E siamo arrivati a 409. No, non stiamo dando i numeri ma semplicemente indicando il numero record di serie iniziate nel 2015 che, con un incremento del 9% rispetto all'anno precedente, conferma una tendenza a cui avevamo già accennato lo scorso anno nella crescita esponenziale di show prodotti negli Stati Uniti. Un fenomeno che costringe anche noi addetti ai lavori, che di queste produzioni viviamo e respiriamo, ad operare delle scelte mettendo da parte quella voglia ed esigenza di completezza che ci aveva sempre accompagnati. Perché guardare 409 serie (senza contare le produzioni di grande qualità che vengono dagli altri paesi del mondo, tra i quali il nostro) è impossibile. Anche per gli spettatori.
Ed è proprio questo ultimo aspetto a diventare la forza motrice della nuova televisione: la necessità di essere nuovi, originali, stimolanti, per poter emergere e farsi notare in un mare di serie TV in cui perdersi ed andare alla deriva è un pericolo concreto e da tenere in grossa considerazione. È il lato positivo di questa tendenza, che ci porta ad avere produzioni di grande qualità, innovative e coraggiose, che nasconde un'altra faccia della medaglia altrettanto pericolosa: il rischio altrettanto vivo e minaccioso di lasciarsi sfuggire qualcosa che merita attenzione, di non guardare mai la propria potenziale serie preferita... ma non temete, la nuova moda del binge watching che è arrivata quest'anno con prepotenza anche qui da noi, vi permetterà di recuperarla in un paio di giornate senza sonno.
Leggi anche: Le 25 nuove serie più attese della stagione 2015/2016
Questa premessa serve anche a spiegare perché abbiamo deciso di scrivere questo nostro usuale riepilogo di fine anno in modo più schematico, evidenziando quei fenomeni (e quei singoli show, in molti casi) che nel corso dell'anno si sono messi in evidenza e che sul 2015 hanno lasciato in qualche modo il segno (a volte anche in negativo). Una riflessione importante da fare prima di lasciarvi alla nostra lista è relativa alla televisione più tradizionale, che si concretizza in ambito serie TV nei network americani: il declino, soprattutto in termini di qualità e stimoli, è sempre più evidente e noterete che anche nel nostro riepilogo la loro presenza è ridotta all'osso e poco incisiva. Il nostro auspicio per il 2016 è che qualcosa si muova, che di qui ad un anno si possa fare un'altra lista di cose da ricordare che veda una loro presenza meno esile. Ma francamente non siamo molti possibilisti al riguardo...
Streaming a tutta forza
Se fino a qualche anno fa abbiamo vissuto un panorama televisivo diviso tra network e cable, in tempi recenti siamo stati travolti da un ciclone che risponde al nome di streaming. Parliamo ovviamente dei servizi streaming legali, di quelli che sono diventati reti televisive a tutti gli effetti, capaci di produrre quanto e più, e meglio, dei canali tradizionali. Su tutti conosciamo Netflix, che negli ultimi anni ha conquistato pubblico e critica con House of Cards e Orange is the New Black e nel 2015 ha continuato la sua crescita continua aggiungendo altre perle al suo catalogo, tra cui le apprezzate serie prodotte con Marvel Studios, Daredevil e Jessica Jones, la cupa Bloodline, Sense8 dei Wachowski, l'interessante Narcos e le divertenti Unbreakable Kimmy Schmidt e Grace and Frankie. Un panorama in cui gli altri non stanno certo a guardare, perché Amazon continua a sfornare pacchetti di pilot da far votare ai suoi utenti, e quest'anno ha aggiunto due ottimi show come The Man in the High Castle, tratto da Philip K. Dick e condotto dall'ex X-Files Frank Spotnitz, e l'intrigante Mozart in the Jungle, mentre Hulu si è dedicato alla commedia con una serie originale come Casual firmata da Jason Reitman (in attesa di dire la sua su King con la miniserie 11/22/63 all'inizio del 2016).
