Un numero non proprio magico
Sfrutta un soggetto di sicuro fascino, questo The Number 23, incursione nel thriller soprannaturale da parte dell'"artigiano" hollywoodiano Joel Schumacher: la mitologia legata al numero 23, con date, coincidenze ed eventi tutti collegati in un modo o nell'altro a questo "magico" numero, si va a sommare a un elemento da sempre presente nel genere fantastico quale quello della paranoia, dell'incerto confine che separa la ricerca della verità dall'ossesione. Un elemento che, in mani giuste, ha prodotto risultati ricchi di fascino, a volte memorabili: basti pensare all'allucinato "viaggio" di Sam Neill che si concluderà con l'apocalisse nel carpenteriano Il seme della follia. A ciò si può aggiungere la curiosità nel vedere Jim Carrey, ormai attore completo e a tutto tondo, cimentarsi con uno dei pochi generi che ancora mancavano nel suo curriculum, ovvero il thriller.
Partiamo proprio da Carrey, dunque: la sua prova convince, e dove non arriva non è per demeriti suoi ma casomai a causa di evidenti limiti di sceneggiatura. La sua duttilità di interprete è un dato ormai evidente e sotto gli occhi di tutti, e anche qui l'attore è abile nell'alternare registri diversi in un doppio ruolo (il protagonista e il personaggio del libro) che richiedeva particolare attenzione e capacità mimetiche non indifferenti. E' proprio la difettosa gestione dei due diversi piani narrativi, tuttavia, uno dei limiti più evidenti del film: troppo contenuta nel tempo e di scarso impatto emotivo la parte relativa al libro, oltretutto viziata da una fotografia che fa un uso eccessivo, e a volte gratuito, del digitale. La sceneggiatura cerca di integrare l'ossessione che lentamente si impossessa della mente del protagonista con una struttura da "giallo", ma i risultati deludono: il film sembra procedere per sussulti, incerto sulla strada da prendere e incapace di organizzare gli eventi e le svolte della trama in una struttura coerente.
Schumacher tenta di evidenziare le differenze tra il mondo fantastico narrato nel libro e quello reale del protagonista con tagli registici diversi (plumbea e opprimente, da noir metropolitano, l'atmosfera della parte relativa al libro, man mano sempre più onirica e ossesiva quella della parte contemporanea), ma ciò non fa che aumentare la disomogeneità del tutto. Il parallelismo tra i due universi sa di maniera, e la forte sensazione di disunione non fa che rendere ancora più pesante la già evidente macchinosità della narrazione. Tra svolte narrative spesso difettose di logica e soluzioni di regia (l'insistenza sul cane che dà l'avvio alla storia) alla lunga stucchevoli, il film si avvia sulla strada di una soluzione in fondo prevedibile (gratuito "controfinale" compreso). Così, a parte la consueta e confermata abilità di Carrey (ma non è questo un dato che dovrebbe più stupire), di The Number 23 alla fine resta poco: giusto qualche oziosa domanda sulla cattiva fama, meritata o meno, di un numero, subito spazzata via da un film che non lascia molte tracce di sé nella memoria: non crediamo fossero questi i proponimenti di chi l'ha realizzato.
Movieplayer.it
3.0/5