Usa toni forti, ma mai ridondanti, preferisce la schiettezza alla diplomazia ma non si sente un giustiziere. L'avvocato Rocco Tasca usa la legge come scudo per quanti sono incapaci di far sentire la propria voce... e non solo in tribunale. Il tempo non lo ha cambiato e in Un caso di coscienza 5 il protagonista della fiction di Rai Uno (di ritorno domenica 8 settembre in prima serata) fa capolino sul piccolo schermo con le sfide di sempre.
Fa parte di quelle certezze incrollabili nella schiera di personaggi seriali capaci di infondere sicurezza e protezione. Non a caso la prima delle sei puntate, prodotte da Red Film e Rai Fiction, sintetizza alla perfezione ideali e aspettative di un personaggio, a cui presta il volto Sebastiano Somma, sempre in prima linea. Al bando buonismi e giri di parole: Tasca arriva dritto al punto, soprattutto in situazioni disperate. "Sono i momenti in cui diamo il meglio", dice con sguardo sornione. E ha ragione: anche se alla fine i casi si risolvono quasi da soli o per intercessioni inaspettate, lui non molla mai e sa da che parte schierarsi.
Le sue imprese, incorniciate da un sottofondo musicale solenne, diventano quasi epiche. D'altronde non è proprio la guerra di logoramento contro burocrazia e pregiudizi a rallentare gran parte del sistema giudiziario italiano?
Alice (Loredana Cannata) rimprovera Tasca per l'approccio "di testa", che in aula o tra le mura domestiche si sostituisce a "istinto e cuore". La piccola Eva (Karen Ciaurro), sua figlia, infatti, continua a soffrire per la scomparsa della madre e a cercare nell'ex fidanzata del padre una figura di riferimento. La regia di Luigi Perelli lascia un ampio respiro alla scena, dilatando i tempi e permettendo allo spettatore di godersi le location della serie, per la prima volta totalmente italiane. Lo stile visivo, poco patinato, è alla continua ricerca del realismo, proprio come le sceneggiature, che attingono a piene mani dagli avvenimenti di cronaca.
I soprusi del cittadino "qualunque" trovano in Tasca il difensore ideale: il passato tormentato gli consente un'empatia tale da essere disposto a spingersi ben oltre il proprio dovere pur di salvaguardare i più deboli. Grazie ad un gruppo affiatato di collaboratori e ad una serie di amici fidati, sfida i pregiudizi e le convenzioni e si erge a paladino della giustizia. "Nel nostro lavoro - spiega - anche la più piccola delle stranezze può trasformarsi in un indizio".
Il magistrato Giulia Longo non apprezza i facili entusiasmi e alle speculazioni preferisce rispondere con le prove. Tanta prudenza le è stata insegnata durante gli anni di lotta alla mafia prima del trasferimento a Trieste. I suoi metodi non ammettono obiezioni né eccezioni: tanto rigore ne ha messo in seria crisi il matrimonio impedendole di vedere i tradimenti del marito e le menzogne di cui si è circondata, suo malgrado. Dall'usura alla speculazione edilizia, dalla corruzione all'omicidio: la rosa di reati su cui spazia la fiction è piuttosto ampia, ma le drammatiche vicende giudiziarie conservano sempre una dimensione umana, oltre a qualche venatura da commedia.
I battibecchi quasi domestici tra Rocco e Alice, le trovate di Virgilio (Stefan Dainalov) e l'impertinenza di Eva aggiungono colore alle situazioni spesso angoscianti vissute in tribunale.
Il ritorno di Tasca, insomma, segna una continuità rassicurante per il pubblico della rete ammiraglia di casa Rai, senza scossoni improvvisi né cambiamenti arditi. Possono cambiare gli scenari e aumentare i personaggi, ma lo stile resta lo stesso.