"Daa Juventus? In che senso?". È una delle tante frasi cult di Un sacco bello, il primo film da attore e regista di Carlo Verdone, che oggi compie 40 anni. Un sacco bello, infatti, usciva il 19 gennaio del 1980, per diventare un cult di intere generazioni. Per chi ha più o meno l'età del film, Un sacco bello è stato un pezzo d'infanzia e gioventù: negli anni Ottanta infatti passava ripetutamente in televisione, e in breve tempo è diventato uno di quei film da vedere e rivedere, imparando le battute a memoria, provando a imitare i personaggi di Verdone, le sue facce, le sue voci. Carlo Verdone, quel Carlo Verdone, è stato per molti di noi un fratello maggiore, o quell'amico più grande da cui andavi quando volevi toglierti i pensieri e ripescare il buonumore.
La trama: Roma, Ferragosto, la solitudine, le partenze
Un sacco bello è un film a episodi, che ruota intorno alle storie di tre personaggi, tutti interpretati da Carlo Verdone. Leo è un ragazzone timido e frustrato, tenuto in scacco dalla mamma castratrice (che però nel film non si vede mai): è un bambinone mai cresciuto. Sta ultimando le operazioni per raggiungere la madre al mare, a Ladispoli, proprio quando incontra Marisol, una bella ragazza spagnola che cerca l'ostello della gioventù (della juventus, ecco la famosa battuta). Leo finisce per ospitarla a casa sua e per farle visitare Roma. Anche Ruggero è un ragazzo in fuga, soprattutto dal padre (Mario Brega) e dalla sua famiglia borghese, per vivere una vita alternativa in una comune hippie. Ma, quando il padre lo incontra a fare elemosina in strada, lo porta a casa e cerca di farlo ravvedere facendolo parlare con un parente, un professore e un prete. Enzo invece è un ragazzo sicuro di sé, almeno in superficie, ma in realtà è tremendamente solo: ha in mente un viaggio a Cracovia, in Polonia, dove spera di conquistare belle ragazze con calze di nylon e penne bic. Ma il suo amico, Sergio (Renato Scarpa) si ammala di appendicite. Ed Enzo si trova a cercare disperatamente un compagno di viaggio.
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Non Stop come trampolino di lancio
Quella a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta era una stagione fortunata per i comici. Un po' come è stato dieci anni fa per gli inizi di Checco Zalone a Zelig, Carlo Verdone era stato notato nella storica trasmissione di cabaret di Enzo Trapani, Non Stop, dove proponeva i suoi personaggi in brevi sketch che hanno fatto la storia (la scarpa del marziano, la politica sempre tesa). Il cinema così incominciò a interessarsi a Verdone: Pasquale Festa Campanile lo convocò per un provino per Il corpo della ragassa (che pare sia stato disastroso) e Adriano Celentano provò a coinvolgerlo nel film Asso. Ma evidentemente il destino voleva che Carlo Verdone avesse un suo one man show al cinema. E l'occasione si presentò quando Sergio Leone gli propose di produrre un film con i suoi celebri personaggi. Al tempo non si facevano più i film con le "maschere", tempo prima c'erano stati I mostri e I nuovi mostri, ma era qualcosa di molto diverso. Un sacco bello - una delle espressioni dei suoi personaggi - sarebbe diventato il suo primo film. anche da regista: doveva essere diretto da Steno o Lina Wertmüller, ma Leone decise di affidare a Carlo anche la regia. Perché nessuno come lui conosceva quei personaggi.
Carlo Verdone e Sergio Leone
E allora Sergio Leone prese Carlo Verdone sotto la sua ala protettiva. E lo fece letteralmente: lo portò a casa sua e lo mise a scrivere la sua sceneggiatura, insieme a due nomi come Benvenuti e De Bernardi. Ma la mano di Leone si sentì anche sul set. C'era infatti una scena in cui Verdone doveva apparire affannato, sudato, agitato. Leone gli disse: "adesso tu scendi e ti fai una serie di giri dell'isolato". Verdone scese, corse, tornò, ma non era ancora abbastanza. E Leone gli fece ripetere la prova. Di recente, Verdone ha raccontato che Leone si presentò, la notte prima delle riprese, quando Carlo non riusciva a dormire, perché sapeva che la notte prima di un film non si chiude occhio. E lo portò con sé a fare una passeggiata. "Domani alle sei e mezza vengo a prenderte io cor Mercedes, non viè l'autista" lo salutò Leone.
