Una commedia insipida
Si esce dalla visione di Sapori e dissapori che ci si può quasi sentire addosso il profumo di una quaglia in salsa tartufata, o il delicato aroma di un soufflè, senza la sensazione di aver perso tempo, ma con in mente la convinzione che, magari sforzandosi un po', lo si sarebbe potuto impiegare meglio.
L'ultimo lavoro di Scott Hicks potrebbe facilmente, dalla locandina e dal trailer, essere scambiato per una commedia scacciapensieri. Nasconde invece una triste nota sentimentale che, pur condita dall'immancabile lieto fine, è la vera nota dominante di tutto il film.
La storia è sostanzialmente banale, raccontandoci della più classica delle donne in carriera, tutta casa e lavoro, che si trova all'improvviso a imbattersi in una serie di situazioni che le scombinano la normale routine quotidiana: il ritrovarsi a carico la figlioletta della sorella tragicamente scomparsa, e la vicinanza con un romantico ed esuberante collega di lavoro.
Vera novità del film è la contestualizzazione della vicenda: la bella protagonista (interpretata da Catherine Zeta-Jones) è infatti lo chef di uno dei migliori ristoranti della città. Il suo regno è la cucina - francese per l'esattezza - all'interno della quale sfoga tutto il suo estro e la sua creatività.
Ma al di fuori del suo ambiente naturale tutta la verve e la vitalità che infonde tra i fornelli vengono improvvisamente meno. Ed ecco gli snodi narrativi, abbastanza prevedibili, della piccola orfana e del collega, assunto come secondo chef, inizialmente posti come ulteriore freno, ostacolo, alle vicende dell'eroina di Hicks, ma che finiscono per penetrare nella sua vita, e nel scioglierla, illuminarla, pian piano, dall'interno.
Nulla di nuovo sul fronte occidentale, dunque, per una commedia che piega ben presto sul registro del film sentimentale e commovente, e che non presenta nessuno spunto degno di nota al quale appigliarsi per conferire all'insieme una sufficienza piena.
Una buona scelta delle musiche originali, orchestrate dal bravo Philip Glass, viene soffocata dall'assoluta banalità degli inserti musicali non originali (dal cuoco italico che canta Pavarotti al 'mambo italiano' che sottolinea la cottura di un piatto di pasta al sugo).
Anche la regia parte bene, costruendo una serie di sequenze in cucina che riescono ad appassionare nonostante il potenziale scenico non formidabile, ma finisce per appiattirsi, come scelte tecniche e una messa in scena assolutamente prevedibili.
Un'idea carina, con qualche spunto interessante, sia narrativo che artistico, che viene però soffocata da uno svolgimento assolutamente prevedibile che, alla lunga, stanca anche lo spettatore meno smaliziato.