Una casa a forma di prigione. Finestre che assomigliano a sbarre, compagni che sembrano carcerieri. È questa la vita di Maria. Una vita ripetitiva e chiusa come una gabbia da cui è difficile uscire. Tutta colpa di un rapporto malato e morboso con il suo compagno Vincent, assieme al quale è complice di uno spietato mercato nero di neonati. Purtroppo la trama de Una famiglia non è il frutto della cupa fantasia dei suoi sceneggiatori, ma è tratta da una serie di casi realmente accaduti in Italia, opportunamente adattati alla messa in scena cinematografica. Il film di Sebastiano Riso, in concorso alla 74esima edizione della Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia e in arrivo al cinema il prossimo 28 settembre, affonda le sue radici dentro un rapporto di coppia dove la reciproca dipendenza e l'amore malato alimentano di continuo mostruosità. Per questo la regia di Riso insiste nell'esplorare il loro covo malsano e nel vivisezionare il corpo di una Micaela Ramazzotti ancora alle prese con una maternità compromessa e drammatica.
La avevamo lasciata commossa su una spiaggia, nello splendido e toccante finale de La pazza gioia, intenta a riconciliarsi con un figlio cercato con nostalgia e disperazione. Adesso la ritroviamo ancora una volta in ricerca, forse in ricerca di quella famiglia tanto decantata nel titolo del film, forse di un po' di autostima, forse solo di un briciolo di coraggio. Una famiglia sonda la fragilità di Micaela Ramazzotti con delicatezza, e le contrappone la brutalità di un Patrick Bruel oscuro e spietato. Noi abbiamo partecipato alla conferenza stampa di Una famiglia, dove, tra indagini raccapriccianti e donne indifese, abbiamo esplorato un tema delicato, affrontato da un film immerso in una densa cupezza.
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Il male vero
L'opera prima di Sebastiano Riso, presentata a Cannes nel 2014, si intitolava Più buio di mezzanotte e raccontava un'altra storia disperata, piena di dolore e avversità. Questa volta il titolo è un inganno, perché non c'è alcun calore familiare a risparmiarci da un racconto macchiato di colpe imperdonabili. Una famiglia indaga dentro un rapporto di coppia malsano, mentre in sottofondo si svela pian piano una fitta e strutturata rete legata al traffico illecito di neonati. Un tema delicato e ispirato a storie vere, che il regista catanese ha approfondito così: "Questo film si basa su una serie di episodi realmente accaduti, ma anche da una pura necessità di racconto. Per questo la lavorazione è stata divisa in due fasi. Nella prima abbiamo svolto un lavoro di ricerca e di studio analizzando moltissimo materiale. Grazie al supporto della Procura abbiamo avuto accesso ad una serie di intercettazioni telefoniche che ci hanno aiutato a delineare le dinamiche del mercato nero di bambini. Questa prima tappa non poteva rimanere da sola, perché altrimenti i personaggi del film sarebbero risultati freddi. Così, nella seconda fase ci siamo focalizzati sulla storia di questa coppia, sul senso del loro legame e sul desiderio di libertà che li porta a separarsi. Per me è importante ribadire che Una famiglia non parla di adozioni illegali e uteri in affitto. Questi sono gli argomenti trattati ma il focus resta il rapporto tra Maria e Vincenzo, un rapporto subalterno e di reciproca dipendenza. Mi fa piacere che il film possa sollevare un dibattito, anche perché ci tenevo a ribadire quanto sia difficile essere genitori in Italia oggi. Adottare è diventato complicatissimo per persone single o omosessuali. Sulla rappresentazione della coppia gay all'interno del film, ci tengo a dire che ho voluto trattarla con la massima normalità possibile, perché cercare di edulcorare personaggi omosessuali attraverso il politicamente corretto sarebbe un grave errore".
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Mater dolorosa
È il cuore ferito e il corpo martoriato del film. Scavata, segnata, avara di sorrisi. Micaela Ramazzotti ritorna nei panni di una madre, un ruolo più che ricorrente nella sua carriera piena di genitrici. Da Tutta la vita davanti a La tenerezza, passando per La prima cosa bella e La pazza gioia, la Ramazzotti ha spesso messo in scena la difficoltà di essere madre. Su questa non-coincidenza, l'attrice ha detto: "Ovviamente tutte queste madri io le ho scelte, non sono certo casuali. Le ho volute tutte. Le ho rincorse tutte. Più sono disperate e disgraziate, e più le voglio fare. Sapete, mi sento portavoce di queste donne indifese, perché il cinema ti dà la grande opportunità di proteggere chi non ci riesce da solo. Forse sono un po' masochista, ma questa è una madre che volevo interpretare a tutti i costi. È una madre bambina, quasi una madre di se stessa. Quel suo giubbottino di lana cotta dice molto di lei, assieme a quel suo abbracciarsi da sola per proteggersi. Una delle cose che mi piace di Maria è il suo non avere un passato. Poi il rapporto con Vincenzo è di grande complessità. Lui è un amico, un amante, un marito, un padrone, un carceriere. Maria è schiava di un progetto che non ha deciso ma che ha accettato suo malgrado.
È un personaggio che cova la sua emancipazione, che vuole ribellarsi e scrollarsi di dosso tante brutture. Una famiglia è la storia di una fioritura e di una rinascita, un film che mi ha confermato di non amare le eroine". La Ramazzotti e Riso hanno lavorato insieme anche in Più buio di mezzanotte, e il loro sembra un affiatamento umano e artistico molto solido, basato s u una reciproca stima e intesa. Sul loro rapporto l'attrice ha aggiunto: "Ci siamo conosciuti con il suo primo film e non ci siamo mai persi di vista. Siamo davvero molto uniti. Lui nutre un entusiasmo nei miei confronti che quasi mi commuove. Credo sia uno dei registi più determinati e più liberi con il quale abbia mai lavorato. Prima di lui ero sempre stata un'attrice-bambina per grandi registi del cinema italiano, invece con Sebastiano mi sono sentita più donna. È un regista capace di cogliere il mio lato più primitivo e selvaggio, e di accrescere la mia autostima. Con lui mi sento intelligentissima, bellissima, bravissima. Pensate che a volte tornavo a casa convinta di essere come Meryl Streep. Per fortuna subito dopo mi dicevo di essere scema a pensare cose del genere". È una Micaela Ramazzotti sorridente e solare quella vista in conferenza stampa. Dentro Una famiglia, però, i suoi lampi di luce e i suoi larghi sorrisi non sono stati invitati.