Una genialità meno ambiziosa
I geniali fratelli Ethan Coen e Joel Coen si dedicano quest'anno a quella che si potrebbe definire la "divorce comedy", riscrivendo e reinterpretando come al loro solito un genere tipico del cinema americano contemporaneo.
Decidono di utilizzare due divi del momento (George Clooney e Catherine Zeta-Jones), per rendere ancora più evidente la loro operazione: spogliare dall'interno quel genere che specialmente in America è la punta dell'iceberg del commericale e del patinato.
E allora cosa fanno i bravi fratelli? Esagerano, gonfiano la commedia fino a farla scoppiare, uccidendo tutti gli ingredienti che un'altra produzione avrebbe sfruttato fino alla nausea.
Ed è così che già dai titoli di testa si divertono nel prendere in giro tanto cinema kitch, con dei divertentissimi disegni di cuori, cupidi che lanciano frecce d'amore e cose del genere, tanto per dissacrare quello che si appresteranno a deridere per il resto dei 100 minuti a disposizione.
La prima sequenza del film è decisamente la migliore e racchiude il meglio del cinema dei cattivi fratellini: vediamo un Geoffrey Rush (Shine) arrivare a casa, sotto le note di Simon & Garfunkel e all'improvviso soprendere la moglie con un altro che si improvvisa tecnico delle piscine (che non hanno) ed essere vittima dell'aggressione dei due, ma nonostante tutto rimanere abbastanza lucido per fotografare le prove per poi vendicarsi. Il povero finirà come un barbone per strada, in quanto la moglie si deciderà ad affidarsi al miglior avvocato divorzista del momento, l'avvocato Miles Massey (Clooney), per spodestarlo di tutti i suoi beni, specialità dell'ambizioso avvocato. La sequenza contiene tutti gli elementi del migliore cinema dei Coen, perché ha un ritmo impeccabile, dei dialoghi esilaranti e cattivi, una regia eccellente nel seguire i movimenti del povero malcapitato, insomma riesce a scardinare i clichè della tipica commedia sciatta e insipida, rendendola viva ed accattivante.
Il problema è che per i restanti 90 minuti, il tono ahimè non è lo stesso e se sicuramente troveremo tanti personaggi divertenti, caricature bellissime (primo fra tutti un Billy Bob Thornton apprezzatissimo per la sua performance in L'uomo che non c'era, nei panni di un texano da morire dal ridere), faticheremo a ritrovare lo stesso ritmo e verve dell'inizio.
Si ha l'impressione che i due autori si siano lentamente adagiati, vittime degli stessi stereotipi che volevano dissacrare, rendendo il tutto fin troppo ovvio.
E così la storia dell'avvocato divorzista più ambizioso di L.A. e della donna arrivista più affascinate non ci scandalizzerà più, tanto sappiamo che il bel Clooney nonostante il suo ingegno sarà vittima del fascino di Catherine e che da quel momento in poi sarà un susseguirsi incessante di vendette...per poi concludersi repentinamente in un happy ending risolutore.
Certo il modo di raccontare un mondo così finto ed arrivista come quello degli avvocati è molto graffiante e non lascia dubbi sulla denuncia da parte dei due autori, ma non raggiungono quello che negli altri film hanno sempre ottenuto con eccellente cinismo.
Se ci hanno abituati a film come Barton Fink, Fargo, Il grande Lebowski e Fratello dove sei?, come possiamo poi non rimanere delusi da una commedia divertente ma con qualcosa in meno?
Se non sapessimo di chi è questo film, probabilmente saremmo andati con un altro spirito a vederlo e ci saremmo divertiti molto di più, apprezzandolo per quello che è: una buona commedia intelligente, di denuncia.
Ma essendo consapevoli di assistere ad un film degli acclamati fratelli Coen, ci siamo andati aspettandoci di distruggerci dalle risate e soprattutto di scoprire un mondo nuovo, fatto di personaggi dalle turbe più assurde, di situazioni paradossali non-sense, di capovolgimenti e giochi e rimandi all'infinito, nonchè di punte raramente eguagliate di cinismo.
Tutto scorre fin troppo "naturalmente" senza sconvolgerci più di tanto (questo è il problema!) e lo spettatore non fa che chiedersi dove sia finita la fantasia sfrenata e la cattiveria dei due autori, per non parlare dei dialoghi fin troppo ingenui per essere frutto della mente perversa degli americani più antiamericani del cinema di successo del momento (ad eccezione di Robert Altman, ovviamente). Prima ti Sposo, poi ti rovino, tradotto inverosimilmente dall'interessante titolo originale Intolerable Cruelty, non ci propone un universo nuovo, fatto di personaggi ai margini della società che ci fanno riconsiderare con timore le nostre sicurezze raggiunte con tanta fatica. Un grande merito dei due autori è proprio quello di riscrivere la realtà a partire proprio dalla banalità della quotidianità, distruggendo i clichè e gli stereotipi su cui si è adagiata la società americana contemporanea (e non solo...), mostrandoci il lato perverso dei personaggi più inoffensivi e banali, fotografando un'america molto più "vera" di quella che siamo abituati a vedere grazie ai mass media.
In questo film troveremo invece delle isolate impennate di grande stile, come la presentazione del personaggio di Clooney, (che ci aspetteremo essere introdotto come il tipico "bello") dal particolare della sua dentatura perfetta che lo rende grottesco, spogliandolo di quei tipici connontati da "star" e smascherandolo per quello che in realtà è, una marionetta in balia dei suoi due padroni che hanno il coltello dalla parte del manico: l'arma della macchina da presa. Non ritroviamo tutti quegli elementi che hanno sempre caratterizzato il loro modo di fare cinema, per cui non possiamo far altro che aspettare con impazienza un nuovo capolavoro e far finta di essere ancora a L'uomo che non c'era, per il momento insuperabile nella loro filmografia.