Il 23 marzo del 1922 nasceva a Cremona un attore indimenticabile: Ugo Tognazzi.
Insieme ad Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Nino Manfredi, Vittorio Gassman e Totò, Tognazzi è stato uno straordinario protagonista dello spettacolo del nostro Paese, unico sotto molti punti di vista. Ironico, pungente e arguto, l'attore cremonese ha spezzato, attraverso le sue interpretazioni, molte delle ipocrisie della società italiana degli anni Sessanta e Settanta, grazie a ruoli irripetibili e pellicole di fondamentale importanza, diretto da registi come Dino Risi, Ettore Scola, Mario Monicelli e moltissimi altri.
In occasione del centenario della sua nascita, vogliamo omaggiare l'attore ripercorrendo la sua carriera: ecco i migliori film di Ugo Tognazzi.
1. Il federale (1961)
Italia, primavera del 1944. Durante l'occupazione tedesca di Roma, il graduato Primo Arcovazzi (Ugo Tognazzi), un fanatico fascista, viene incaricato di catturare il professor Bonafé (Georges Wilson), un filosofo dichiaratamente contrario al regime. Arrestarlo non sarà difficile: i problemi, per Arcovazzi, saranno tutti nel viaggio di ritorno a Roma dal paesino abruzzese dove il professore si era rifugiato. A bordo di una motocarrozzetta, il fascista e l'antifascista vivranno diverse peripezie, tra il serio e il faceto. Finalmente arrivati a destinazione, per Arcovazzi sarà il momento per raccogliere un encomio, ma non potrà immaginare che, nel frattempo, gli Alleati stanno già liberando la città. A quel punto, il sostegno inaspettato di Bonafé sarà quanto mai prezioso...
Diretto da Luciano Salce e scritto dal regista con Castellano e Pipolo, Il federale fu il primo film che vide Ugo Tognazzi assoluto protagonista, pur avendo già preso parte a molte pellicole (tra cui due di Totò) e raggiunto grande notorietà con la televisione (storica la coppia che il cremonese formava con Raimondo Vianello). Il ruolo del fascista convinto, ma che in ultimo si renderà conto di aver creduto a un'ideologia vuota e a gerarchi vigliacchi, fu per Tognazzi quello della svolta artistica, con il quale dimostrò la sua versatilità e la capacità di cambiare registro recitativo con estrema naturalezza anche all'interno dello stesso film.
Il federale fu anche la prima opera per la quale Ennio Morricone compose la colonna sonora, nello stesso periodo in cui era arrangiatore per i varietà televisivi e per i cantanti italiani più conosciuti.
2. La voglia matta (1962)
L'industriale milanese Antonio Berlinghieri (Ugo Tognazzi) sta andando a trovare il figlio in collegio. Durante il tragitto incontra un gruppo di giovani diretti vero un pic-nic in riva al mare, i quali lo coinvolgono invitandolo a trascorrere una giornata insieme. Tra di essi vi è Francesca (Catherine Spaak), un'affascinante sedicenne del quale Antonio si invaghisce. Così, per un breve lasso di tempo, l'industriale dimenticherà di avere una famiglia, dei doveri e di non essere più un adolescente...
Diretto da Luciano Salce e scritto da Castellano e Pipolo (di fatto lo stesso gruppo di lavoro de Il federale), La voglia matta si inserisce nel filone della commedia ambientata durante il boom economico, affrontando tematiche come il tempo che passa, la gioventù perduta e il raffronto tra generazioni differenti.
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3. La marcia su Roma (1962)
Nel primo dopoguerra italiano, l'ex combattente (ora disoccupato) Domenico Rocchetti (Vittorio Gassman) e il contadino Umberto Gavazza (Ugo Tognazzi) vengono persuasi, come accaduto a molti altri, ad iscriversi tra le fila dell'emergente e prepotente movimento fascista. Dopo una serie di peripezie e aver partecipato a diverse azioni "squadriste", i due finiranno addirittura in carcere, salvo essere liberati poco prima dell'annunciata marcia su Roma. Ma anche in questa circostanza riusciranno a cacciarsi tra i guai.
Diretto da Dino Risi e scritto da Age (Agenore Incrocci) & (Furio) Scarpelli, Ruggero Maccari, Ettore Scola, Sandro Continenza e Ghigo De Chiara, La marcia su Roma è una ricostruzione satirica e pungente del periodo che precedette l'avvento del fascismo in Italia. Nel film vengono raccontate anche le motivazioni che portarono a un grande consenso tra i reduci della Prima Guerra Mondiale e la classe contadina, esercitando una forte leva soprattutto sul malcontento popolare. Le interpretazioni di Tognazzi e Gassman rappresentano due maschere tragicomiche di un periodo buio della storia del nostro Paese.