Leggi anche:
- Bloodline: segreti di famiglia nel nuovo dramma targato Netflix
- Grace and Frankie: tra coming out e bevande allucinogene, la vita ricomincia a 70 anni
- Unbreakable Kimmy Schmidt: La nuova serie ideata da Tina Fey
- Sense8: La televisione secondo i Wachowski
- The Man in the High Castle: nazisti a Times Square
- Casual, parlano i protagonisti: "Vi faremo provare emozioni che non pensate di avere"
Netflix in Italia
Corollario di quanto appena detto è l'arrivo nel nostro paese di Netflix, avvenuto il 22 Ottobre scorso ed accolto dagli appassionati di cinema e TV con grande entusiasmo. È ovviamente presto per dire se questa passione durerà nel tempo o se si tratterà di una fiammata destinata a spegnersi, ma la cosa certa è che il futuro a livello mondiale è questo e gli operatori del settore lo sanno; basta vedere come tutti si stanno muovendo in quella direzione, da Sky con il suo SkyGo a Mediaset con Infinity e TIM con TIM Vision, anticipando forse una richiesta che nel nostro pubblico non esiste ancora, per cause culturali che lo vedono ancora, in parte, legato alle televisioni tradizionali e generaliste, e per cause puramente tecniche, con troppe aree della nostra arretrata Italia incapaci di offrire connessioni internet adeguate a questa esigenza. Il prossimo anno saprà dirci se e quanto lo streaming si imporrà anche qui da noi e se altri servizi internazionali approderanno nel nostro paese (Amazon su tutti). Intanto godiamoci il nostro binge watching.
Leggi anche:
- Netflix Italia: tutti i film e le serie TV del catalogo
- 20 serie perfette per il binge watching
- 5 cose che hanno cambiato il nostro modo di vedere (e vivere) le serie TV
L'altra faccia della Marvel
Abbiamo spesso lodato il lavoro fatto da Marvel Studios in ambito cinematografico, con un Marvel Cinematic Universe sempre più complesso e coerente, ma abbiamo ugualmente sottolineato come l'unico tassello di questo puzzle sul piano televisivo fosse più debole delle controparti da grande schermo. Agents of S.H.I.E.L.D. si è infatti rivelata dall'inizio piacevole ma poco coraggiosa ed incisiva, con picchi in occasione dei collegamenti netti ed evidenti con i film del MCU in uscita. Questo fino al 2014, perché nel 2015 la Marvel ha aggiunto un altro pezzo al suddetto puzzle con la miniserie Agent Carter (sempre per ABC, il network di casa Disney) ma soprattutto ha trovato in Netflix il partner ideale per sviluppare in modo originale un mondo televisivo allo stesso tempo autonomo e parallelo alle avventure degli Avengers. Daredevil e Jessica Jones sono il lato dark della Marvel ed una ulteriore conferma dell'ottimo lavoro svolto di anno in anno dal canale streaming più noto al pubblico (e ai giurati dei premi TV). Due produzioni di alto livello, che brillano per costruzione ed atmosfera e che hanno un merito non da poco: quello di ospitare i villain più interessanti visti fin qui nel mondo Marvel cinematografico e televisivo, ovvero il Kingpin di Vincent D'Onofrio ed il Kilgrave di David Tennant.
Leggi anche:
- Daredevil: 10 motivi per cui la serie Netflix batte il film con Ben Affleck
- Daredevil: il lato oscuro del Marvel Cinematic Universe
- Jessica Jones: Il noir femminista targato Marvel
- Jessica Jones: 5 cose che potreste non aver notato
DC alla conquista della TV
Mondi opposti e in conflitto da sempre quelli di Marvel e DC. Lo conferma anche l'intrattenimento cinetelevisivo che li vede portare avanti strade complementari: la Casa delle idee conquista il grande schermo e procede a strappi sul piccolo, la DC stenta a costruire un mondo filmico adeguato al suo blasone, affidandosi ora al prossimo Batman v Superman: Dawn of Justice ed i progetti successivi, ma riesce a mettere in piedi in casa CW un angolo del proprio multiverso che ha preso vita con Arrow, si è integrato con The Flash ed ora si prepara ad essere completato con Legends of Tomorrow. Allo stesso modo sulla CBS, sotto la guida sicura ancora di Greg Berlanti, debutta Supergirl raccogliendo un discreto riscontro da parte del pubblico. Il tutto mentre l'esperimento Gotham, che racconta le origini del commissario Gordon e di quelli che saranno i nemici dell'uomo pipistrello, prosegue il suo cammino su Fox.