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Verdone il malincomico
Fu chiaro da subito che Un sacco bello non sarebbe stato solo una trasposizione dei suoi personaggi sul grande scherno. C'era dietro qualcosa di più, qualcosa che si celava dietro quelle maschere. Una vena di tristezza, di malinconia, di solitudine. Verdone era riuscito a raccontare una piccola parte del nostro paese, dei giovani, nemmeno troppo giovani, che, in un modo o nell'altro, non riuscivano a entrare in età adulta, a collocarsi nel mondo, a superare le proprie timidezze e insicurezze. A vederlo ad anni di distanza, ci sembra essere stato quasi profetico nel raccontare un fenomeno che, nelle generazioni seguenti, sarebbe stato ancora più evidente. E, poi c'è quel finale, in cui si sente l'eco dello scoppio di una bomba, che contestualizza il film in quegli anni di piombo che non erano ancora finiti, e richiama quella bomba che, proprio un agosto, proprio nel 1980, sarebbe scoppiata a Bologna. Non è un caso che Verdone, come altri attori registi dell'epoca, come Benigni, Troisi e Nuti, sarebbero stati definiti i "malincomici" per quella particolare sfumatura che connotava la loro comicità.
Il seme di tutto il cinema di Verdone
In Un sacco bello c'è tutto il cinema di Verdone che sarebbe venuto. Enzo, bullo, mitomane, passato alla storia per lo storico gesto di mettersi l'ovatta nei pantaloni per aumentare il "pacco", è un antesignano dei coatti che sarebbero arrivati nel cinema di Verdone: l'Oscar Pettinari, stuntmen con aspirazioni di attore protagonista di Troppo forte, l'Armando Feroci di Gallo Cedrone. E, ovviamente, l'Ivano di Jessica e Ivano, quello de "o'famo strano" di Viaggi di nozze, e la sua evoluzione, il Moreno Vecchiarutti di Grande, grosso... e Verdone, il film che, quasi trent'anni dopo Un sacco bello, avrebbe rappresentato l'addio di Verdone alle sue maschere. Leo, ispirato a un amico di infanzia di Verdone. Si chiama Stefano Natale ed è diventato famoso suo malgrado. Ogni volta che la gente lo vede gli dice "aò, basta de parlà come Verdone". E lui è costretto a dire ogni volta. "Ma non so io, è Verdone che parla come me". Il regista romano lo ha omaggiato in Grande, grosso... e Verdone, facendogli fare un piccolo ruolo, quello di Guerrino, il fratello di Leo Nuvolone. Che è proprio l'evoluzione di Leo di Un sacco bello. Il ragazzone timido e impacciato sarà una costante nel cinema di Verdone: dopo Leo, tornerà anche nel film seguente, Bianco, rosso e Verdone, con il nome di Mimmo, e poi ancora in Cristiano, il personaggio interpretato nel film di Alberto Sordi In viaggio con papà. Che, se nelle movenze e nelle espressioni è molto "Leo", nell'indole deve anche molto a Ruggero, l'hippie di Un sacco bello, che resterà un unicum nel cinema di Verdone.
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Sei personaggi in cerca d'autore
Ma in Un sacco bello, Carlo Verdone è un vero mattatore. Oltre ai tre personaggi principali, interpreta anche tre comprimari, nella parte del film in cui Ruggero torna a casa. Sono il cugino Anselmo, un anziano professore, e Don Alfio, il prete con l'occhio mezzo chiuso (anche questo preso da un personaggio reale). Ognuno pedante a modo suo. Nel ruolo del cugino ci sono le reminiscenze di un altro personaggio interpretato in tv, e il seme di un vero e proprio gigante del cinema di Verdone, quel Furio che sarebbe arrivato poi in Bianco, rosso e Verdone. Mentre, con altri toni e registri, Carlo Verdone sarebbe diventato un prete (ma per finta) in Acqua e sapone.
