Una fiction per non dimenticare
Zeno Saltini nasce nel 1900 a Fossoli di Carpi, in provincia di Modena, da una famiglia ricca e profondamente cattolica, proprietaria di un grande podere in cui non si facevano mai distinzioni tra proprietari e lavoranti. Nella prima adolescenza Zeno abbandona gli studi per dedicarsi al lavoro a contatto con i problemi reali dei braccianti, ma la miseria di quegli anni gli fa vivere in modo assai conflittuale la condizione di figlio di ricchi possidenti terrieri. Poi la Prima Guerra Mondiale, il servizio militare, la decisione di riprendere gli studi e la laurea in Giurisprudenza. Il parroco di Fossoli lo aiuta e gli insegna a considerare i problemi sociali nell'ottica evangelica ed è a quel punto che la sua vera vocazione esce allo scoperto. Tanta è la voglia di aiutare i bambini orfani e i ragazzi sbandati che Zeno diventa presidente diocesano della Gioventù cattolica, aiutato e sostenuto moralmente dal vescovo di Carpi Mons. Giovanni Pranzini che da sempre lo incoraggia a farsi prete. Zeno cerca di resistere, ma dopo la laurea prende la sua decisione: difendere i poveri soltanto come avvocato non gli basta più e dopo un anno di studi teologici viene ordinato sacerdote, nel gennaio 1931.
Nominato parroco di un paesino del modenese, San Giacomo Roncole, don Zeno si trasferisce nel piccolo centro che dapprima non lo vede di buon occhio ma che poi si farà conquistare dal suo carisma, dal suo senso di fratellanza e dalle sue coinvolgenti innovazioni. Gli abitanti proveranno in ogni modo ad aiutarlo a sfamare e vestire tutti i ragazzi ospitati nella sua parrocchia ma i tempi sono duri, l'Italia è in piena crisi e il sostegno dei paesani non basta più. a don Zeno si ritrova così sommerso dai debiti e vittima del sequestro giudiziario di tutti i beni. L'autorità fascista non vede affatto di buon occhio la sua attività e quando sembra ormai scontata la sua condanna da parte del Tribunale Speciale riesce a scampare il pericolo e a tornare in paese. Poi una nuova guerra mondiale e l'Italia si ritrova per metà occupata dagli alleati e per metà dai nazisti che arrivano persino a mettere una taglia sulla sua testa. Costretto a fuggire don Zeno riesce a mettersi in salvo passando le linee del fuoco, tra morte e distruzione raggiunge il Sud ormai libero per poi risalire al Nord verso S. Giacomo Roncole dove ad aspettarlo ci sono i suoi figli, quelli che ce l'hanno fatta a sopravvivere. La ricostruzione è difficile e lenta ma nonostante il rifiuto di qualche famiglia don Zeno riesce a convincere la maggior parte della gente ad organizzarsi in una comunità cristiana in cui tutti si aiutano e condividono ogni bene. Così nel vecchio campo di concentramento di Fossoli nasce nel 1948 Nomadelfia, una comunità unica al mondo in cui la fraternità è legge. Le promesse di solidarietà della Chiesa vengono in un primo momento mantenute, come quelle di finanziamento da parte del governo democristiano, e la comunità si ingigantisce ospitando centinaia di orfani e disadattati. I soldi non bastano mai, i debiti sono tanti e il campo di Fossoli è diventato troppo piccolo. Alla fine don Zeno si troverà solo contro tutti: gente avida di ricchezza, il governo e, dopo la morte del vescovo Pranzino, persino la Chiesa. Pur di portare avanti la sua missione e di salvare la comunità don Zeno fu costretto a lasciare la sua gente e a chiudere il campo di Nomadelfia. L'anno successivo decide di abbandonare la tonaca e di riunirsi alla sua gente che nel frattempo si è trasferita in una piana nei pressi di Grosseto. Solo nel 1962 riesce ad indossarla nuovamente, quando la Santa Sede annulla la riduzione allo stato laicale. Don Zeno Saltini muore nel 1981 per un infarto e qualche anno dopo la sua morte Giovanni Paolo II si reca in visita a Nomadelfia per rendere omaggio solenne e ufficiale alla missione di don Zeno Saltini.
Un racconto emozionante e necessario quello racchiuso nella fiction Don Zeno. L'uomo di Nomadelfia. Immagini, luoghi, volti, voci e suoni che ripercorrono quasi un secolo della storia d'Italia e insieme una vita straordinaria messa al servizio del bene, della carità, dell'amore verso il prossimo. Ma nonostante il suo impegno e la grandezza delle sue opere di bene, sono ancora troppo poche le persone che conoscono don Zeno. E se il cinema sembra ormai aver rinunciato a raccontare storie di questo genere è giusto che a farlo sia la televisione, potente mezzo divulgatorio e (talvolta) didattico che ogni tanto prova a ricordare anziché limitarsi ad inventare.
Il consiglio è quello di abbandonare ogni preconcetto e per una volta limitarsi a guardare e ascoltare col cuore cercando di imparare qualcosa. Perché quella raccontata non è solo la storia di un prete buono che si è dedicato agli orfanelli come tanti altri hanno fatto prima e dopo di lui, è la storia di un uomo che guardava al futuro con speranza, che vedeva la famiglia in senso più ampio, come nucleo di persone che sanno dare amore a prescindere dai legami di sangue, un uomo che credeva negli altri nonostante le tante delusioni e i tradimenti, un uomo convinto che un mondo migliore è non solo possibile ma anche a portata di mano. Basta sapersi mettere tutti allo stesso livello, sapersi sacrificare per gli altri senza pretendere niente in cambio, sapersi rispettare ed amare anche se la si pensa diversamente. Una grande utopia la sua, che si è trasformata con gli anni in una piccola ma importantissima realtà.
Ottima l'interpretazione di Giulio Scarpati e di tutto il cast, composto tra gli altri anche da Isabella Briganti (nel ruolo di Mamma Irene) e Andrea Tidona nel ruolo del vescovo Pranzini; molto efficace e curata la fotografia di Cesare Bastelli, come anche i costumi e le musiche realizzate da Paolo Vivaldi: un insieme che restituisce una perfetta ricostruzione dei diversi momenti storici raccontati e delle inconfondibili nebbiose campagne emiliane.
_"Sapete perché mi piace tanto il cinematografo? Perché al buio siamo tutti uguali. Il problema è restare uguali anche con la luce accesa". _ don Zeno Saltini
Movieplayer.it
3.0/5