Leggi anche:
- Arrow, stagione 4: finalmente Freccia Verde
- Arrow & The Flash: Un crossover da leggenda
- The Flash: Il meglio e il peggio della stagione 1
- The Flash, stagione 2: Squadra che vince non si cambia
- Gotham: La seconda stagione punta sui cattivi
- Supergirl: La cugina dell'Uomo d'acciaio conquista il piccolo schermo
Un anno senza respiro per Ryan Murphy
Uno che nel corso dell'ultimo anno non è stato con le mani in mano è certamente Ryan Murphy, impegnato su più fronti di natura diversa tra loro ma accomunati dalla carica irriverente dell'autore. Prima di tutto per Glee, terminato a primavera dopo sei stagioni e soprattutto dopo aver perso il brio e la spontaneità degli esordi; successivamente per la novità del 2015 Scream Queens, serie ricca di volti noti come Emma Roberts, Jamie Lee Curtis, Abigail Breslin e Lea Michele, di impostazione slasher ma dal taglio grottesco e ricco di eccessi, che ha conquistato tanti ed ha animato l'inizio della stagione autunnale; infine per la nuova annualità dell'antologica American Horror Story, questa volta intitolata Hotel, che ha debuttato negli ultimi giorni dell'anno anche da noi ed ha confermato la linea presa dalla serie negli ultimi anni. Senza contare American Crime Story che sta per debuttare e che avrà rappresentato un ulteriore impegno che non possiamo ancora apprezzare.
Leggi anche:
- Glee: i dieci migliori momenti musicali della serie
- Scream Queens: Ryan Murphy tra parodia e slasher
- American Horror Story: Hotel apre i battenti tra orge, Lady Gaga e "vampiri"
Gli attesi ritorni degli Enfant Prodige: Fargo vs True Detective
Due serie che avevano sorpreso e colpito nel 2014 hanno fatto il loro ritorno nel corso del 2015, due serie antologiche come la già citata American Horror Story, per arricchire un filone che si sta ritagliando sempre più spazio negli ultimi tempi. Si tratta delle stagioni 2 di Fargo e True Detective, ma se l'attesa per entrambe è stata ugualmente alta tra gli appassionati, non lo è stata altrettanto la soddisfazione. La Fargo di FX ha infatti continuato a colpire lo spettatore, spostando l'attenzione in una fase precedente della storia ed arruolando nel cast Kirsten Dunst, Patrick Wilson e Ted Danson, True Detective ha in generale deluso e rappresenta un fallimento di Nic Pizzolatto in quanto showrunner. Lo è perché l'autore ha scelto di cambiare tutto, in totale discontinuità rispetto al passato, mantenendosi unico punto di riferimento e quindi addossandosi interamente la responsabilità di una nuova stagione che ha degli ottimi momenti ma anche molti altri poco riusciti, soprattutto in termini di scrittura.
Leggi anche:
Dal cinema alla TV (da 12 Monkeys, Ash vs The Evil Dead e Scream a Limitless e Minority Report)
Il mondo dell'intrattenimento è fatto di filoni, tendenze che sembrano dettare legge per una stagione o un periodo. Quest'anno è toccato alla trasposizione in forma seriale di produzioni nate ed amate in passato sul grande schermo, con risultati non sempre all'altezza dell'originale. Per lo più si tratta di film di genere, dalla fantascienza di 12 Monkeys e Minority Report allo slasher citazionista di Scream e l'horror (auto)ironico di Ash vs. Evil Dead, passando per una serie come Limitless che riprende il film con Bradley Cooper diventato un piccolo cult tra gli appassionati. Tra tutte queste, quella che ha fatto più scalpore sin dalle prime immagini diffuse è senza dubbio il ritorno dell'Ash de La casa, ancora sotto la guida di Sam Raimi per combattere il male a colpi di sega elettrica. Cult ancora prima di andare in onda.
Leggi anche:
- Ash vs. Evil Dead: Bruce Campbell e Sam Raimi riaprono la Casa della paura
- Scream: Il brivido passa in televisione
- Limitless: la TV dopata di serialità
- Minority Report: la fantascienza di Dick arriva in TV
1992 non è Gomorra
Un angolino per l'Italia va ritagliato in quella che è una panoramica del 2015 televisivo e non potrebbe non partire da Sky, che ha cercato di bissare il successo di Gomorra - La Serie con 1992, la serie da un'idea di Stefano Accorsi che ha avuto visibilità fin dall'inizio debuttando al Festival di Berlino. Pur interessante per più di un aspetto, la serie è stata bersaglio di molte critiche e qualche sfottò, soprattutto per l'interpretazione di Tea Falco. Critiche e sfottò non proporzionali alla qualità dell'opera, che comunque non arriva ai vertici raggiunti da Gomorra l'anno precedente. Si mantiene invece interessante In Treatment, che ha debuttato con una tardiva seconda stagione, mentre la TV generalista ha offerto un paio di produzioni di tutto rispetto che hanno catalizzato l'attenzione: Lea, l'interessante biopic di Marco Tullio Giordana che ha aperto il Roma Fiction Fest, e la crime series Non uccidere, tentativo Rai di realizzare qualcosa di nuovo non aiutato dall'essere relegato alla scarsa visibilità di Rai 3.
