Sono molto ambiziosi il regista e il protagonista di Ulysses - A Dark Odyssey. E allo stesso tempo, Federico Alotto è anche un entusiasta, proveniente dalla musica, trombettista professionista, al suo esordio nel lungometraggio e pronto a lanciarsi senza alcuna protezione nel mondo del cinema. È così che arrivano all'incontro con la stampa dopo l'anteprima del loro film. Con lo sguardo di Alotto che non cela nessuna emozione e nemmeno qualche ingenuità. Il film è "loro", di entrambi, perché raccontano della genesi, di come lo hanno pensato insieme, del "patto", dopo tre mesi di convivenza da coinquilini, di realizzarlo insieme o niente. "Avevamo avuto la possibilità di girare il film negli Stati Uniti, ma non saremmo stati noi il regista o l'attore protagonista. Noi avevamo già vissuto insieme tre mesi, avevamo fatto un patto", racconta Andrea Zirio, fisico piazzato e sguardo diretto, da attore navigato. E intrattengono i presenti con le storie e gli aneddoti di come abbaino scritto la sceneggiatura in uno Starbucks, unico "ufficio" che potevano permettersi a Los Angeles, del caldo e di situazioni surreali per avere un cast internazionale.
Cast internazionale per un esordio italiano
Situazioni surreali, come quella per avere Danny Glover nel film. L'attore, reso celebre da Arma letale, interpreta una versione moderna di Poseidone, qui didascalicamente chiamato Mr. Ocean. Sebbene sapesse benissimo di dover incontrare il giovane sceneggiatore e regista, l'incontro dovette sembrare casuale. Alotto racconta ridendo di come si è dovuto nascondere dietro una siepe, aspettando il momento più adatto per far sembrare che passasse casualmente di lì.
"È dovuto sembrare un caso", spiega. "Abbiamo parlato per un'ora e mezza di politica. Poi mi ha richiamato, mi ha tenuto un'altra ora a parlare dello script e del personaggio. Ha scelto lui chi interpretare". Poi si sono aggiunti altri nomi, come Udo Kier. Fino ad arrivare a Skin. "Ci siamo detti di agganciare una star 'non cinematografica'. È tutto un altro pubblico e avremmo potuto avere dalla nostra la sua fan base. Dopo varie peripezie, siamo riusciti ad avere il contatto della manager di Skin. A lei è piaciuto il progetto, quindi ha voluto incontrarci di persona a Milano. Noi avevamo un trailer, lei è gentilissima, un paio di giorni dopo ci ha confermato la sua presenza. Mentre noi giravamo, lei era in tour, quindi le scene dell'Oracolo sono state girate dopo".
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Alotto e Zirio, il dinamico duo
L'incontro procede con la narrazione di moltissimi altri aneddoti. Peripezie anche fisiche, che sembrano già scene da film. Anche per la leggerezza che Federico Alotto e Andrea Zinio infondono al racconto, emozionati come sono che il loro film veda finalmente la luce della sala cinematografica. Un dinamico duo, che non è si è risparmiato per "fare tutto in casa", perché il film fosse davvero indipendente. "Walt Disney bussò a 150 banche chiedendo finanziamenti per Disneyland, noi abbiamo bussato a 150 aziende del territorio per poter realizzare questo film", racconta fiero Zirio. Specificando poi che un contributo bancario c'è stato, ma che i soldi sono stati trovati tutti da privati, proprio come si fa oltreoceano. Tutt'altro che novellini, i due hanno vinto molti premi in giro per il mondo. Sia con Ulysses, che con il cortometraggio I See Monsters, che ha vinto ben trenta festival internazionali sparsi per il globo. Dopo la conferenza, li abbiamo voluti un po' solo per noi, per saperne un po' di più di questo particolarissimo film.
Una timida e breve intervista...
Parla sottovoce Federico Alotto ai nostri microfoni, come se non volesse farsi sentire da altri, come se ci stesse confidando i segreti di questo suo primo lungometraggio. Andrea Zirio, forse più navigato alle interviste lo incoraggia. Bello vedere due ragazzi volenterosi darsi per la prima volta alla stampa con questa "purezza".
