Everybody's talking at me/ I don't hear a word they're saying/ Only the echoes of my mind
Sono la voce di Nilsson e la melodia di un brano da allora famosissimo, Everybody's Talkin', composto nel 1966 dal cantautore Fred Neil, ad accompagnare i titoli di testa di Un uomo da marciapiede e il viaggio verso New York del baldanzoso Joe Buck, giovane texano in tenuta da cowboy. Si tratta di un incipit magistrale, di quelli destinati a segnare l'immaginario collettivo: il connubio fra le scene d'apertura del film e la canzone di Nilsson, con versi che trasudano quieta malinconia ed ingenuo ottimismo ("I'm going where the sun keeps shining/ Through the pouring rain/ Going where the weather suits my clothes"), non potrebbe essere più perfetto, e definisce da subito il mood di una pellicola il cui impatto sulla scena cinematografica sarebbe stato assolutamente dirompente.
American gigolò: il cowboy di mezzanotte
Quando nel 1968 si reca negli Stati Uniti per dirigere Un uomo da marciapiede, il quarantaduenne John Schlesinger, londinese di famiglia ebraica con una formazione da attore, è già uno dei nomi di punta del Free Cinema inglese, di cui è stato uno dei maggiori alfieri: dal fortunatissimo debutto Una maniera d'amare, Orso d'Oro al Festival di Berlino 1962, passando per due acclamati cult movie interpretati da Julie Christie, Billy il bugiardo e Darling, vincitore di tre premi Oscar e del Golden Globe come miglior film britannico, fino ad arrivare all'adattamento di Via dalla pazza folla, ancora con la Christie. Prima produzione americana di Schlesinger, finanziata dalla United Artists, Un uomo da marciapiede è la trasposizione di un romanzo pubblicato nel 1965 da James Leo Herlihy, Midnight Cowboy.
Il cowboy di mezzanotte del suggestivo titolo originale è appunto Joe Buck, interpretato da Jon Voight: un ragazzotto che abbandona senza rimpianti un modesto lavoro come lavapiatti nella brulla provincia del Texas per inseguire il suo personalissimo American Dream nella Grande Mela. Facendo affidamento su un fisico statuario (di cui dà mostra fugace sotto la doccia durante la sua prima apparizione sullo schermo) e sul viso vispo e sorridente, incorniciato dalla folta capigliatura bionda, Joe è convinto infatti che non avrà problemi a sbarcare il lunario lavorando come gigolò d'alto bordo per agiate signore newyorkesi; ma fin dalla prima cliente (una strepitosa Sylvia Miles), la sua nuova attività non andrà come da previsioni e Joe comincerà a sperimentare i lati più duri della vita di strada.
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Un uomo da marciapiede e il ciclone chiamato New Hollywood
L'ironia palese fin dalle sequenze iniziali (il bislacco 'malinteso' fra Joe e la donna), un tratto distintivo della filmografia di John Schlesinger, fa da corredo a una vicenda insolitamente cruda e drammatica per il cinema americano di quegli anni. Presentato al Festival di Berlino, Un uomo da marciapiede debutta in patria il 25 maggio 1969, raccogliendo in breve tempo un gigantesco interesse da parte del pubblico; appena due anni prima l'enorme successo di Gangster Story di Arthur Penn aveva già sancito la nascita della cosiddetta New Hollywood, e una nuova generazione di cineasti si preparava a cambiare in maniera radicale non solo il modo di raccontare le storie sul grande schermo, ma anche i criteri con cui scegliere quali storie raccontare.
In questa prospettiva, il 1969 può essere considerato l'anno della definitiva consacrazione del movimento della New Hollywood: poco dopo Un uomo da marciapiede arrivano in sala titoli quali Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah, I brevi giorni selvaggi di Frank Perry, Easy Rider di Dennis Hopper, Alice's Restaurant di Arthur Penn, Non torno a casa stasera di Francis Ford Coppola, Bob & Carol & Ted & Alice di Paul Mazursky e, dulcis in fundo, Non si uccidono così anche i cavalli? di Sydney Pollack. Ciascuno a proprio modo, film come questi sfidano le convenzioni del cinema classico e affrontano con un realismo inedito tematiche legate alla sessualità, alla violenza e soprattutto alle trasformazioni in atto nella società. Ma fra tutti, Un uomo da marciapiede è senz'altro il più coraggioso: un'opera incentrata sulla prostituzione maschile, un elemento a dir poco tabù e trattato da Schlesinger in maniera decisamente esplicita.
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La strana coppia: Jon Voight e Dustin Hoffman
È pressoché impensabile pertanto che un film del genere, distribuito negli USA con un divieto ai minori di diciassette anni, possa rivelarsi un tale trionfo, eppure Un uomo da marciapiede sarà il secondo maggior incasso del 1969 (dietro soltanto a Butch Cassidy di George Roy Hill) con oltre trenta milioni di spettatori. Al suo straordinario successo contribuisce la "strana coppia" di protagonisti: il ventinovenne Jon Voight, fino ad allora pressoché sconosciuto (Schlesinger non voleva una star per questo ruolo) e ingaggiato per rimpiazzare Michael Sarrazin, sfodera un amalgama di ambizione e naïveté nei panni di Joe, ma a rubargli spesso la scena è un semi-irriconoscibile Dustin Hoffman nel ruolo del suo comprimario, l'imbroglione di strada Enrico Salvatore Rizzo, detto Ratso, un soprannome che suona simile a "ratto" (nella versione italiana diventerà Sozzo).
Quando accetta di girare il film di Schlesinger, Dustin Hoffman è un divo di fama mondiale che tutti identificano con Benjamin Braddock, il bravo ragazzo WASP a cui aveva appena prestato il volto ne Il laureato. La parte di Rizzo è quanto di più lontano si possa immaginare da Benjamin: un personaggio infido e mellifluo, appartenente ai bassifondi di New York e che vive di piccole truffe, ma a cui Hoffman riesce ad infondere un sorprendente carisma grazie ad un ritratto complesso e toccante. La bizzarra amicizia fra lui e Joe, due outsider diversissimi già nell'aspetto e complementari l'uno all'altro, è il cuore pulsante di una storia in cui coabitano umorismo e sofferenza, toni da commedia e una sincera partecipazione nei confronti della coppia di protagonisti.
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Only the echoes of my mind
In tale commistione di generi, fusi tuttavia con una naturalezza priva di forzature, risiede gran parte dell'efficacia di questa pietra miliare della New Hollywood, la cui influenza si sarebbe dimostrata determinante per il cinema d'autore americano degli anni Settanta. Un uomo da marciapiede verrà ricompensato con sei BAFTA Award e con tre premi Oscar: miglior film, miglior regia per Schlesinger e miglior sceneggiatura per Waldo Salt, mentre sia Dustin Hoffman che Jon Voight ricevono la candidatura come miglior attore. Oggi, a cinquant'anni di distanza dalla sua uscita, Midnight Cowboy non solo rappresenta una testimonianza emblematica di una rivoluzione in atto nella cultura e nel cinema, ma conserva un'ammirevole lucidità di sguardo e una grande potenza emotiva. Basti ricordare il celebre epilogo del film, a bordo di un pullman per la Florida: un finale struggente sintetizzato dal repentino passaggio, negli occhi di Joe, dalla speranza allo smarrimento. E non c'è bisogno di ulteriore enfasi quando, per destare la commozione, basta soltanto un abbraccio di silenziosa, lancinante dolcezza.