Una certa tendenza del lavoro in Italia
Uno spaccato sociale di un certo nord-est, di un esordiente, Roberto Dordit, con Elio De Capitani, bravo attore teatrale e futuro Caimano di Nanni Moretti, e Claudio Santamaria, uno dei volti nuovi del cinema italiano più sulla cresta dell'onda in questi ultimi tempi.
Apnea si presenta, pur se con un titolo criptico, sulla carta come un film dal sicuro fascino e con un bacino di pubblico che potrebbe essere non del tutto trascurabile.
Eppure esce in Italia dopo quasi tre anni dalla sua realizzazione, sulla spinta dell'ospitalità che Moretti darà alla pellicola nel suo Sacher, e con la cassa di risonanza del patrocinio della CGIL.
Si, proprio il più grande sindacato italiano si è in qualche modo preso a cuore una pellicola in cui vengono posti all'attenzione quelli che spesso sono i problemi dello sfruttamento del lavoro degli immigrati, malcostume criminoso che trova espressione in una certa sottocultura italiana.
Il ritardo della distribuzione del film è dovuto anche alla non immediatezza della pellicola, a una certa difficoltà di lettura del testo cinematografico pur "semplificata" e veicolata da un volto noto come quello di Santamaria.
Dordit infatti sceglie di non raccontar una storia vera, di non trarre dalla cronaca lo spunto per fare un film di denuncia, un lavoretto un po' moralista e impostato, ma di raccontare una storia personale e particolare, mescolando i temi, comunque presenti, di indagine e denuncia sociale con i propri personaggi, tipicamente cinematografici. Il bel tenebroso, la ragazza d'america dal padre lestofante, la relazione tra i due, il bambino che sa più di quel che non dice. Dordit ci immerge innanzitutto in una storia che sente, che fa propria. Il tema socio-politico viene dopo.
Apnea riesce così a non essere un film schematico, sterilmente indignato, ma a toccare le corde del sentimento, dell'affezione reale ai personaggi.
Anche l'estetica del film acquisisce così un taglio del tutto particolare, che risulta algido e plumbeo, evidenziando così un certo senso di fastidio e di incertezza che lo stesso script richiama.
Santamaria è così un ex campione di scherma, che lavora presso la redazione sportiva di un giornale, indagando sulla morte insolita di un suo vecchio compagno di fioretto. Questo il pretesto narrativo usato da Dordit per addentrarsi nel mondo della piccola media industria nordica, aggirandosi tra (vere) concerie, ville di lusso e i luoghi tipici della nebbiosa campagna. E racconta di un modo di fare impresa cinico e spietato, che sfrutta manodopera a buon mercato, portandola spesso incontro a morti sul lavoro del tutto evitabili.
Non si può di certo dire che Apnea sia un capolavoro, perché mostra evidenti buchi a livello narrativo, come anche una realizzazione tecnica del tutto particolare e non sempre funzionale allo svolgersi del racconto, ma bisogna notare come sia un tentativo coraggioso di "fare denuncia" avendo a cuore in primo luogo non l'oggetto dell'invettiva, ma lavorando anzitutto sul mezzo cinematografico.