Alla fine dei giochi, inaspettatamente, ci ritroviamo lì, fissi sui titoli di coda, con una smorfia simile a un sorriso. Non solo, sentiamo pure una certa affezione verso il bislacco gruppo di protagonisti (per merito degli interpreti, affiatatissimi). In qualche modo, e nello spazio di una commedia, ci ritroviamo a condividere con loro le nostre ansie, le nostre storture, le nostre zone d'ombra. Una sensazione inaspettata perché Una terapia di gruppo di Paolo Costella, grammaticalmente parlando, non è un'opera originale, bensì è tratta da uno spettacolo teatrale firmato da Laurent Baffie, a sua volta diventato un lungometraggio, Toc Toc, dello spagnolo Vicente Villanueva.
Chi ci legge assiduamente sa che non abbiamo un pensiero generalmente negativo verso i remake, nonostante siano, a volte, delle scorciatoie che sviliscono la capacità narrativa dei nostri sceneggiatori (e questo è innegabile). Tutto sta infatti nel sapere adattare l'umore di un film, per tradurlo secondo un linguaggio cinematografico adiacente e univoco. Solo così si esalterebbe l'idea originale (e in questo caso un'idea brillante) e, come nel caso di Una terapia di gruppo, si traccia una linea originale e soggettiva che, tra pregi e difetti, risulta comunque convincente.
Una terapia di gruppo: un cast in parte, per una commedia teatrale
Non c'è dubbio che l'adattamento firmato da Paolo Costella insieme a Michele Abatantuono e Lara Prando abbia diversi spunti interessanti. Spunti perfetti per essere declinati secondo le regole della commedia sfumata, di quelle in cui l'amarezza di fondo diventa propedeutica e tridimensionale. E poi tutto parte dalla trama, stringata ed efficace: sei pazienti affetti da disturbi ossessivi compulsivi si ritrovano in una sala d'attesa, alla stessa ora, per un appuntamento con un rinomato psicoterapeuta. Ad interpretarli Claudio Bisio, Margherita Buy, Claudio Santamaria, Ludovica Francesconi, Valentina Lodovini, Leo Gassmann. Il dottore, però, sembra non arrivare, e i sei, a cui si aggiunge la chiacchierona segretaria (Lucia Mascino), si ritroveranno ad affrontare quella che si rivelerà, di fatto, un'auto-terapia di gruppo.
Ridere e sorridere delle nostre fisime? Si può
Di stampo teatrale (e tutti film teatrali hanno un certo fascino), dominato dai dialoghi e dalle interpretazioni (con qualche battuta che gira a vuoto), Una terapia di gruppo affronta in modo umoristico l'architettura scombinata di chi, più o meno inconsapevolmente, soffre di marcati disturbi. Che sia l'ansia, la mania del controllo o la tanto citata FOMO (la paura di essere tagliati fuori, che affligge soprattutto coloro che vivono di social e del proprio lavoro), il quadro generale dietro Una terapia di gruppo si rivela un cosmo ben organizzato e ben individuato, adiacente al linguaggio comedy scelto prima Villanueva e poi da Costella. Un linguaggio mai noioso, bisogna dirlo, e anche teneramente dissacrante nella sua voglia di fare e di strafare.
Certo, il film soffrirebbe tremendamente di una certa ripetitività (soprattutto nella prima parte), in quanto tutti e sette i protagonisti, in qualche modo, devono avere il giusto momento di azione-e-reazione, tra battute e situazioni più o meno riuscite (ma per fortuna la scrittura evita intelligentemente l'equivoco, escamotage abusato di innumerevoli commediacce). Va da sé che questo scombussola, in parte, il ritmo del film, comunque sostenuto dalla presenza scenica degli interpreti. A volte equilibrati e, a volte, volutamente caricaturali (superando coscientemente quella correttezza nemica del cinema), sfiorando il cartoonesco (pensiamo a Claudio Bisio, irrefrenabile giggione, oppure alla brillante Lucia Mascino).
Potremmo poi soffermarci sul finale. Anzi, sui finali. Forse un po' troppi, a dire il vero, ma comunque tutti, a loro modo, ben scritti rispetto al materiale di partenza. Tuttavia, Una terapia di gruppo funziona proprio per il suo illuminare, senza troppe remore, le peculiarità e le sensibilità psicologiche, riassumendole in un corollario differenziato che riesce in qualche modo ad essere sia specchio che contrasto della nostra stramba epoca, che da una parte ci vorrebbe perfetti e performanti, ma dall'altra ci spinge a parlare dei nostri problemi e dei nostri limiti. E come a dire, solo stando insieme si possono superare i confini e le fisime, ridendo di esse, e pure un po' di noi.
Conclusioni
Impianto e impatto teatrale per la commedia di Paolo Costella: Una terapia di gruppo sfrutta al meglio il cast corale per affrontare con spirito gigionesco una storia dai toni a volte ripetitivi, ma comunque ben organizzati rispetto allo schema umoristico portato avanti. Se i troppi finali allentano il colpo di scena finale, funziona la caratterizzazione dei personaggi che, in modo ovviamente caricato (ma mai caricaturale), fanno leva su ansie e patologie comuni.
Perché ci piace
- Il cast in parte. Soprattutto Bisio e Mascino.
- Alla fine, proviamo una certa affezione verso i personaggi.
- Riesce a far sorridere, anche con intelligenza.
Cosa non va
- Troppi finali.
- A volte il ritmo cade.
- Non è propriamente un'idea originale.