Leggi anche:
- 1992: l'anno di Mani pulite raccontato da Stefano Accorsi
- In Treatment: tutti in cura da Sergio Castellitto nella seconda stagione della psico-serie di Sky
- Lea: un'avvincente storia di ribellione alla 'ndrangheta tutta al femminile
(Fear) The Walking Dead
Il 2015 è stato anche un anno importante per The Walking Dead, non solo per il record che ha accompagnato il finale della stagione 5 (non seguito però da quello per la premiere della stagione 6) e per il continuo interesse raccolto intorno allo show ora condotto da Scott M. Gimple, ma anche per la nascita del suo primo spin-off ufficiale, Fear the Walking Dead. È un chiaro segnale di quanto la AMC creda al progetto anche sulla lunga distanza e quanto intenda costruire sulle solide fondamenta già costruite nel corso di questi anni. A dispetto delle critiche sempre ricevute ma non sempre meritate, e di una gestione dei tempi narrativi che fa storcere il naso a molti. È accaduto anche nell'ultima stagione andata in onda, la prima metà della sesta, che dopo un inizio folgorante si è adagiata sul cliffhanger relativo a Glen, suscitando l'insofferenza di gran parte degli spettatori, ed un finale che prepara ma non conclude. Il tutto aspettando il Negan di Jeffrey Dean Morgan.
Leggi anche:
- The Walking Dead 6 ci lascia sul più bello, con l'ennesimo cliffhanger
- The Walking Dead: la serie dei record che non accontenta nessuno
Better Call Saul
Non c'è più Breaking Bad e schiere di spettatori si sentono orfani. Forse anche la AMC. Ma non pensate che Better Call Saul sia nata (solo) per occupare quella casella lasciata libera nel palinsesto della rete, perché la serie che è un po' prequel, un sequel e un po' spin-off dell'epopea di Walter White ha toni diversi dall'originale e con un mix tra dramma e commedia si concentra sul Saul Goodman di Bob Odenkirk, pur dando spazio ad altri volti più o meno noti del pluripremiato show di Vince Gilligan. Quel che è certo è che i dieci episodi della prima stagione non rimarranno una parentesi isolata, perché la serie è stata rinnovata per una seconda annualità (in onda dal 15 febbraio 2016) mesi prima del suo debutto televisivo. Se non è fiducia questa...
Leggi anche:
- Better Call Saul: la nuova serie AMC tra prequel, sequel e spin-off di Breaking Bad
- Serie Tv, la mania degli spin-off: i successi e i naufragi
Mad Men
Abbiamo appena citato Breaking Bad, ma c'è uno show che allo stesso modo ha segnato la storia della moderna televisione, e della AMC, tra consensi unanimi di critica e attenzione da parte di chi assegna i premi per le migliori serie e performance televisive. Si tratta di Mad Men, che nel corso del 2015 ha vissuto il suo intenso ed enigmatico finale, con i sette episodi conclusivi di una settima stagione suddivisa su due anni per strappare un ultimo scampolo di vita televisiva. Una divisione in due tronconi che non ha rovinato il risultato complessivo, perché la serie ha portato a compimento il suo percorso e quello del suo protagonista, una delle figure più importanti della moderna televisione. Un addio, quello di Don Draper e gli altri personaggi dello show, che ha lasciato la rete nella necessità di trovare un sostituto all'altezza... e che forse sta ancora cercando.
