Nei giorni in cui la cronaca nera italiana è tutta concentrata sul caso di Giulia Cecchettin, memori di quanto accaduto a Palermo qualche mese fa con lo stupro di gruppo e vicini alla Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, ci fa particolarmente effetto scrivere la recensione di Una famiglia quasi normale, un nuovo original Netflix svedese in sei episodi che va a rimpolpare il catalogo nordico della piattaforma dal 24 novembre. Al centro l'ennesima storia di violenza subìta da una ragazza, ma con un twist: sono i genitori a non volere che lei denunci l'accaduto e questo avrà delle conseguenze importanti su di lei e su tutto il nucleo affettivo negli anni a venire.
Una famiglia come tutte le altre, o quasi
La trama di Una famiglia quasi normale inizia con tutti i crismi del racconto di violenza: Stella, un'adolescente quindicenne, in gita al campeggio con la scuola, viene stuprata da uno degli insegnanti. Il padre, sconvolto dalla notizia, va a prenderla e vorrebbe subito denunciare la violenza ma è la madre, la figura femminile di riferimento della famiglia, a fermarlo. Lei è avvocato e, per esperienza, sa che paradossalmente è la vittima quella a pagare il prezzo più alto in casi come questo. Si crede primariamente all'accusato e si mette in discussione l'accusatrice, soprattutto se ancora giovane e quindi ritenuta meno credibile - come già aveva raccontato sulla piattaforma Unbelievable. L'opinione pubblica, ma spesso anche le autorità e i rappresentati della legge si scaraventano su di lui invece che sull'uomo di turno, segnandola per il futuro come se avesse un adesivo sulla faccia. Questo è un aspetto mai troppo evidenziato su cui concentrarsi per un argomento estremamente attuale.
È interessante che sia la figura femminile della famiglia a fare questo discorso e a guardare avanti con lungimiranza, anche perché sarà proprio questo tipo di comportamento a stupire e servire molti anni dopo. La trama della serie Netflix infatti compie un salto qualche anno dopo quel fattaccio, che si fa finta non sia mai accaduto in famiglia. Ritroviamo la protagonista diciannovenne nel giorno del suo compleanno, e il suo rapporto coi genitori è ancora altalenante: non ha finito la scuola anche per ciò che è accaduto e lavora ad una pasticceria, mentre le figlie delle amiche della madre sono tutte andate a studiare all'università, compresa la sua migliore amica Amina. Una famiglia quasi normale a questo punto mescola flashback della violenza passata e di quanto accaduto una fatidica notte con ciò che succede nel presente, per provare a mettere insieme i pezzi del puzzle, ma senza particolari guizzi di regia.
25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne: quando film e serie TV lavorano per noi
Dopo la violenza
Quando ti accade quello che è accaduto a Stella, soprattutto se sei ancora così giovane e se passa sotto silenzio, l'evento lascia inevitabilmente delle cicatrici non visibili ma ancora più laceranti e pericolose. Lascia un trauma che porta inevitabilmente delle conseguenze. Ora diciannovenne, Stella viene accusata dell'omicidio di un ragazzo con cui aveva una sorta di relazione di tira e molla. Il padre quella notte l'aveva vista rientrare tardi e farsi la doccia, la madre aveva trovato dei vestiti sporchi di sangue nella sua stanza. Tutti indizi che sembrerebbero portare ad una sua colpevolezza, ma non viene trovata l'arma del delitto e c'è solo un testimone che ha visto la ragazza vicino al luogo del delitto in quel range orario.
La serie nella seconda metà diviene presto un crime e un procedurale con tutto il processo fatto alla ragazza - legale tanto quanto mediatico - con il procuratore (donna) che quindi rappresenta la legge pronta ad accusarla, mentre il giudice (donna) prova a fare da mediatrice. Le figure femminili della serie sono complesse e contraddittorie, come nella realtà, ed emblematica è proprio quella della madre, che ha una relazione extraconiugale e questo porterà il nucleo familiare disfunzionale e sfilacciato a dover imparare a ritrovare i pezzi per provare a ricomporsi. Se Anatomia di uno scandalo, sempre su Netflix, si concentrava sul tema del consenso in quello "macro" della violenza sulle donne, questa volta ci troviamo di fronte ad uno spaccato che punta il dito sul comportamento comune e ricorrente dell'opinione pubblica e di chi è vicino ai diretti interessanti, che tende a favorire il carnefice piuttosto che la vittima. Testimonianza di una società malata ma soprattutto claudicante che dovrebbe distruggere per poter ricostruire, rieducare tutti, uomini e donne, e aiutarli a ricordarsi cos'è l'empatia verso il prossimo.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Una famiglia quasi normale confermando come si vada perfettamente ad inserire nel filone dedicato alla violenza sulle donne nel servizio streaming, proponendo un nuovo punto di vista: quello della propensione a parteggiare per l'accusato e dubitare dell’accusatrice. La famiglia del titolo è infatti emblematica in questo senso e offre uno spaccato lucido e cinico sulla società tutta, non mancando di emozionare e pur arrivando ad un epilogo abbastanza scontato.
Perché ci piace
- Il tema, tristemente attuale e il trauma che si porta dietro.
- La critica alla tendenza di simpatizzare per chi viene accusato e non per chi accusa.
- Il punto di vista femminile del nucleo familiare anomalo al centro del racconto.
Cosa non va
- Il finale abbastanza prevedibile.
- Nessun particolare guizzo registico.