Un giorno e mezzo, la recensione: su Netflix un teso thriller on the road

La recensione di Un giorno e mezzo, film dove un uomo sequestra l'ex moglie e si trova in fuga su un auto guidata da un poliziotto, nel disperato tentativo di fuggire dal Paese.

Un giorno e mezzo, la recensione: su Netflix un teso thriller on the road

Artan si reca nello studio medico dove lavora l'ex moglie Louise, una dottoressa, con uno scopo ben preciso, ovvero discutere con lei della custodia della figlia, che non vede da diverso tempo. Immigrato di origini albanesi, Artan si trova in Svezia da diverso tempo ma dopo la rottura con la donna non ha avuto una vita semplice, tra pregiudizi e quant'altro che gli hanno impedito di condurre una vita normale. L'uomo ha con sé una pistola e non tarderà ad usarla...

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Un giorno e mezzo: una scena tratta dal film

Come vi raccontiamo nella recensione di Un giorno e mezzo, Artan prende in ostaggio la compagna ed altri tra medici e pazienti, per far valere le sue ragioni, ma la situazione gli sfugge lentamente di mano, tanto che la polizia poco dopo asserraglia l'edificio con l'obiettivo di riportarlo a miti consigli e mettere in salvo le persone sequestrate. In attesa dell'intervento delle forze speciali, che si trovano a tre ore di distanza da lì, a occuparsi delle operazioni è l'esperto poliziotto Lukas, anch'egli di origini mediorientali, che finirà per ritrovarsi a bordo di una macchina chiesta da Artan per fuggire: all'interno dell'abitacolo tiene sempre sotto la minaccia dell'arma da fuoco Louise, e il viaggio on the road verso una meta incerta sarà più complicato del previsto...

Un posto tranquillo...

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Un giorno e mezzo: una scena del film

Interessante lo spunto di ambientare la quasi totalità della visione all'interno della vettura, con le dinamiche tra il trio di personaggi principali che prendono via via note più melodrammatiche e sfumate, quasi come una sorta di kammerspiel on the road pronto ad aprire spunti di riflessione sul mondo contemporaneo. Un tema caldo come quello dell'immigrazione è al centro della narrazione, sfruttando anche le similitudini tra l'agente e il sequestratore, accolti in maniera ben diversa dal sistema scandinavo. Ad ogni modo la sceneggiatura non cerca scappatoie e giustificazioni e anzi si riserva un finale necessario per quanto parzialmente forzato, con quel sorriso stampato in faccia e rivolto in camera che si tinge di note dolci-amare e che cerca a suo modo di donare ulteriore personalità alle figure coinvolte, vittime dei propri sbagli certamente ma anche di una società che non li ha mai accettati veramente.

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Demoni e dei

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Un giorno e mezzo: Alexej Manvelov as Lukas e Alma Pöysti in una scena del film

Ecco perciò la caratterizzazione fortemente negativa dei suoceri, razzisti old-school che sembrano essere usciti da un covo di redneck dell'Alabama, a insinuare come l'atto criminale ora in atto sia figlio di logiche e torti passati, e anche i contorni psicologici assai instabili dell'ex moglie aprono ulteriori interrogativi, ponendoli direttamente in faccia allo spettatore. Ma il gioco narrativo così sbilanciato può avvincere inizialmente, salvo poi perdersi in un'eccessiva reiterazione del suddetto imprinting, divenendo schiavo del suo stesso approccio. Un giorno e mezzo rischia così di diventare improbabilmente sbilanciato, con tanto di quesiti sui comportamenti dei protagonisti: l'agente comincia a condividere realmente il drammatico vissuto del criminale o fa soltanto finta per evitare il peggio? La risposta è incredibilmente più rapida del previsto e questo toglie un po' di pepe a una storia che avrebbe meritato una gestione dei colpi di scena più incisiva.

Dimmi la verità

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Un giorno e mezzo: un'immagine del film

Sia chiaro, nel corso della visione il livello di tensione tocca livelli più che discreti, con soprattutto la fase iniziale con il progressivo disvelamento delle varie carte a disposizione che acuisce l'interesse di chi guarda con un certo appeal, ma con il procedere dei minuti Un giorno e mezzo pare sfilacciarsi, anche perché le tempistiche del titolo appaiono troppo lunghe per quanto vi era effettivamente da mostrare. La costante presenza di un convoglio di auto della polizia che segue quella dove viaggiano i tre personaggi principali nega poi sussulti di suspense che avrebbero trovato maggior linfa "in solitaria" e l'epilogo / resa dei conti appare come così più prevedibile del previsto. Ottimo invece il cast, con soprattutto Fares Fares - attore svedese di origini libanesi già visto nella saga poliziesca tratta dai romanzi della cosiddetta Sezione Q - a infondere forza e grinta al poliziotto, elemento chiave in questo tram tram coniugale sempre più in rotta di collisione. Non è un caso che Un giorno e mezzo segni anche il suo esordio dietro la macchina da presa e da co-sceneggiatore si è costruito addosso un personaggio tosto al punto giusto, peccato che il resto del film non ne possieda il medesimo carisma.

Conclusioni

Padre di una bambina in lotta per la custodia, un immigrato di origini arabe sequestra l'ex moglie per far valere le sue ragioni, iniziando un disperato tentativo di fuga a bordo di un auto guidata da un poliziotto della divisione locale. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Un giorno e mezzo, ci troviamo davanti a un thriller teso e dalle buone potenzialità narrative, purtroppo non sempre sfruttate appieno da una sceneggiatura che pone attenzione al contemporaneo rischiando però di scadere nel baratro dell'eccesso in diverse occasioni, nella contrapposizione a tratti netta tra vedute di pensiero. Un'ora e mezzo comunque sorretta dal gioco a tre delle interpretazioni, al centro di un crescendo di suspense interessante ma non sempre equilibrato.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • Buon livello di tensione.
  • Personaggi accattivanti...

Cosa non va

  • ... anche se a tratti troppo forzati o accentuati nei relativi background.
  • Lo schema base non regge pienamente per tutta l'ora e mezzo di visione.