Un amore in erba
Sul solco della migliore tradizione della commedia sentimentale britannica (i produttori sono quelli di Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill e Il diario di Bridget Jones), il versatile Richard Loncraine, che nel '95 diresse Sir Ian McKellen in un indimenticabile Riccardo III, confeziona una pellicola di ambiente tennistico vivace e riuscita, che combina sapientemente un classico plot romantico con il desiderio di rivalsa degli inglesi, che da tempo immemore non vedono i colori d'Albione trionfare nell'antichissimo e prestigioso torneo di Wimbledon.
L'eroe del caso è Peter Colt (Paul Bettany), che ha lasciato i momenti di gloria dietro di sé (è stato numero 11 della classifica ATP, ma ora è scivolato oltre il baratro della centesima posizione), ha la schiena malandata e non nutre speranze di risollevarsi a causa dei troppi compleanni festeggiati. Si prepara ad affrontare il primo turno a Wimbledon con spirito non esattamente combattivo e con in tasca un contratto di direttore sportivo in un elegante country club.
Ma un altro genere di incontro cambierà le carte in tavola. A causa di un disguido, Peter finisce nella suite della giovane e grintosa "pallettara" americana Lizzie Bradbury (Kirsten Dunst), e tra i due scocca subito la scintilla; Lizzie gli darà una miracolosa iniezione di fiducia che, associata a qualche colpo di fortuna, lo porterà dritto in finale. Ma se per lui l'amore è una rinascita anche agonistica, per Lizzie diventa una distrazione pericolosa: di qui il conflitto che instilla nella vicenda quella goccia di dramma che non può mancare in una commedia che si rispetti. Ma non temete, il lieto fine è dietro l'angolo.
Niente di sconvolgente, di edificante o di particolarmente originale, dunque, ma intrattenimento di classe. La forza del film è naturalmente il suo protagonista, il biondissimo e invidiatissimo marito di Jennifer Connelly: ma Wimbledon dimostra che la divina Jennifer merita altrettanta invidia da parte del gentil sesso. Paul è bello, affascinante, ironico, talentuoso, eclettico e sexy, e regala (quasi) tutte queste qualità anche al personaggio di Peter Colt, facendone un outsider per cui è impossibile non fare il tifo. La giovane Dunst fa la sua parte, anche se il personaggio della gagliarda Lizzie è solo abbozzato rispetto a quello del protagonista; tra i due la chimica non è esattamente esplosiva, ma la coppia, in qualche modo, intenerisce.
La sua parte, naturalmente, la fa anche il tennis, sport normalmente poco sfruttato nel cinema, forse per i suoi ritmi placidi e per la compostezza media del suo pubblico, oltre alla sua scarsa dinamicità rispetto agli sport di squadra che hanno come scenario grandi stadi, palazzetti colorati e folle festose. Qui Loncraine mette al servizio dei suoi match un'ottima tecnica registica, una colonna sonora "gasante" e uno sguardo appassionato: il risultato è che le partite sono le fasi più coinvolgenti del film. E complimenti ai preparatori atletici del cast: il realismo è notevole e, a fronte di qualche libertà sul conteggio dei parziali e sulle tradizioni della disciplina, si sente davvero l'atmosfera del Central Court.
Movieplayer.it
3.0/5