Ken Sato non ha avuto un'infanzia come tutti gli altri bambini: suo padre infatti era il leggendario supereroe Ultraman, che tramite una tuta avveniristica era in grado di ingrandirsi enormemente per affrontare i kaiju che mettevano in pericolo la popolazione di Tokyo. Ormai adulto, Ken è diventato un famoso giocatore di baseball negli Stati Uniti ma ora, in seguito alla scomparsa della madre, ha deciso di far ritorno in patria per ereditare lo scomodo ruolo di difensore dei più deboli da cotanto genitore.
In Ultraman: Rising, Ken si trova di fronte ad un qualcosa di imprevisto quando, durante una partita sul diamante con la sua nuova squadra, deve vestire improvvisamente i panni di Ultraman per sventare una nuova minaccia. Al termine della missione, un uovo di kaiju si schiude tra le sue mani e una "piccola" creaturina - alta ad ogni modo almeno una decina di metri - viene alla luce, scambiandolo per la sua mamma. Contro ogni logica Ken deciderà di prendersene cura nel tentativo di comprendere chi vi sia dietro quel folle piano, che sembra atto a voler individuare la locazione della leggendaria isola dei mostri.
Scambio tra culture
Non è certo una novità che il cinema hollywoodiano si appropri di personaggi e figure simbolo di altre culture per adattarli in una forma, spesso soft e a prova di grande pubblico occidentale, vedasi tra i tanti tentativi a tema gli ultimi, improbabili, scontri su grande schermo tra Godzilla e King Kong. Nemmeno il cinema d'animazione può dirsi escluso, come conferma questo Ultraman: Rising, produzione in computer grafica che recupera un personaggio simbolo della serialità nipponica, che debuttò addirittura nel lontano 1966.
Eiji Tsuburaya, creatore del franchise di Ultra, non avrebbe certo mai pensato che quell'iconico supereroe sarebbe diventato in un lontano futuro addirittura un... babysitter! Perché lo snodo principale della trama ruota proprio intorno al legame, ben più che improbabile, creatosi tra il tormentato protagonista e questo simpatico cucciolo di kaiju, dal color rosa e affetto da un reflusso gastrico che, date le enorme dimensioni, diventa un problema di non poco conto.
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Forzature evidenti
Le due, eccessive, ore di visione si rivolgono così a un target di età molto basso, con i bambini quali principali fruitori di una storia che cerca di coniugare l'azione spettacolare con la retorica dei buoni sentimenti, in un'ottica tipicamente a stelle e strisce che snatura le origini di una figura così iconica. Una reimmaginazione ben più ispirata e rispettosa era stata per altro realizzata soltanto pochi anni fa dal papà di Evangelion Hideaki Anno, e a tal proposito vi consigliamo di recuperare quanto prima Shin Ultraman ,(2022), frutto della sua sceneggiatura. Non si comprende bene il senso di voler adattare a tutti i costi due mondi apparentemente agli antipodi, con Ultraman: Rising che riscrive le basi, inserendo inoltre una sottotrama sportiva poco utile ai fini del racconto, con il Nostro che è una star del baseball ossessionata dal successo sul campo.
I pro e i contro di Ultraman: Rising
Un paio di battute riuscite, come quando il ritrovato padre di Sato viene etichettato quale "l'uomo che sussurrava ai kaiju" e altrettante gag simpatiche che giocano con la tenerezza di questo cucciolone sui generis, speziano una narrazione fin troppo frammentaria, con personaggi secondari di cartapesta e un villain le cui reali - e parzialmente comprensibili - motivazioni non vengono indagate appieno.
La sceneggiatura sembra soltanto preoccuparsi di preparare il campo alla rocambolesca battaglia finale, dove l'unione fa ovviamente la forza, e a quell'epilogo in mezzo ai titoli di coda che rende facilmente realizzabile un prossimo sequel.
L'animazione se la cava soprattutto quando c'è da "menare le mani", con mostri gargantueschi e robottoni altrettanto imponenti, ma il character design non brilla per stile e originalità, con figure umane spigolose e poco carismatiche che si muovono in questa baraonda colorata e pop, ibrido tra due universi che non trova una propria precisa identità.
Conclusioni
Già non è facile essere Ultraman, soprattutto se sei figlio d'arte e hai a che fare con la pesante eredità paterna. Un compito reso ancor più complicato non soltanto dalla parallela carriera agonistica come campione di baseball, recentemente rientrato in patria dopo un lungo periodo in America, ma anche dalle assurde e inedite vesti di bambinaio per un cucciolo di kaiju. Ultraman: Rising è una sorta di (in)volontaria parodia, frutto di una co-produzione tra Giappone e Stati Uniti che pende vistosamente verso il pubblico di quest'ultimi lidi, con poco rispetto del materiale originale. Un film d'animazione indirizzato ai più piccoli, esteticamente roboante ma poco ispirato, e narrativamente schiavo di una visione retorica relativamente classica, priva di effettive sorprese.
Perché ci piace
- Il piccolo kaiju è la perfetta mascotte per un pubblico di bambini.
- Combattimenti all'insegna di un discreto spettacolo.
Cosa non va
- Sceneggiatura che riscrive in maniera improbabile il personaggio.
- Personaggi, principali e secondari, poco carismatici.
- Le due ore di visione risultano eccessive per quanto effettivamente vi è da raccontare.