Un'inutilità non 'mascherata'
Dieci anni dopo aver sconvolto la vita di Jim Carrey, in un film che certo non brillava per originalità, ma si reggeva almeno sull'istrionismo e la dirompente fisicità del protagonista, e su effetti di make-up per l'epoca rivoluzionari, la Maschera torna in un film dal taglio decisamente più infantile, in un prevedibile tripudio di costosi effetti speciali che tuttavia non riescono (e nemmeno provano, a ben vedere), a mascherare la sostanziale, a tratti imbarazzante pochezza artistica di questo prodotto.
Il film inizia con un prologo che ci mostra il malvagio dio Loki, "proprietario" originario della maschera, fare irruzione in un museo alla ricerca del prezioso oggetto, solo per scoprire, dopo aver messo a soqquadro l'intera struttura, di aver recuperato un "falso". Nella sequenza successiva, facciamo la conoscenza dei protagonisti "buoni" della vicenda: l'aspirante disegnatore di fumetti Tim Avery, sua moglie Howard e il loro cane, che ha il "merito" di trovare nel fiume l'ambìto oggetto magico. Indossata la maschera, Tim subirà la prevedibile trasformazione che lo porterà a una sfrenata notte d'amore con sua moglie e al concepimento di un figlio che rivelerà avere in sé i poteri magici della Maschera. Nel frattempo, la ricerca di Loki prosegue, e la divinità non tarderà a individuare il luogo in cui è situato il suo oggetto magico, pronto a tutto pur di riaverlo con sé.
Il regista Lawrence Guterman prova a usare per il suo film l'estetica da cartoon che già fu propria del prececessore, ma il risultato è negativo, in alcuni frangenti imbarazzante. La pochezza stilistica della regia è evidente, e non basta certo "accelerare" il tutto e affidarsi interamente al digitale per rendere almeno in parte interessante un film che gioca le sue carte (perdenti) già nei primi venti minuti. La prima trasformazione di Jamie Kennedy fa capire quanto siamo lontani da Carrey e dalla sua anarchica carica di humour: a un volto totalmente inadatto al ruolo si somma una mancanza totale di carica "fisica" che rende imbarazzante, se non involontariamente deprimente, la sequenza del ballo nel night club. Noiosi, da commedia di serie Z, tutti i siparietti che vedono protagonista il piccolo con i poteri sovrannaturali e il cane digitale, con un umorismo che probabilmente non sarà in grado di soddisfare neanche gli spettatori più giovani.
Il finale, che non fa che riversare sul già annoiato spettatore un fiume di melassa, pone finalmente termine a un film di rara inutilità, sia dal punto di vista produttivo (non si capisce come si possa sperare di bissare il successo di un film che fu sì, a suo modo, "cult", ma in un periodo in cui l'industria cinematografica non era certo la stessa con cui ci confrontiamo adesso), sia dal punto di vista dello sconcertato (nella migliore delle ipotesi) spettatore, che ha comunque dedicato un'ora e mezza (circa) della sua vita a un film che non avrebbe, diciamolo senza mezzi termini, nessuna ragione di esistere. Se invece, per ipotesi, l'intenzione fosse quella di far sfogare il critico di turno, bisogna dire che il "beneficio" portato da questo film può variare da caso a caso. Ma è inutile avventurarsi nella meta-critica, ora: semplicemente non ne vale la pena. Questo The Mask 2 è un film inutile, e altro da aggiungere, semplicemente, non c'è.
Movieplayer.it
1.0/5