Musicista, attore e, infine, regista; Maurizio Casagrande sembra voler sperimentare ogni aspetto artistico mettendo alla prova esperienze e attitudini sviluppati in molti anni di lavoro. Figlio dell'interprete e regista teatrale Antonio Casagrande, all'inizio degli anni ottanta mette da parte i suoi sogni di gloria come batterista per lasciarsi sedurre dal fascino del palcoscenico. Il pubblico lo ammira in Pulcinella Innamorato di Massimo Perez, ne L'opera da tre soldi di Brecht e Il malato immaginario, ma è al grande schermo e alla televisione che deve gran parte della sua notorietà. Così, se il teatro gli ha regalato ruoli classici e intensi, il cinema lo riconosce come talento comico adatto a rinforzare il panorama della nuova commedia italiana e partenopea. L'amico del cuore, Amore a prima vista, A ruota libera e Volesse il cielo sono solo alcuni dei film che lo vedono lavorare in coppia con l'amico e collega Vincenzo Salemme, mentre il piccolo schermo lo "arruola" nella fiction Carabinieri per ben tre stagioni. Oggi, dopo venticinque anni passati a far ridere il suo pubblico, Maurizio Casagrande prova a vestire i panni di regista per portare sullo schermo Una donna per la vita, distribuito da Medusa in 180 copie dal 21 settembre. Ad affiancarlo nella narrazione della vicenda allo stesso tempo normale e fantastica di Maurizio, uomo conteso tra due donne che nascondono più di quanto può sembrare a prima vista, è un cast composto di amici e colleghi tra cui Neri Marcorè, Sabrina Impacciatore e Margareth Madè.
Signor Casagrande, dopo una lunga carriera come attore diviso tra teatro e cinema, si è lasciato conquistare anche dalla regia. Com'è nata la vicenda di Una donna per la vita? Maurizio Casagrande: Devo tutto a una mia avventura personale di qualche anno fa. Dopo una lunga relazione con una ragazza un po' pazza e originale, incontrai una donna particolarmente affascinante, dai modi affabili e seducenti. All'apparenza sembrava la donna perfetta, ma dopo sei mesi mi lasciò dopo avermi tradito con un altro. Certo, raccontare la storia in questi termini sarebbe stato un po' banale, quindi ho deciso d'inserire un imprevisto, una sorpresa dell'ultimo minuto che non può essere assolutamente svelata in questo momento.
Biagio Izzo, Pino Insegno, Giobbe Covatta, e Maurizio Mattioli sono solo alcuni degli artisti che si sono messi a disposizione del film, anche solo per un cameo. Com'è riuscito a coinvolgere un cast così numeroso e partecipe intorno al progetto? Maurizio Casagrande: La mia fortuna è stata quella di incrociare, in tutti questi anni, persone di grande talento con cui ho stretto rapporti personali. Quindi, al momento di realizzare il film, mi sono reso conto di avere un parco amici incredibile, un vero e proprio patrimonio artistico. A quel punto mi è bastato fare un giro di telefonate. Indubbiamente sono stato anche molto fortunato, visto che tutte le persone che ho tentato di coinvolgere nel progetto hanno detto sì. Sabrina Impacciatore, ad esempio, mi sembrava perfetta per interpretare Marina, questa donna distratta ed eternamente fuori posto come, in fondo, è la vita stessa. Diversamente Margareth Madè era il volto giusto per rappresentare una femminilità all'apparenza algida e perfetta. Certo, poi ci sono stati degli errori come Neri Marcorè.Una volta letta la sceneggiatura, come avete costruito il vostro personaggio?
Margareth Madè: Mi sono divertita molto a scoprire come raccontare la natura misteriosa di Nadine. In modo particolare, però, mi ha reso ancora più felice l'esser diretta da un grande professionista che stimo molto.
Sabrina Impacciatore: E' evidente, soprattutto grazie al capello ingombrante, che per la mia Marina mi sono ispirata al look di Amy Winehouse. Maurizio aveva in mente un modello più simile all'Alanis Morissette, ma io volevo che questa donna riuscisse a invadere lo spazio altrui anche attraverso la sua fisicità. Non ho avuto un compito facile perché, nonostante i tratti femminili estremi, mi sono dovuta mantenere in equilibrio tra le caratteristiche di un'innamorata ossessiva ai limiti della stalker e quelle di un'eroina romantica un po' sui generis.
Neri Marcorè: Per quanto mi riguarda, tutto nasce sul set de La scomparsa di Patò, dove Maurizio ed io ci siamo conosciuti. Quindi, per costruire il rapporto di vecchia data con l'amico Paolo, medico dall'aspetto alternativo, non abbiamo fatto altro che ispirarci a noi due, riportando sullo schermo il divertimento personale e il modo in cui ci prendiamo in giro.
Tirando le somme di questa esperienza, pensa di tornare nuovamente dietro la macchina da presa? Maurizio Casagrande: Kubrick diceva che girare un film era la parte più noiosa del montaggio. Devo dire che fino ad oggi mi sono sentito anche un po' offeso da questa dichiarazione, ma dopo aver seguito il mio film fino all'ultimo giorno del mix audio, comprendo il senso delle sue parole. A ogni singolo passaggio tecnico la storia si arricchisce e si trasforma in qualche cosa di nuovo. Per questo motivo, credo di aver vissuto un'esperienza incredibile. Non so se avrò ancora la possibilità di stare dietro la macchina da presa. Sicuramente ho già delle storie pronte nel cassetto, ma devo prima capire cosa pensa il pubblico di Casagrande regista.