Il 19 luglio Giffoni Experience ha celebrato il Martin Freeman Day. La star di Sherlock e Lo Hobbit, amatissima dal pubblico giovane, è approdata al festival più young di tutti concedendosi a pubblico e stampa in una serie di incontri. Noi lo abbiamo seguito nell'arco di una lunga giornata costellata di ritardi e, a quanto pare, di un aereo perso che ha fatto slittare l'arrivo dell'attore in Campania nel cuore della notte. Alla fine, però, Martin Freeman ce l'ha fatta ed è apparso al festival accompagnato dalla compagna Amanda Abbington, Mary Morstan per i fan di Sherlock, e dai due figli. La famiglia si è tenuta in disparte, lasciando a Martin l'onore dei riflettori. Dopo un primo meet and greet che lo ha visto rigido e un po' in imbarazzo di fronte al calore dei fan, l'attore si è sciolto ed è entrato in sintonia con il mood campano divertendosi a colorare le sue dichiarazioni con qualche parola italiana. Freeman è stato, inoltre, protagonista di un piccolo giallo diffondendo sadicamente uno scoop rivelatosi poi falso.
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Parlando dello speciale natalizio di Sherlock, la cui prima clip è stata diffusa nel corso del San Diego Comic-Con, Martin Freeman ha spiegato che buona parte dell'episodio speciale è ambientato Venezia, in Italia. La dichiarazione ha fatto sollevare più di un sopracciglio. Da mesi sappiamo, infatti, che l'episodio è ambientato nella Londra vittoriana. Un paio d'ore dopo Martin ha ammesso di aver mentito per "conquistare il rispetto dei ragazzi italiani". In realtà le numerose domande sullo speciale natalizio non hanno sortito l'effetto sperato, visto che Freeman non si è lasciato sfuggire alcuna anticipazione. "Ho la tentazione di dirvi qualcosa sulla trama, ma non voglio rovinarvi la sorpresa" ha spiegato "perciò tacerò il motivo per cui i personaggi sono nel passato. Le differenze tra il presente e il 1895 sono enormi. La fisicità era diversa, le persone erano più formali. Non volevamo fare un semplice salto indietro nel tempo, ma volevamo usare il passato per creare un effetto comico. Abbiamo dovuto tenere a mente che le persone vogliono vedere John, Sherlock e gli altri personaggi in versione contemporanea perciò abbiamo creato un contrasto tra modernità e tradizione".
Da Tolkien a Marvel
Se i fan di Sherlock contano i giorni che li separano dalla messa in onda dell'episodio speciale, che farà da apripista alla quarta stagione, anche l'ingresso di Martin Freeman nel Marvel Cinematic Universe è fonte di eccitazione. Come spiega l'attore inglese: "Il mio è un piccolo ruolo. Ho già girato qualche giorno e mi mancano un altro paio di giornate per finire. Il mio personaggio lavora per il governo americano e mi piace molto il fatto che è ambiguo, non si sa se sia buono o cattivo. Dovrebbe ricomparire anche in altre pellicole Marvel, sempre che prima non mi licenzino". Freeman non nasconde di subire la fascinazione del male. Quando gli viene chiesto quale altro personaggio di Sherlock avrebbe voluto interpretare risponde diplomaticamente: "Il casting è talmente perfetto che non cambierei niente, ma senza dubbio Moriarty è il personaggio più affascinante" mentre tra i supereroi "Ho sempre amato Batman, anche se non potrò mai interpretarlo perché non ho il physique du rôle. Mi piace perché è coraggioso e lotta per il bene, ma è pronto a fare delle cose cattive per arrivare allo scopo finale".
Tutto nacque in un ufficio
A lanciare la carriera di Martin Freeman in patria è stato il ruolo del timido e sfortunato Tim in The Office, serie comica che ha avuto un impatto notevole sul genere dando vita a un fortunato e longevo remake americano. Il boom internazionale è arrivato, però, con Sherlock "di cui ho amato moltissimo la sceneggiatura. John Watson è un personaggio complicato, ma non ho avuto paura di misurarmi con il mito originale perché mi fidavo di Mark Gatiss e Steven Moffat. Senza nulla togliere ad Arthur Conan Doyle". E poi, in Sherlock, è nato il sodalizio con il collega Benedict Cumberbatch. "Sono felice di lavorare con Benedict. Ci conosciamo molto bene, ormai sono cinque anni che lavoriamo insieme. Ci comprendiamo a vicenda, siamo fortunati ad avere alcuni dei migliori script a disposizione ed entrambi adoriamo fare questo lavoro". Sul personaggio di Sherlock aggiunge: "Mi piacerebbe incontrare qualcuno come lui nella vita reale. Sarebbe esilarante, fantastico, ma di sicuro non vorrei vivere con un tipo del genere". Dopo il boom di Sherlock è arrivata l'avventura americana di Fargo, serie pluripremiata. "Il principale ostacolo per il personaggio di Lester Nygaard è stato riprodurre l'accento del Minnesota. Ho dovuto basarmi sul mio orecchio, ma anche studiare a lungo. Dopo un paio di settimane ho sentito di conoscere a fondo questo personaggio. C'è qualcosa di me in tutti i personaggi che ho interpretato, ma con Lester Nygaard mi trovo a mio agio anche se non ho ancora ucciso mia moglie a martellate".
