Una malinconica favola sull'infanzia
Il ricordo dell'infanzia è un pensiero dolce, struggente, malinconico a volte. E' possibile trasferire delle emozioni così delicate e pure in una pellicola e riprodurle su uno schermo di celluloide? Rob Reiner ci dimostra di sì.
Il soggetto, tratto da un racconto lungo, Il corpo di Stephen King, narra di quattro ragazzini che, spinti dal desiderio di diventare famosi, vanno alla ricerca del cadavere di un loro coetaneo scomparso qualche giorno prima. Sembra molto semplice, ma in realtà nasconde qualcosa di molto più complesso. Il viaggio, infatti, costellato di tante piccole sfide, si rivelerà essere un percorso di formazione per i quattro protagonisti, che, alla fine, risulteranno molto diversi dall'inizio, più maturi, cresciuti e (quasi) pronti ad affrontare la vita.
La cura quasi maniacale che Rob Reiner ha per ogni particolare rende il film tecnicamente molto buono. L'attenta regia non lascia nulla al caso: ogni inquadratura è scelta con cura per mostrarci sempre nella maniera migliore un paesaggio, l'espressione di un volto o un treno che incombe alle calcagna. Ottima quindi, anche la scenografia e la fotografia. Forse non si può dire lo stesso della colonna sonora, in cui il regista ha voluto inserire tutte le sue canzoni preferite del 1959 (anno di ambientazione del film). Non che le canzoni siano brutte, ma non sono inserite nei momenti più opportuni. Fa eccezione la celeberrima Stand by me, un blues dolcissimo e malinconico che si adatta perfettamente all'atmosfera del film.
La giusta scelta degli attori, invece, si dimostra decisiva per il delineamento della psicologia dei personaggi. Una psicologia veramente molto complessa, ma che viene resa molto bene dai vivaci dialoghi, dalle ottime interpretazioni e da alcune scene caratterizzate da una fortissima tensione lirica. I quattro ragazzi, pur essendo molto diversi tra loro, hanno in comune una forte paura e incertezza per il futuro, una situazione familiare poco rassicurante, e una tendenza a nascondere i problemi con una finta spensieratezza, cercando nel frattempo di rifugiarsi nella reciproca amicizia.
Ma qualcosa è destinato a cambiare.
Reiner riesce a descrivere molto bene la catarsi che avviene nei quattro protagonisti attraverso i cinque punti fondamentali della storia: l'incontro con Milo e Chopper, in cui i ragazzi imparano la differenza tra leggenda e realtà, tra favola e vita vera, e dove Teddy si scontra per la prima volta consapevolmente con la realtà del padre pazzo (menzione speciale, qui, per Corey Feldman e la sua magistrale interpretazione di un ragazzino disperatamente folle); l'attraversamento del ponte ferroviario, fortissima ed emozionante metafora del passaggio dall'infanzia all'età adulta (che non tutti si sentono in grado di affrontare); la notte nel bosco, in cui i ragazzi cominciano ad affrontare i loro "fantasmi", le loro paure più nascoste e dove Reiner decide saggiamente di collocare la confessione di Chris riguardo i soldi del latte e Miss Simons e dove River Phoenix si dimostra bravissimo nel dare vita a un ragazzino triste, disincantato e deluso; il ritrovamento del cadavere, ed ecco che per la prima volta i protagonisti si scontrano con la morte; e infine lo scontro con i ragazzi più grandi, la prova del nove: Teddy e Vern scapperanno, perché non sono in grado di farcela, non sono in grado di andare avanti sulla strada della vita. Mentre Gordie, che inizialmente sembrava il più introverso e insicuro di tutti riesce a prendere la pistola e ad affrontarli, con al fianco l'amico Chris.
Le ultime scene, che vanno dal ritorno a casa fino a Chris che scompare salutando con la mano, sono di un fortissimo impatto emozionale, ed è probabilmente qui che i più sensibili si lasceranno scappare qualche lacrima.
Ma in realtà tutto è raccontato con molta delicatezza, rendendo i personaggi e la loro storia tenera e commovente.
Un ottimo lavoro, questo di Reiner: una malinconica favola sull'infanzia, sulla maturità e sull'amicizia, che segnerà nel profondo ogni spettatore.