Conoscendo i lavori precedenti di Riccardo Milani, avremmo puntato su un film di successo. Ma anche in un film capace di toccare, in modo semplice ed efficace, le corde giuste, quelle in grado di farci riflettere e commuovere. La storia di Michele Cortese (Antonio Albanese), protagonista di Un mondo a parte, insegnante che dopo anni a Roma riesce a farsi assegnare ad una scuola nel cuore del Parco Nazionale d'Abruzzo, parla di molte cose. Dei piccoli paesi che si svuotano. Del dilemma di chi vive in quei posti, quello tra partire e restare.
Ma, tra le altre cose, Un mondo a parte è un film che, finalmente, torna a parlare del lavoro dell'insegnante, uno dei lavori più preziosi e più difficili. Per caso, Un mondo a parte è arrivato nelle sale a breve distanza da un altro film che parlava di insegnanti, il bellissimo film tedesco La sala professori di Ilker Catak. Allora sì, il cinema torna a parlare degli insegnanti e della scuola. Da ricordare, tra l'altro, il notevole Il cerchio, di Sophie Chiarello, girato tutto in una scuola, ma dove la macchina da presa era ad altezza bambino, e l'attenzione era tutta sui piccoli alunni.
Un insegnante non è mai solo un insegnante
Che cosa ci dicono allora questi due film? Un mondo a parte ci dice, prima di tutto, che un insegnante non è mai solo un insegnante. È sempre qualcosa di più. Certo, nel film di Riccardo Milani, in un paesino piccolo come l'immaginario Rupe, è tutto più evidente. Michele capisce che non ci sono solo i colloqui, e che un insegnante è disponibile 24 ore su 24. Come una sorta di pronto soccorso, ma per l'anima. O come una parte di una grande famiglia. Del resto, un insegnate va oltre il solito compito di istruire e spiegare.
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L'insegnante è un baluardo
"A 1400 euro al mese siamo noi la nuova classe operaia" dice, all'inizio del film, Agnese (Virginia Raffaele), la vicepreside che è venuta ad accogliere Michele. Una frase che ci rivela quanto il lavoro dell'insegnante oggi sia sempre più difficile. Chi sono oggi queste figure così importanti? "Sono persone spesso pagate poco, ma che tentano, in gran parte dei casi, perché c'è qualcuno più motivato qualcuno meno motivato, di resistere" ci ha raccontato Riccardo Milani. "Ma chi ha ancora la motivazione di fare questo mestiere è una specie di baluardo. Mi aggrapperei a insegnanti come Michele e Agnese in questo momento. Ho un grande senso di stima e di ammirazione per gli insegnanti".
La scuola è l'ultima trincea
"Se chiude la scuola, chiude il paese" è un'altra frase di Un mondo a parte che rimane impressa. In questa frase, è racchiuso il senso della scuola, per un ruolo che va al di là dell'insegnamento. La scuola è un presidio, culturale e umano, punto di riferimento di una comunità, connettore sociale. Come lo era quella parrocchia così attiva nella solidarietà di Come un gatto in Tangenziale - Ritorno a Coccia di Morto. "La scuola è l'ultima trincea dove è possibile una resistenza culturale umana, che riordini le cose, che faccia riacquisire valore a un caposaldo della nostra società, di qualunque società" ha spiegato Milani. "L'educazione dei figli è fondamentale. Poi c'è tutto il resto, la comunicazione, la televisione, il web. Ma a maggior ragione la scuola deve essere ed è, in gran parte dei casi, una specie di trincea".
La scuola, microcosmo rappresentativo di un Paese, e dell'Europa
Invece, La sala professori di Ilker Çatak parla di scuola e di insegnanti con altri presupposti. In parte è agli antipodi (e non solo per genere di cinema e tono del racconto) rispetto a Un mondo a parte. In parte, anche se in modo meno esplicito, il pensiero di Çatak è vicino a quello di Milani. La sala professori è la storia di Carla Nowak (Leonie Benesch), una giovane insegnante al suo primo incarico che si trova ad affrontare una serie di piccoli furti all'interno della scuola e decide di andare di indagare personalmente. Milani con il suo film racconta la scuola come microcosmo che rappresenta un altro effettivo microcosmo, quello del paesino di provincia in cui si trova, e dei tanti paesini di provincia di cui è fatta l'Italia. Çatak sembra invece mostrarci una scuola come un universo rappresentativo di un macrocosmo che è il suo Paese, e l'intera Europa. Un piccolo mondo dove si riproducono, in scala, i pregiudizi e le tensioni di un'intera società, di un intero Continente. Quando sentiamo parlare di "tolleranza zero", quando vediamo accusare per primo uno studente di origini straniere capiamo che non è solo di quella scuola che stiamo parlando, ma di un mondo più grande.
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Gli insegnanti, sovraccarichi di lavoro e sottopagati.
Se le premesse sono diverse, sono vicine alcune delle conclusioni dei due film, le idee dei due registi. Nel film di Milani tutto è più esplicito, nel film di Çatak il pensiero del regista appare più come un sottotesto. Ma entrambi i film ci vogliono dire la stessa cosa: essere un insegnante oggi è sempre più difficile. In un'intervista al Corriere, a una domanda se la figura dell'insegnante in Germania fosse in crisi come in Italia, Ilker Çatak ha risposto molto chiaramente. "Anche da noi è un mestiere sottovalutato" ha detto. "Il concetto relativo all'autorità è stato messo in discussione, e non solo dagli studenti anche dai genitori. Un tema che hanno sottolineato gli insegnati incontrati per realizzare il film. Sono spesso carichi e sottopagati. Nessuno vuole più diventare insegnate". E a leggere queste parole ci torna in mente proprio quella battuta. "A 1400 euro al mese siamo noi la nuova classe operaia". In fondo, Milani e Çatak ci stanno lanciando un appello. La scuola è una trincea, gli insegnanti sono baluardi. Proviamo a difenderli e a valorizzarli.