Leggi anche:
- Mad Men, il lungo addio: l'ultimo sorriso di Don Draper
- Mad Men: L'idea improbabile che trasformò la televisione americana
Gli invisibili di qualità: The Knick, Halt and Catch Fire e The Affair
Il mondo (dell'intrattenimento) è crudele e spesso la qualità non basta. Ne sono dimostrazione due serie in particolare che nel 2015 hanno proseguito il loro cammino fatto di qualità di scrittura e intensità interpretativa, ma che pochi conoscono. Pochi in patria, pochissimi qui da noi! Eppure Halt and Catch Fire è già confermato per una terza stagione che avevamo auspicato a dispetto di un ulteriore calo di ascolti e continua la sua attenta analisi di un passato informatico che ha dato vita al nostro presente attraverso personaggi profondi e sfaccettati, mentre The Affair con la seconda stagione si apre a nuove prospettive e conferma l'importanza della figura della Helen interpretata da Maura Tierney. Infine The Knick continua a colpire con decisione gli spettatori con il suo racconto dettagliato, e profondo, di una medicina del passato. Le serie AMC, Showtime e Cinemax sono solo tre esempi di una televisione che cerca di lavorare sulla scrittura, sui personaggi e le storie, sui dettagli e l'intensità, che purtroppo non sempre fa risuonare le corde del grande pubblico.
Leggi anche:
- Halt and Catch Fire: 5 motivi per cui la AMC dovrebbe rinnovarla per una terza stagione
- Halt and Catch Fire: la nuova direzione della stagione 2
- The Good Wife e The Affair, ovvero Margulies e Tierney, eroine inaffondabili per le migliori serie in TV
- The Knick: il ritorno del Dottor Thackery tra fialette di droga e allucinazioni
Mr. Robot
Non rientra di poco nella categoria appena discussa Mr. Robot, non perché non abbia le qualità quassù discusse, ma perché è riuscita ad ottenere in questo 2015 un'attenzione maggiore rispetto ad altre serie piccole. E lo è a dispetto di un approccio che mette il concetto di hacker vero e proprio, con la sua cultura e il suo modo di essere, al centro del racconto superando gli stereotipi e le meccaniche superficiali con cui sono abitualmente dipinti al cinema e in televisione. Scritta dall'autore di origine egiziana Sam Esmail, la serie di USA Network si avvale delle ottime interpretazioni dell'enigmatico Rami Malek nei panni di Elliot e del redivivo Christian Slater che incarna il Mr. Robot del titolo, tra sviluppi sorprendenti e twist che lasciano il segno nello spettatore. Sicuramente uno dei picchi dell'annata seriale 2015.
Leggi anche: Mr. Robot: la serie TV che rende giustizia agli hacker
Il trono di spade
Anche per Il trono di spade il 2015 è stato un anno importante, più di quanto si possa immaginare a livello superficiale e senza conoscere i retroscena di uno show che sta appassionando da cinque anni. Perché la quinta struggente e drammatica stagione conclusasi prima dell'estate è l'ultima basata almeno in parte sui romanzi già pubblicati da George R.R. Martin, visto che dalla sesta e prossima il relativo romanzo non è ancora stato nemmeno dato alle stampe. Ed è una stagione intensa che ospita nei suoi episodi una manciata di sequenze fortissime, che lasciano profonde ferite nello spettatore e potentissime immagini impresse negli occhi e nel cuore, tra le quali la Walk of Shame di Cersei. Il tempo che ci separa dai prossimi episodi appare ora lunghissimo anche a chi ama i romanzi, che si troverà ad assaporare porzioni di storia ancora ignote. Un salto nel buio che non può che intrigare tutti.
Leggi anche:
- Il trono di spade, finale stagione 5: i colpi di scena de La danza dei draghi e La misericordia della Madre
- Il trono di spade: 10 teorie per la sesta stagione, Jon Snow e altri misteri
L'altra HBO: The Leftovers
HBO non è solo la sfrenata messa in scena senza limiti e taboo che contraddistingue Il trono di spade ed altre sue serie storiche, ha anche appuntamenti del palinsesto più intimi e sofferti ben rappresentati da una serie che nel 2015 ha confezionato la sua seconda stagione: The Leftovers di Damon Lindelof. E ci sentiamo di assegnare all'autore di Lost la paternità di questa seconda tornata di episodi perché, a differenza della prima, non è più basata sul romanzo omonimo di Tom Perrotta ed ha preso una sua strada autonoma e distinta. Un cambio di location, nuovi personaggi e nuovi spunti per una serie che mantiene il suo approccio angosciante e sofferto, che mette in scena il vuoto e la sofferenza con scelte coraggiose che lasciano il segno.
