Una poltrona per due di John Landis è un film amaro, amarissimo. Un film che riassume e anticipa gli Anni 80 (è uscito nel 1983), riflettendo l'ossessione statunitense per il profitto, per il denaro, per il business. L'ossessione per il Capitalismo come religione, come pretesta e come stile di vita. Una poltrona per due è un film graffiante, maturo, serio dietro il divertimento e lo strabismo comico, indotto dalla risata di Eddie Murphy e dall'occhio nero di Dan Aykroyd. E sì, ci torniamo ancora, come ci torniamo dal 1997, anno in cui per caso o per destino, è entrato tra le tradizioni di Natale italiane. Da ventisei anni, ad esclusione del 2005, Una poltrona per due accompagna la Vigilia, venendo trasmesso - con ottimi ascolti - da Italia 1. Mentre il nonno dormicchia, il cane gioca con gli addobbi, e il nipotino piange perché Babbo Natale non arriva, ecco che irrompe, in sottofondo, l'ouverture de Le nozze di Figaro di Mozart, solenne incipit che apre ufficialmente il Natale.
Però, sotto sotto, se qualcuno ha davvero mai visto con attenzione Una poltrona per due, si accorgerà ben presto che no, non è solo un film di Natale. O meglio, il Natale, per John Landis, su sceneggiatura di Timothy Harris e Herschel Weingrod, amplifica solo le suggestioni che si legano al conflittuale e agguerrito rapporto finanziario tra i fratelli Duke (Don Ameche e Ralph Bellamy), che possiedono una società di brokeraggio, speculando sulle materie prime e, speculando, sulla natura umana: il loro dubbio, che vale un dollaro, porterà a scambiare le vite del borioso Louis Winthorpe III, agente di cambio, con Billy Ray Valentine, clochard imbroglione. I Duke, che negli anni sono diventati sinonimo di altezzosità, di cupidigia e di avarizia, sono rispettivamente convinti che gli uomini siano genericamente predisposti al successo, o che invece siano influenzati dal contesto in cui si cresce. Da qui, seguendo le regole della screwball comedy degli Anni 50, John Landis affonda i colpi in una commedia più volte rivalutata, e più volte oggetto d'attenzione quando si vuole accostare l'alta finanza con il linguaggio cinematografico.
Una poltrona per due e l'ossessione americana per il Capitalismo
Che vuol dire? Che tra l'insider trading, le speculazioni e le margin call, Una poltrona per due definisce in chiave comica la passione smodata degli Stati Uniti nei confronti del Capitalismo, del materialismo e della ricchezza a tutti i costi. Stando attenti - sì, lo sappiamo, mantenere l'attenzione la sera della Vigilia verso il televisore che gracchia è un ossimoro - si notano sottigliezze e dettagli che rendono la pellicola assai complessa, e per nulla banale nella sua semplice struttura in cui due opposti si scambiano la vita, trovandosi alla fine d'accordo verso quei nemici comuni intenti a sfidarsi nel nome dello stesso dollaro. L'ispirazione per il film, infatti, arriva da Timothy Harris. Lo sceneggiatore raccontò che, agli inizi degli Ottanta, giocava a tennis con due fratelli molto ricchi, che scommettevano in totale competitività.
Una suggestione che portò Harris a condividere l'idea con Weingrod, ritrovandosi a studiare le dinamiche finanziarie legate al mercato del grano (nel film diventa la pancetta!) nonché legate al concetto di trading floor (luogo dove si vendono e comprano azioni legate alle materie prime). Il tutto, con un riflesso storiografico, e altamente simbolico: se pensiamo all'alta finanzia, pensiamo a Wall Strett, e invece Una poltrona per due sceglie Filadelfia come location. Il motivo? Perché a Filadelfia è stata firmata la Dichiarazione d'Indipendenza (e all'inizio vediamo anche la celebre Libery Bell, simbolo del 4 Luglio), strettamente correlata al sogno americano e al concetto di felicità.
Una poltrona per due: 5 curiosità sul film di Natale
Il concetto di felicità in un film di Natale decisamente spietato
Ma qual è la felicità, secondo Una poltrona per due? È questo il punto su cui ci troviamo a riflettere, guarda caso a Natale. Quel periodo dell'anno in cui la felicità è un concetto marcatamente spigoloso, ingombrante, ambiguo. Quindi, il passaggio in tv di Una poltrona per due, che torna protagonista, rafforzando una delle poche certezze che abbiamo, diventa quasi un'ossimoro, un contrappasso. Il povero e il ricco che si scambiano la vita, prendendo reciprocamente il peggio dell'altro. Un'esasperazione comica, ci mancherebbe, quasi satirica nella visione di John Landis, come esplicato in quel finale che pochi, chissà, sono arrivati a vedere: Louis e Billy ottengono la loro vendetta verso i Duke, fregandosene però dell'intero sistema corrotto, e puntando tutto sulla ricchezza come scopo di vita.
Un materialismo che accompagnerà poi tutti gli Anni Ottanta, e che Una poltrona per due porta all'estremo, risultando moderatamente divertente ma sicuramente arguto nella lungimirante cattiveria narrativa. A proposito: proprio grazie al film, Eddie Murphy, al tempo pressoché sconosciuto se non per le comparsate nel Saturday Night Live, diventerà una delle star più pagate di Hollywood. Come si dice, quando la finzione diventa realtà? Del resto, a Natale tutto è possibile...