Un serial killer da incubo
Non c'è niente di più trans-generazionale della paura. Questo devono aver pensato a Mediaset quando hanno deciso di puntare su 6 passi nel giallo, una miniserie composta in effetti da sei film indipendenti l'uno dall'altro, e affidati agli eredi di quella che ha rappresentato una delle pagine più significative della cinematografia italiana: il thriller anni Settanta. Lamberto Bava (e, in un caso, il figlio Roy) e Edoardo Margheriti, memori, se non altro sulla carta, della lezione dei rispettivi padri, sono i registi chiamati a rivitalizzare il microcosmo della televisione italiana, mettendo in scena un diversivo dalle ambizioni internazionali rispetto all'usuale offerta generalista.
Nell'episodio che dà il via alla serie, Sei passi nel giallo - Presagi, Bava ci trasporta nella quotidianità di Annalisa, giovane madre vedova depositaria di una capacità inquietante: quella di fare sogni premonitori. Allarmata da una di queste visioni notturne, la donna si rivolge alla polizia per sventare il rapimento, e forse persino l'omicidio, di una ragazzina: e, se deve fare i conti con la diffidenza di un commissario pragmatico, troverà invece un alleato in Harry Chase, ex profiler dell'FBI trasferitosi a Malta per lasciarsi alle spalle un passato con cui è difficile venire a patti. I due, fiduciosi nelle potenzialità del dono di Annalisa, non faticano a collegare i suoi presagi con un effettivo rapimento, e il prosieguo dell'indagine non farà che aggiungere particolari sempre meno rassicuranti al quadro generale. Il ricercato in questione è infatti un serial killer di ragazzine, e sembra che anche Margherita, la figlia di Annalisa, rischi di rientrare tra le potenziali vittime: di fronte a una minaccia così incombente, anche l'attrazione che sta avvicinando Harry e Annalisa è destinata a passare in secondo piano.
Nonostante le alte ambizioni, il paragone con le blasonate fonti di ispirazione cui gli episodi di 6 passi nel giallo si rifanno non restituisce un'immagine troppo lusinghiera del lavoro di Lamberto Bava. La regia, pur non commettendo vistose leggerezze, e anzi mantenendosi sempre piacevolmente asciutta, fallisce nel trasmettere quel senso di inquietudine che è la condizione necessaria per cui il meccanismo narrativo del giallo possa funzionare. La sceneggiatura non offre grossi colpi di scena e spunti di originalità, ma soprattutto risolve con troppa leggerezza quello che avrebbe potuto essere uno degli snodi fondamentali della vicenda: la gestione dell'elemento soprannaturale. Aldilà di un ovvio tentennamento iniziale, la capacità di Annalisa viene presto accettata come un dato di fatto, senza metterne in discussione i limiti o indagarne la natura. Sebbene sia evidente come l'attenzione degli sceneggiatori sia volta a mettere in risalto la componente investigativa della storia, un maggiore approfondimento di quello che costituisce, in ultima analisi, il suo effettivo motore avrebbe aggiunto spessore a trama e personaggi. Nemmeno la pur graziosa Andrea Osvart è in grado di conferire intensità a una protagonista monocorde e poco interessante, mentre Craig Bierko offre un'interpretazione decisamente più convincente e credibile del suo Harry, già tratteggiato in maniera meno piatta in fase di sceneggiatura.L'esordio della collana Mediaset non è quindi dei più incoraggianti: non è sufficiente cambiare genere, o guardare al passato glorioso del cinema italiano, per confezionare un prodotto di qualità, perlomeno finché non si porrà la dovuta attenzione allo sviluppo dei personaggi e alla solidità dell'intreccio.
Movieplayer.it
2.0/5