Per cosa è famosa l'Italia? Per il clima mite, per la buona cucina e naturalmente per l'arte. Ed è proprio attorno a un'opera d'arte che ruota Una storia senza nome, film fuori dagli schermi che vede il regista Roberto Andò cimentarsi con il giallo. Andò parte da un fatto di cronaca molto noto, soprattutto nella natia Sicilia, il furto della Natività del Caravaggio, rubata la notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 dall'Oratorio di San Lorenzo a Palermo e mai più ritrovata. Sulla sorte del dipinto si è detto tutto e il contrario di tutto. Il furto sarebbe stato commissionato dalla mafia. C'è chi dice che l'opera si sarebbe deteriorata proprio durante il furto, chi sostiene che sarebbe stata sepolta nelle campagne di Palermo, chi crede che sia finita nelle mani di un boss e usata come scendiletto o addirittura nascosta in un fienile dove sarebbe stata mangiata dai maiali. Alcuni pentiti sostennero che il Caravaggio fosse stato usato come merce di scambio nella trattative Stato-Mafia, ma del quadro, ad oggi, non vi è traccia.
Su questo sostrato Roberto Andò innesta una sua personale riflessione sul cinema, sull'arte e sulla creatività scegliendo, per la prima volta, un alter ego femminile. Valeria (Micaela Ramazzotti), segretaria di un produttore, è una scrittrice di talento che preferisce tener segrete le proprie capacità e fare da ghost writer all'ex fidanzato Alessandro Pes (Alessandro Gassmann), sceneggiatore in crisi d'ispirazione che da anni spaccia per propri i copioni firmati da Valeria. Un giorno Valeria viene avvicinata da un poliziotto in pensione che le suggerisce il soggetto per un nuovo film raccontandole la storia del furto del Caravaggio. L'idea scatena l'entusiasmo del produttore che commissiona subito ad Alessandro la sceneggiatura, scritta da Valeria con l'aiuto del misterioso poliziotto. Ben presto il film attira l'attenzione della mafia, interessata a scoprire come Alessandro Pes conosca fatti che dovrebbero essere segreti.
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Caravaggio perduto, creatività ritrovata
Una storia senza nome si dipana come un giallo. L'intricata vicenda legata alla sparizione del Caravaggio e alla sua sorte si intreccia alle complicate relazioni che intercorrono tra Valeria e Alessandro, tra Valeria e l'anziano poliziotto interpretato da Renato Carpentieri e tra Valeria e la madre Amalia (Laura Morante), donna eccentrica e nevrotica anche lei col suo bagaglio di segreti. Di conseguenza alcuni passaggi, soprattutto nel finale, risultato criptici e allo spettatore viene richiesto un surplus di attenzione per seguire il cammino tortuoso della tela del Caravaggio. L'andamento da spy story si nutre, però, di ingredienti che esulano dal plot principale aprendo nuovi spiragli di riflessione.
Grande attenzione viene riservata alle relazioni affettive tra i personaggi che vedono rinsaldarsi il legame tra Valeria e l'anziano poliziotto che l'ha scelta come sua confidente, mentre l'affetto che la donna nutre per Alessandro viene messo a dura prova dalla natura farfallona dell'uomo, tanto affascinante quanto inaffidabile. E proprio il personaggio di Alessandro Gassmann si fa carico della componente comica del film, con le sue "malefatte" sentimentali, le sue bugie, la sua natura da scanzonato playboy e la cialtroneria. Il suo sceneggiatore narciso e inconcludente si contrappone alla timida Valeria, che tituba quando si tratta di esibire il proprio talento e preferisce nascondersi dietro un paio di occhiali e uno pseudonimo. Coraggiosa senza essere spericolata, Valeria è testimone degli eventi scatenati dal soggetto suggeritole dal poliziotto e sarà proprio il film ispirato alla sparizione del Caravaggio a dare il via a una vera e propria reazione a catena.
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Giallo, noir, commedia sofisticata, thriller: quanti film in uno solo
In Una storia senza nome, Roberto Andò cerca di essere fedele al genere ben codificato a cui si accosta, il giallo, senza però rinunciare agli stilemi tipici del suo cinema. Il regista mescola mistery, commedia e dramma in un vortice di eventi raccontato con ritmo vivace. In questo tessuto narrativo così complesso, la figura del poliziotto di Renato Carpentieri che sbuca all'improvviso per fornire nuovi tasselli all'indagine di Valeria e, di conseguenza, al film nel film funge da catalisi delle informazioni. Valeria è la detentrice dell'energia creatrice, il suo talento letterario va di pari passo con la sua capacità di osservazione. L'attenzione del pubblico viene, però, messa alla prova da un costante flusso di dati, dettagli, e da una nutrita presenza di personaggi secondari coinvolti direttamente o indirettamente nel furto.
Ampio spazio viene dato, inoltre, alla componente metacinematografica. L'espediente del film nel film permette a Roberto Andò di mostrare le dinamiche produttive che portano alla realizzazione di un lungometraggio. Partendo dal soggetto, Una storia senza nome mette in scena i vari passaggi creativi, la stesura della sceneggiatura, la sua approvazione, il lavoro sul set, fino a concludere il viaggio con la premiere del film ormai terminato. L'indagine sul quadro scomparso procede in parallelo alla realizzazione del film che ne racconta la storia in un gioco di specchi, a tratti più macchinoso del previsto. Ambizioso e vivace, il film di Andò mostra i propri limiti proprio nella libertà con cui aderisce a un genere rigoroso come il giallo. A visione conclusa nella testa dello spettatore continuano a ronzare domande sulla dinamica dei fatti e anche se l'emozionante finale mette in secondo piano per un po' la logica, quella sensazione che nel complicato puzzle manchi qualche tassello torna a farci visita a mente fredda.
Movieplayer.it
3.0/5