dei signori della notte. Nel 1956, Riccardo Freda realizza, per scommessa, I vampiri girandolo in soli 12 giorni. Nonostante la genesi quantomeno fortunosa, il film può essere considerato a tutti gli effetti il primo horror italiano, protagonista una vecchia duchessa che, grazie a continue trasfusione di sangue succhiato a giovani fanciulle, si trasforma nella bella nipote Giselle.
L'atmosfera onirica del film ed i trucchi che permettono le trasformazioni a vista della protagonista sono opera del direttore della fotografia Mario Bava. E proprio Bava, nonostante una scarsa attenzione riservata al suo lavoro dalla critica italiana, può essere considerato a ragione uno dei più importanti registi del genere horror. I suoi film, ovviamente, ospitano spesso i signori della notte ed affini, basti pensare a I tre volti della paura (1963) o a Gli orrori del castello di Norimberga (1972), ma il capolavoro assoluto del regista resta sicuramente La maschera del demonio (1960), film che ospita una forma di vampirismo sottile e dissimulata. Sotto le affascinanti spoglie della bella Barbara Steele si cela infatti una perfida strega, la quale, per tornare in vita, ha bisogno di succhiare la linfa vitale e la giovinezza alla pronipote (identica in tutto e per tutto all'antenata) che dimora nel castello gotico di proprietà della famiglia, e solo l'amore di un giovane medico riuscirà a sventare il diabolico piano della strega.
Il tempo passa, cambiano le mode, ma il vampiro riappare ciclicamente sugli schermi, favorito non solo dalla propria immortalità, ma anche dalla capacità di adattarsi ai tempi e di mutare il look. Negli ultimi anni infatti, accanto ai più classici Dracula di Francis Ford Coppola, dove il conte transilvano è interpretato da uno splendido Gary Oldman, e L'ombra del vampiro, ancora una volta ispirato al Nosferatu del 1922, appaiono i vampiri sexy e tormentati di Intervista con il vampiro, quelli trash e fracassoni di Dal tramonto all'alba e quelli atletici e ipertecnologici di Blade 2. Tra le registe donne poche si dedicano a fotografare il mito del vampiro, tra queste è d'obbligo citare Kathryn Bigelow, che dedica al tema una pellicola divenuta cult: Il buio si avvicina (1987). Qui i protagonisti sono teenagers che, come quelli del meno riuscito Ragazzi perduti di Joel Schumacher, vivono ai margini della società seguendo formule di vita e di sessualità alternative, ed ai problemi esistenziali dell'adolescenza assommano i tormenti causati dalla mostruosa e sofferta diversità.
Nel 1998 un altro grande maestro dell'horror, John Carpenter, si avvicina al mondo dei vampiri in maniera piuttosto curiosa. Abbandonate le atmosfere gotiche che da sempre hanno caratterizzato il genere, Vampires si presenta come un horror-western assolutamente atipico, una sfida all'ultimo sangue tra gli ammazzavampiri, capitanati da James Woods, ed il grande maestro Valek, che cerca di impossessarsi della croce di Beziers grazie alla quale tutti i vampiri potranno finalmente vivere alla luce del sole. Il duello, che ha luogo tra praterie, deserti e città fantasma del Nuovo Messico anima un film che, alla lunga, si rivela uno splatter movie dove abbondano vampiri volanti, teste mozzate ed effetti speciali. Arriviamo infine al 2004 con ben due pellicole in uscita che rinverdiscono i fasti dei vecchi horror alla "Dracula versus Frankenstein": Underworld e Van Helsing. Nel primo la bella Kate Beckinsale è una vampira pop inguainata nel latex che lotta contro i licantropi, stirpe rivale e "plebea"; nel secondo il grande cacciatore di vampiri nemico di Dracula viene resuscitato in un'inedita versione cool da Stephen Sommers (il regista de La mummia), ed interpretato dal fascinoso Hugh Jackman, è costretto ad affrontare una lunga serie di nemici tra cui non potrà mancare lo stesso principe delle tenebre. E' proprio il caso di dirlo: tempi d'oro per i vampiri!