Mario Brega e Renato Scarpa
Ma Un sacco bello non sarebbe stato lo stesso senza Mario Brega, storico caratterista del cinema italiano degli anni Cinquanta e Sessanta, e chiaramente un'eredità portata da Sergio Leone. Carlo Verdone era a casa di Leone ed era in cerca di un attore che interpretasse il padre di Ruggero: ne stavano parlando e in quel momento entra Mario Brega, con gli occhiali con la montatura d'oro, un catenone con il crocifisso al collo, e il vestito di lino bianco. Il suo personaggio è diventato un cult, e quel carattere se lo sarebbe portato in dote per tutto il cinema degli anni Ottanta. Con Carlo Verdone, in Bianco, rosso e Verdone, dove sarebbe stato il camionista Principe, e in Borotalco, nel ruolo del padre di Nadia, la fidanzata di Sergio, ma anche in film come Vacanze di Natale e Amarsi un po' dei Vanzina. Renato Scarpa, invece, è Sergio, il compagno di viaggio di Enzo, ed è un ruolo interpretato tutto in mezzi toni, in contrasto proprio con il lavoro di Verdone e dello stesso Brega, in vena di virtuosismi.
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Un sacco bello: frasi celebri
È proprio a Mario Brega che si devono alcune frasi cult del film. Nei suoi scleri contro lo stile di vita del figlio Ruggero è famosa la battuta "Tutti dentro sta piscina co 'sti cosi de fori!!! Ma se po' avè un fio così, senza 'na casa, senza 'na famija, co le pezze al culo, ai semafori a chiede l'elemosina!". E poi la famosissima "A me fascio? Io fascio? Io mica so comunista così, so comunista così" pronunciata agitando prima un pugno chiuso, e poi tutti e due. Da ricordare anche lo sfogo verso Don Alfio: di fronte alla parole "Sapete che ve dico, che io me alzo e me vado a lavà le mani, come fece Ponzio Pilato davanti a... davanti a...", Brega se ne sbotta "Davanti a nostro Signore... Santa Madonna, manco le basi del mestiere te ricordi, ma che c... Alfiooo!". Nel dibattito sullo stile di vita ecco anche un'altra outsider, l'attrice che interpreta la fidanzata, o amica, di Ruggero, Fiorenza (è Isabella De Bernardi, e a parte piccoli ruoli in Borotalco e Il bambino e il poliziotto, oltre che ne Il Marchese del Grillo, non l'abbiamo vista più, ed è un vero peccato): memorabili le sue "a stronzo, punto esclamativo", "guarda che a mio padre gli ho già sputato" e "la faccia del fascio ce l'ha". Leo è una fonte inesauribile di gag. Ai suoi "in che senso" fa spesso eco "Io alle cinque Ladispoli", pronunciato con le mani che fanno il gesto di tuffarsi. E anche il suo "e stateve zitti" che ammutolisce tutti gli animali urlanti dello zoo. È rimasta nella storia anche la gag sul "vino tinto", che in spagnolo è il vino rosso, ma che Leo prende alla lettera: "non è tinto". E poi c'è il famoso dialogo sulle strisce pedonali. "Meno male che nun c'è due senza tre ma qua me pare che nun c'è tre senza quattro, nun c'è quattro senza cinque, nun c'è cinque senza sei, nun c'è sei senza sette, nun c'è sette senza otto..." Un uomo alla finestra fa: "aoh... e 'm bhe?" E Leo: "Eh si fai presto te a dì aoh e 'm bhe la alla finestra calmo... ti ci vorrei vedè io a combattee c'a'a vita, che'e strisce, co' l'olio, co' i pompelmi, con mi madre..."
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Una Roma bellissima che non c'è più
Ma un'altra grande protagonista di Un sacco bello è una Roma bellissima, deserta, assolata, in cui si muovono i personaggi. Da Trastevere al Bioparco, dove si muove Leo, a via Petroselli, nel tratto del Teatro di Marcello, dove Ruggero incontra il padre, fino alla zona della Bufalotta, dove c'è il famoso "palo della morte" (oggi rimosso) che è il luogo dell'appuntamento tra Enzo e Sergio. Anche questi luoghi, come i personaggi e le battute di un sacco bello, sono memorabili.