Nel film ci sono tavole disegnate e a volte sembra di essere in una graphic novel...
Federico Alotto: Il clima un po' da fumetto del film lo volevo sempre, in ogni immagine. Quindi ho lavorato molto con il direttore della fotografia. Torino non doveva sembrare Torino, le abbiamo messo anche il mare. Poi abbiamo cercato di girare in posti meno conosciuti per dare un'identità a Taurus City, che è una dei protagonisti del film. Adoro Refn, Drive è uno dei riferimenti principali.
La storia a volte ci fa ritrovare nell'Odissea omerica, altre volte se ne discosta.
Andrea Zirio: In realtà ogni frase del film ti dice già dall'inizio come stanno le cose. Abbiamo voluto inserire dei colpi di scena perché la gente non sapesse già tutto della storia, ma ho voluto raccontarvi i personaggi già nei primi due minuti che li vedete in scena.
Come avete creato i personaggi a livello estetico?
FA: Il film non si può classificare con un genere. Non è action, non è commedia, e non è un drama. È un pout pourri di stili, volutamente. Ciascun personaggio ha un suo carattere ed è ripreso con uno stile diverso. Abbiamo realizzato ogni singolo costume, ma sempre con dei richiami alla strada o all'antica Grecia. La scelta del look, come Refn insegna, è molto importante. Anche se non abbiamo avuto il budget necessario. Il primo cut del film era di tre ore, ho dovuto tagliare interi personaggi. Speriamo di poterli includere nel DVD.
Il film è molto estetizzato, anche nelle location e le inquadrature segui un'estetica ben precisa...
FA: Ho pensato di voler rappresentare in live action le tavole animate che avete visto durante il film. Queste tavole ricorrono alle simbologie. Anche a quelle naziste.
In effetti ricordano l'arte visiva di quel periodo.
FA: Sì, sia dei manifesti nazisti, che di quelli russi. Perché a Taurus City c'è una dittatura e così facendo ti arriva immediatamente il concetto. Nella mia testa, le immagini dovevano rimandare a questo. AZ: è stato definito dall'Around Film Festival di Parigi "un film di una bellezza distruttiva", perché queste immagini così forti ti attirano, ma ti disturbano anche. Il che per noi è stato un complimento perché è proprio quello che volevamo trasmettere.
Andrea, prendi botte dall'inizio alla fine del film! La tua è una performance fisica...
AZ: Durante le riprese sono state girate alcune scene action, ma c'è stata una preparazione prima. Abbiamo lavorato con uno stunt coordinator, che ci ha istruito su come andavano intepretate. Poi io ho un passato da cestista, ho fatto Thay Boxe, quindi un po' di dimestichezza la avevo già. Sono state le mie parti preferite perché durante le riprese ci sono anche stanchezza e rabbia. Frustrazione perché magari quel giorno ci era saltata una location... Fare una scena fisica era liberatorio. Sono le parti in cui mi sono divertito di più.
E tu, Federico, come ti liberavi?
FA: Urlando dentro i secchi! O ai passanti quando liberavamo le strade. Per esempio, c'è la scena del cavallo... quando l'abbiamo girata pioveva anche e l'uomo che lo aveva in custodia, giustamente, non voleva si bagnasse. L'abbiamo girata una volta sola e ho urlato tutto il tempo. Eravamo lontanissimi. Abbiamo un solo take del cavallo!
Alla fine l'Odissea è una storia d'amore...
FA: Infatti per me il film, e la storia in genere, è la storia di un uomo e una donna che fanno qualunque cosa per amore. Il tema dell'amore è tutto il film. C'è anche quello di Danny Glover, Poseidone, verso sua figlia. Lui ha una sola paura, quella di non avere più l'amore di sua figlia. Poi c'è Eolo con il transessuale, con un cuore che si distrugge.
Ci sono molte frasi iconiche, che non vanno ricercate nell'Odissea omerica...
AZ: Le frasi più iconiche sono tutte prese dall'Ulisse di James Joyce. La guerra è un meccanismo di controllo, siamo tutti su una scacchiera. Ci sono moltissime citazioni e credo siano anche abbastanza palesi.