Il regista francese Tristan Séguéla affronta il tema scottante dell'accettazione del diverso e del gender combattendo i pregiudizi a colpi di risate. Giunto al quarto lungometraggio, Séguéla affronta il tabù del cambio di sesso, e della conseguente reazione della società perbenista, attraverso il filtro della commedia, come spiega la recensione di Un uomo felice. Dal punto di vista delle interpretazioni, il regista ha vita facile affidandosi a un veterano della commedia come Fabrice Luchini, col suo volto mobile e la sua irresistibile gestualità, affiancandolo all'intensa Catherine Frot.
Luchini interpreta Jean Leroy, sindaco conservatore e bigotto di una cittadina di campagna del Nord della Francia che aspira a essere rieletto per il terzo mandato. Mentre medita di confessare alla moglie Edith l'intenzione di ricandidarsi, è lei a fargli la confessione più sconvolgente: sta per diventare uomo. Dopo lo shock iniziale, Leroy decide di fare un patto con Edith, che insiste per farsi chiamare Eddy. Il sindaco proverà ad assecondare il suo bisogno di esprimere se stessa, anzi, "se stesso", attraverso la transizione che Eddy renderà pubblica solo dopo le lezioni. Ma il diavolo ci mette lo zampino quando Edith, ubriaca e vestita da uomo, bacia il marito intervenuto per soccorrerla dopo che ha forato una gomma in piena notte. Il bacio, ripreso da una telecamera di sorveglianza e diffuso in rete, diviene virale e il sindaco Leroy viene accusato di essere gay. Come si difenderà?
Ridere dei tabù: ecco come fare
Un po' commedia degli equivoci, un po' slapstick, Un uomo felice affronta temi importanti usando l'arma della leggerezza. Il film usa un linguaggio semplice attingendo ai pregiudizi del quotidiano per dipingere una situazione limite. Il sindaco Leroy incarna il classico politico di destra che si è costruito una posizione altolocata facendo leva sui preconcetti dell'uomo della strada a colpi di comizi, assaggi di prodotti locali (viene in mente nessuno?) e tentativi di mettere in cattiva luce gli avversari. Le apparenze per lui vengono prima di tutto, nel pubblico come nel privato, così l'annuncio della moglie di voler effettuare la transizione rappresenta un fulmine a ciel sereno. In fondo lo slogan alla base della sua campagna elettorale, "En avant comme avant (Avanti come prima"), dice già tutto.
A sua volta Edith appartiene alla stessa generazione ed estrazione sociale del marito. Nel suo primo incontro col gruppo di autosostegno apprende con un po' di imbarazzo il significato di termini come transgender e cisgender, mentre i videotutorial di YouTube le insegnano a usare le fasce per comprimere il seno. Lo smarrimento di questi borghesi di mezza età di fronte all'improvvisa accelerazione dei cambiamenti sociali, culturali e di pensiero un po' fa sorridere e un po' fa riflettere. Tristan Séguéla fa leva su concetti semplici per rappresentare la complessità che stiamo vivendo negli ultimi anni e, dietro momenti di apparente comicità, c'è un'attenta riflessione. E una discreta prudenza: dopo quanto accaduto a J. K. Rowling, attirarsi addosso gli anatemi del pubblico LGBTQ+ è un attimo.
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L'incredibile trasformazione di Catherine Frot
Tra quadretti familiari alla Chabrol e divertenti gag che sfruttano la duttilità e lo sguardo stralunato di Fabrice Luchini (irresistibile la scena in cui si chiude nel bagno dopo aver appreso che il suo "bacio con un uomo" è ormai di dominio pubblico, così come gli scambi con i due curatori della sua campagna elettorale), Un uomo felice conserva toni garbati, oscillando tra risate e qualche momento di commozione. A colpire è invece la progressiva trasformazione in uomo di Catherine Frot che, complice il trucco e la sua fisicità piegata al ruolo, assume tratti maschili sempre più marcati man mano che il film avanza.
Ridere di temi delicati come l'incapacità di adeguarsi a un corpo e un'identità che non sentiamo nostra senza risultare offensivi non è facile. Un uomo felice ci riesce scegliendo di non andare troppo in profondità, schivando i toni drammatici, la volgarità e le possibili polemiche a favore di una piacevolezza di fondo quasi irrealistica. La storia offre, però, anche l'occasione per irridere bonariamente la società perbenista di provincia e per farsi beffe di una certa politica e dei meccanismi del consenso. Il tutto senza rinunciare a quel garbo tutto francese che rende questo colorato inno alla tolleranza adatto a tutti. "Tous les couleurs de l'arc-en-ciel" come direbbe Eddy.
Conclusioni
Come si apprende dalla recensione di Un uomo felice, gli ottimi Fabrice Luchini e Catherine Frot guidano una commedia garbata e mai volgare che affronta il tabù del cambio di sesso e della transizione con grande delicatezza e un pizzico di irrealismo. Un inno alla tolleranza proposto sotto forma di piacevole divertissement.
Perché ci piace
- Piacevolezza e leggerezza sono i punti di forza di un film semplice, fatto per piacere a tutti.
- La storia affronta il tabù del gender dal punto di vista delle reazioni della società borghese.
- Ottime le interpretazioni dei veterani Fabrice Luchini e Catherine Frot, capacci di sorprenderci sempre.
Cosa non va
- La leggerezza, in questo caso, è anche sinonimo di prudenza, il film è fatto per non provocare.
- Il retrogusto dolceamaro di alcune gag frena la vis comica.