Il mestiere dell'attore
L'entusiasmo dei piccoli giurati di Giffoni fa breccia nell'aplomb british di Martin Freeman che diventa un fiume in piena, parlando di sé, sul suo passato e delle difficoltà incontrate mentre tentava di intraprendere la carriera artistica. "Da bambino ero il più piccolo di cinque fratelli, i miei erano divorziati, ero gracile, malaticcio. Non penso a me come a un bambino di Dickens, ma non ero certo un maschio alfa, anche se oggi mi sento molto fortunato. L'importante nella vita è saper riconoscere le occasioni. Quando non sei tra le persone più popolari devi impegnarti a lottare per riuscire a ottenere qualcosa di diverso". La recitazione è stato il primo sogno nel cassetto? Non proprio. "Da ragazzo sognavo di suonare in una band e poi di fare il calciatore. In entrambi i casi sarebbe stata una tragedia. Quando ho avuto sedici anni ho cominciato a concentrarmi sulla carriera di attore ed è andata meglio. Certo non è semplice quando tutti a scuola ti trattano da idiota perché pensano che non ce la farai". Eppure Freeman ce l'ha fatta e dopo essere diventato una star del piccolo schermo è stato scelto come protagonista del popolare franchise Lo Hobbit, ha lavorato con Peter Greenaway, ha fatto teatro. Quando gli chiediamo se c'è ancora qualche sogno lavorativo da realizzare ci risponde: "No. Il mio unico sogno è continuare a recitare. La cosa più importante per un attore è amare il lavoro che si fa, al di là dell'ammirazione del pubblico. Ho fatto cose molto popolari, ma un attore non considera un franchise come tale. Ogni film è un progetto singolo. Camminerei su un tappetto di vetri rotti pur di trovare storie nuove, diverse e originali".
Nella Terra di Mezzo
E' il momento di ricordare l'avventura neozelandese di Lo Hobbit. "Quando si è aperto il casting di Lo Hobbit ho appreso che cercavano un attore inglese per il ruolo di Bilbo e, come quasi tutti gli attori inglesi, ho partecipato. Anche Benedict Cumberbatch è andato a fare il provino per altri ruoli, ma nessuno di noi due sapeva che l'altro sarebbe stato preso. Non ci siamo consultati prima. Le riprese sono durate in tutto due anni e mezzo. Noi attori siamo diventati buoni amici, tra l'altro eravamo quasi tutti uomini, e la Nuova Zelanda è diventata quasi la mia seconda casa. Ho ricordi bellissimi del set". A Giffoni Freeman coglie anche l'occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Di fronte alle critiche rivolte a Peter Jackson, colpevole di aver forzato la drammaturgia di Lo Hobbit grattando il fondo del barile per arrivare a realizzare tre pellicole, ribatte: "Peter Jackson ha bisogno di soldi come io ho bisogno di un buco in testa. L'idea di fare tre film non è legata a una questione economica, ma artistica. Peter sentiva di voler raccontare questa storia dando più spazi ai personaggi perché li ama". Quando gli viene chiesto quale è il suo momento preferito dei film ammette: "Il momento in cui Bilbo incontra Gollum. E' stato bellissimo realizzare quella scena perché non c'erano troppi effetti speciali, è un dialogo tra due attori di otto, nove minuti. Una gioia per chi fa il mio mestiere e secondo me è uno dei momenti più riusciti del film". La parabola di Gollum insegna che il potere e il successo a volte danno alla testa, ma questo non è il caso di Martin Freeman. "Essere famoso ha tanti lati positivi e tanti negativi. E' difficile restare se stessi, tenere i piedi per terra. Ma se ci penso il mondo è pieno di bastardi egoisti. Non ha bisogno di averne uno in più".
Felicità è...
Nel futuro di Martin Freeman c'è la Marvel, ma anche una commedia ambientata in Afghanistan e Pakistan, The Taliban Shuffle con Tina Fey. "E' un film che racconta la vite dei giornalisti embedded, che seguono gli eserciti nelle zone di guerra. Affronteremo un tema molto serio, ma con tono comico". Freeman smentisce invece i rumor che lo vorrebbero nel cast de Big Friendly Giant, nuova pellicola di Steven Spielberg ispirata a Roald Dahl. "Anche io credo che dovrei lavorare con Spielberg. E' uno dei più grandi registi al mondo ed è sempre stato uno dei miei riferimenti, ma non accadrà con Big Friendly Giant. E' solo un rumor, anche se mi sarebbe piaciuto perché Dahl, nel mio paese, è un vero e proprio monumento". Spielberg resta un possibile obiettivo lavorativo da raggiungere, ma quando gli viene chiesto cos'è per lui la felicità, da buon hobbit Martin risponde: "Buon cibo, una bella casa, un buon libro da leggere, bei vestiti e scarpe, che amo molto". Bilbo non avrebbe saputo fare di meglio.