Le note di Over the rainbow a fare da contrappunto, la folle corsa d'amore viziata dalla gelosia in mezzo alle scariche di mitra della guerriglia partigiana, l'amicizia tra Milton, Fulvia e Giorgio. I ricordi. La nebbia. L'amore tradito, sognato e scritto. La storia la conosciamo tutti: è quella del romanzo postumo di Beppe Fenoglio, Una questione privata, in cui lo scrittore delle Langhe racconta l' 'impazzimento d'amore' del partigiano Milton, innamorato di Fulvia, ragazza conosciuta nell'estate del '43 insieme all'amico Giorgio. Saranno lunghe giornate di balli e letture nella villa di lei al ritmo di Over the Rainbow, la canzone più amata dai tre giovani.
Un anno dopo, durante la guerra, Milton si ritrova davanti alla villa chiusa, dove la custode lo riconosce e insinua il dubbio che l'amata Fulvia possa aver avuto una storia con Giorgio. Per Milton si ferma tutto, la lotta partigiana, le amicizie e ossessionato dalla gelosia si mette sulle tracce dell'amico per scoprire la verità. E corre, corre tra i boschi, i casolari, i rastrellamenti fino a scoprire che Giorgio è stato fatto prigioniero dai fascisti: per ottenerne la liberazione e conoscere (forse) la verità non gli rimane che trovare un prigioniero da usare come merce di scambio.
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Dal libro all'adattamento
Una storia ricca di suggestioni soprattutto per il cinema di Paolo e Vittorio Taviani, che la scelgono per dare vita al loro personalissimo adattamento sul grande schermo: "Da qui siamo partiti per evocare, in una lunga corsa ossessiva, un dramma tutto personale, privato appunto: un dramma d'amore innocente e pur colpevole, perché nei giorni atroci della guerra civile il destino di ciascuno deve confondersi con il destino di tutti", raccontano nelle note di regia.
Lecito nutrire delle aspettative verso questo film, soprattutto se a cucire, tessere e dirigere sono due nomi iconici del cinema italiano che fu: potente, magico e realistico. Peccato che le perplessità alla fine della visione siano tante, troppe.
Per la prima volta dopo oltre cinquant'anni di lavoro in simbiosi la regia è di uno solo dei due fratelli, Paolo, sulla base di una sceneggiatura scritta come al solito in tandem. Ma è proprio la scrittura uno dei limiti del film: approssimativa in particolare nella caratterizzazione dei personaggi che rimangono fantasmi in superficie, privi di un approfondimento e un'identità propria, debole nella definizione della cornice storica che resta appena accennata, didascalica e spesso banale nell'adattamento dei dialoghi.
La messa in scena segue le atmosfere di un impianto teatrale che per propria vocazione, come spesso succede nel cinema dei Taviani, molto pretenderebbe dalle performance degli interpreti (Lorenzo Richelmy, Valentina Bellè e Luca Marinelli accompagnati da uno stuolo di altri comprimari). E qui nasce l'altro problema di Una questione privata: le prove attoriali non sono in grado di supplire alle mancanze della sceneggiatura e di dare alle parole la giusta naturalezza.
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Milton furioso
L'unico capace di caricarsi sulle spalle l'intero film e trascinarselo dietro in questo appassionato peregrinare d'amore è Luca Marinelli, che ci restituisce un Milton dai risvolti shakespeariani: accecato dalla gelosia al punto di dimenticare la lotta partigiana, gli amici di brigata e la stessa vita.
La sua corsa matta e disperata in cerca di un qualcosa (che sia la ricerca rocambolesca di un prigioniero da scambiare o di una pallottola che ponga fine ai propri tormenti) assume i connotati di una 'quete' ariostesca e rimane uno degli elementi più originali e memorabili del film.
Nella testa dello spettatore rimarranno il girovagare furioso di Milton, la forza della sua disperazione, le sigarette fumate e strafumate, l'abbraccio commosso e silente con i genitori incontrati per caso sotto i portici battuti dal vento, l'incipit delle lettere a Fulvia ("Fulvia, splendore"), la nostalgia, i ricordi. E poi l'immagine muta di una bambina che sorseggia un bicchiere d'acqua prima di tornare a giacere accanto al corpo della propria madre morta. È in questi momenti che il cinema dei Taviani ritorna vivo: irrompe sullo schermo e si impone con la forza di una sola scena, di un unico irripetibile istante catturato in tutto il proprio vigore.
Movieplayer.it
2.5/5