Leggi anche: The Leftovers: La stagione 2, la speranza e il cambiamento
Wayward Pines
Nella nostra panoramica dei momenti seriali da ricordare di questo 2015 abbiamo parlato per lo più di serie riuscite o interessanti. Nel citarvi Wayward Pines, però, è l'evento in sé ad essere degno di nota piuttosto che la sua realizzazione: si tratta infatti della prima opera televisiva firmata dal regista M. Night Shyamalan ed è soprattutto per questo che ha catalizzato l'attenzione, pur essendo intrigante, seppur non riuscito, mix di suggestioni alla I segreti di Twin Peaks o The Village, con una spruzzatina di Lost. Quello che non convince è l'equilibrio dei tempi narrativi nell'adattamento dei romanzi scritti da Blake Crouch, una certa fretta nel bruciare le tappe delle rivelazioni in contrapposizioni a porzioni di storia inutilmente dilatate. Insomma l'esordio di Shyamalan sul piccolo schermo non fa dimenticare i passi falsi fatti di recente, prima di The Visit, al cinema. Ma restiamo pronti ad essere sorpresi dalla seconda stagione già annunciata.
Leggi anche: Wayward Pines: citazioni e suggestioni per la prima serie diretta da Shyamalan
Doctor Who e Clara
In assenza di Sherlock, che tornerà con lo speciale natalizio il primo gennaio, quando sarà già 2016 e quindi fuori tempo massimo per poterne parlare in questa sede, nel 2015 della TV britannica ci siamo concentrati su Doctor Who che è arrivato alla nona stagione del suo nuovo corso, la seconda con protagonista il dodicesimo Dottore di Peter Capaldi. Ed è stata una stagione riuscita ed emozionante, che con la scelta di mettere in piedi molti episodi doppi ha saputo creare storie di più ampio respiro e meno frammentarie, che ha visto la costruzione di comprimari interessanti a cominciare dalla Ashildr impersonata da Maisie Williams fino alla Clara che ha portato a compimento il proprio percorso nello show. Su tutto però svettano i due episodi conclusivi (Heaven Sent e Hell Bent) che rappresentano la summa dello stile e delle suggestioni dell'attuale showrunner Steven Moffat e mettono Capaldi in grado di fornire una interpretazione indimenticabile.
Leggi anche:
Galavant e American Crime: i network che ci provano
Abbiamo parlato in apertura della crisi vissuta dai network, la TV tradizionale e generalista. Una crisi di contenuti, per il momento, che poco per volta porterà inevitabilmente a una crisi di pubblico, man mano che gli spettatori si abitueranno alle nuove tendenze e opportunità offerte dal mercato. Si è ancora in tempo per cambiare? Forse sì, ma il problema è che viene fatto molto poco e limitatamente a pochi show di nicchia, dati in pasto ad un pubblico non pronto e senza una apparente costruzione o speranza per il futuro (la prematura cancellazione di Hannibal ne è un triste segnale). È il caso di Galavant, follia parte commedia parte musical mandata in onda in meno di un mese lo scorso gennaio da ABC, ma sorprendentemente rinnovata per una imminente seconda stagione da dieci episodi; è il caso anche di American Crime, interessante serie antologica che analizza con intelligenza le conseguenze di un omicidio, anch'essa rinnovata per il prossimo anno. Due esperimenti riusciti che lasciano aperto uno spiraglio di speranza per il futuro, quella speranza di vedere più serie, o miniserie, fuori dagli schemi anche sulle reti che pullulano di procedurali ed altri show legati ad una televisione che sa di passato.
Leggi anche: American Crime: tra analisi sociale e dramma familiare si conclude l'intensa serie antologica ABC
Heroes Reborn: I network che non ci riescono
Contraltare purissimo ed evidentissimo di quanto detto poco sopra è Heroes Reborn, remake/reboot/sequel di quell'Heroes che nove anni fa aveva stupito con un inizio coinvolgente e originale, per poi perdersi poco a poco in storyline inutilmente complesse, un mare di personaggi a cui poter dare poco spazio ed una gestione dei superpoteri degli eroi poco efficace. A cinque anni dalla sua fine, NBC ha deciso di riprendere la serie e riaprirla secondo un'altra delle attuali tendenze. Ma senza aver imparato la lezione del passato, perché il suo creatore Tim Kring commette errori simili e getta da subito lo spettatore in un intreccio complesso che dà troppo per scontato escludendo i nuovi spettatori e scoraggiando anche i vecchi. Se è ad operazioni di questo tipo che il futuro dei network americani dovrà essere affidato, Netflix, Amazon e gli altri streaming, HBO, AMC e le altre cable hanno già vinto la battaglia.
Leggi anche: