Recensione Nuit de chien (2008)

Nuit de chien è un'opera profondamente e coraggiosamente fuori da ogni canone tradizionale, spiazzante ed enfatica, disperata e criptica sull'(auto)distruzione del genere umano, un racconto oscuro e paranoico costruito intorno all'uomo e ai suoi conflitti.

Una notte da cani al Lido

Per la sua prima corsa al Leone d'oro (ma vincitore della Berlinale del 1980 con Palermo oder Wolfsburg, un film sulla storia di un immigrato siciliano in Germania) il tedesco Werner Schroeter sceglie l'edizione della Mostra capitanata dal suo amico e collega Wim Wenders, presidente di giuria e suo estimatore sin dai tempi del Nuovo Cinema Tedesco. Il titolo del suo nuovo film è tutto un programma, Nuit de Chien (Notte da cani), ed è una parabola buia e delirante sulla violenza, sulle guerre e sul fallimento umano, un'opera che alla luce dei giudizi dei critici e delle reazioni in sala del pubblico non fa che confermare la sua fama di autore controverso dalla grande personalità.

Tratto dall'omonimo romanzo del 1943 dello scrittore uruguaiano Juan Carlos Onetti, a sua volta ispirato a un episodio della guerra di Spagna, Nuit de chien è un'opera profondamente e coraggiosamente fuori da ogni canone tradizionale, spiazzante ed enfatica, disperata e criptica sull'(auto)distruzione del genere umano, un racconto oscuro e paranoico costruito intorno all'uomo e ai suoi conflitti, un carosello di citazionismi di genere e divagazioni grottesche sul genere poliziesco che attraverso lo stile eccessivo e l'egocentrica personalità del regista tedesco si trasforma (o almeno ci prova) in un affresco sociale di grande attualità.

Come il libro e come suggerisce il titolo anche il film si svolge tutto in una notte. Protagonista di questa allucinante avventura Luis Ossorio Vignale chirurgo rivoluzionario, ex-eroe dell'esercito tornato a Santa Maria per cercare la donna che ama. Ma al suo arrivo alla stazione ferroviaria l'uomo si troverà davanti uno scenario apocalittico di una città sotto assedio, dominata dalla violenza tra fazioni avverse e sconvolta da un conflitto imminente. Tra locali malfamati, improvvisate caserme militari e case di politici rivoltosi Ossorio andrà in cerca della sua misteriosa Clara, una donna divenuta per lui una vera e propria ossessione, una sorta di fantasma che aleggia sui suoi sogni e sulla città, un amore che non incontrerà mai più ma il cui costante ricordo lo spingerà verso la perdizione dell'anima...

Girato interamente di notte per 18 settimane nelle vie di Oporto (che si presta splendidamente al suo ruolo di città immaginaria lontana da qualsiasi contestualizzazione) e recitato in francese da un cast internazionale di attori principalmente francofoni ma anche russi e portoghesi, Nuit de Chien confonde, spiazza ed in alcuni punti persino diverte, il più delle volte involontariamente. E' da considerare un film riuscito per quel che riguarda il carattere multietnico e lo sguardo apolide dei personaggi e della location, ma l'impianto drammaturgico e lo stile così profondamente sovversivi di Schroeter lo rendono un mero esercizio stilistico, un film freddo, un lavoro apprezzabile visivamente ma ostentatamente manieristico e teatrale, anche nella recitazione degli attori. Volutamente bizzarro Nuit de Chien attinge dal poliziesco di genere, dalla pittura, dalla musica (rigorosamente classica, che spazia da Wagner a Verdi) e moltissimo dall'opera teatrale. Si compiace Schroeter, si perde nell'autocelebrazione più spinta lasciando del tutto accennato il messaggio anti-bellico cardine del romanzo e della storia originale (e a sentire lui anche del suo film) e ignorando qualsiasi approfondimento sugli effetti devastanti delle politiche estremiste e delle lotte di potere sulla società moderna.

La narrazione ingarbugliata e le vicende non ben collegate dei vari personaggi contribuiscono ulteriormente a confondere le idee dello spettatore già messo a dura prova da un insensato accavallarsi di violenza, duelli, amori, gelosie e omicidi per le strade di una città dalle atmosfere apocalittiche in un'imprecisata epoca storica, un'evoluzione narrativamente improbabile che conduce ad un finale tragico e senza speranza. Una poetica ermetica e prolissa quella di Schroeter racchiusa in un'operetta morale piuttosto inutile sui mali dell'umanità e sull'ottenebrato futuro che la attende. Il regista tedesco da sfogo al suo ego, non trasmette emozioni, ma riesce a strappare persino qualche ovazione nel mezzo della proiezione e sui titoli di coda, qualcuna è probabilmente di vera ammirazione, come nel caso di Wenders, che non riuscendo a contenere il suo entusiasmo si è dimenato in un lungo e divertito applauso. Speriamo non ci scappi anche qualche premio...

Movieplayer.it

2.0/5