4. I mostri (1963)
Venti episodi che mostrano i vizi e i difetti degli italiani dei primi anni Sessanta. Da L'educazione sentimentale a Il mostro, passando per La giornata dell'onorevole, Testimone volontario, L'oppio dei popoli e La nobile arte, ciascuna delle piccole storie narrate da Dino Risi e interpretate straordinariamente da Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman propongono una ricostruzione caustica e sferzante del periodo del boom economico, nel quale la domanda che ci si pone è: i veri "mostri" sono coloro che appaiono tali o coloro che fanno di tutto per sembrare tutt'altro?
Scritto dal regista con Age & Scarpelli, Ettore Scola, Ruggero Maccari e Elio Petri, I mostri trova nei due protagonisti la sua chiave di lettura, risultando tuttora come un affresco intramontabile di un'epoca caratterizzata da numerose contraddizioni. Indimenticabile il tema musicale scritto da Armando Trovajoli, ovvero Samoa ta mouré, cantato dai 4+4 di Nora Orlandi.
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5. La vita agra (1964)
Dopo aver subito il licenziamento, l'operaio Luciano Bianchi (Ugo Tognazzi) parte verso Milano, deciso a vendicare sé stesso e i suoi colleghi minatori rimasti senza un lavoro. La sua idea è però folle: vorrebbe far esplodere una bomba nel grattacielo dove ha sede la compagnia mineraria. Nella grande metropoli incontrerà Anna (Giovanna Ralli), una giovane idealista e corrispondente di un giornale di sinistra della quale si innamorerà. Trovando anche un nuovo impiego, Luciano dimenticherà presto i propositi di vendetta, e anzi farà fortuna come pubblicitario, tanto da essere assunto con un nuovo ruolo nella sua vecchia azienda. Da operaio a borghese il salto non sarà da poco...
Diretto da Carlo Lizzani, scritto dal regista con Sergio Amidei e Luciano Vincenzoni e tratto dal romanzo di Luciano Bianciardi, La vita agra racconta un altro spaccato contraddittorio del periodo del nuovo benessere economico che interessò l'Italia negli anni Sessanta. Tognazzi dimostrò, ancora una volta, una grande capacità di adattamento in un ruolo che mostrava più risvolti all'interno della stessa opera.
6. Io la conoscevo bene (1965)
La giovane Adriana (Stefania Sandrelli) si trasferisce dalla Toscana a Roma in cerca di fortuna. Cambia diversi lavori, ma il suo sogno sarebbe quello di lavorare nel cinema. Ma la sua bellezza e la sua ingenuità saranno sfruttati da uomini senza scrupoli che si approfitteranno di lei, illudendola e riservandole soltanto alcune piccole partecipazioni da comparsa. Profondamente derisa, Adriana si accorgerà troppo tardi di quanto abbia sprecato inutilmente la propria giovinezza.
Nel ruolo dell'attore decaduto Gigi Baggini, Ugo Tognazzi ebbe una piccola ma importante parte in Io la conoscevo bene, dramma diretto da Antonio Pietrangeli e scritto dal regista con Ettore Scola e Ruggero Maccari. Il Baggini è uno dei tanti, discutibili personaggi che ruotano attorno alla sfortunata Adriana, che rappresentava una delle tante ragazze che dalla provincia finivano spesso per restare fagocitate da un mondo troppo più grande di loro. Nel cast del film anche Nino Manfredi, Enrico Maria Salerno, Robert Hoffmann, Jean-Claude Brialy, Mario Adorf, Joachin Fuchsberger e Franco Fabrizi.
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7. L'immorale (1967)
Sergio Masini (Ugo Tognazzi), primo violino di un'orchestra sinfonica, ha una situazione sentimentale del tutto straordinaria, in senso ovviamente negativo. È sposato con Giulia (Renée Longarini), dalla quale ha avuto tre figli, ma ha anche due amanti. Una è Adele (Grazia Garmassi), conosciuta durante una tournée e dalla cui relazione sono arrivati altri due figli; l'altra è la più giovane Marisa (Stefania Sandrelli), che ha appena dato alla luce il suo bambino. Sergio non riesce più a venire a capo della situazione e, per trovare conforto, un giorno va a confessarsi in chiesa, lì dove trova Don Michele...
Diretto da Pietro Germi e scritto dal regista con Alfredo Giannetti, Carlo Bernari e Tullio Pinelli, L'immorale è un'opera estremamente significativa, coraggiosa nelle tematiche come di consuetudine nel cinema del regista genovese. Il ruolo di Sergio Masini valse a Ugo Tognazzi il primo David di Donatello della carriera.
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8. Straziami ma di baci saziami (1968)
Durante una festa che riunisce le tradizioni regionali a Roma, il barbiere Marino Balestrini (Nino Manfredi) incontra l'operaia Marisa Di Giovanni (Pamela Tiffin). Nonostante una certa differenza d'età, tra i due nasce un'attrazione, che diverrà amore quando Marino si trasferirà a lavorare proprio nel paesino della ragazza, Sacrofante Marche. Ma l'invidia di alcuni, e delle evitabili incomprensioni, provocheranno una crisi del loro rapporto, che causerà la fuga di Marisa verso la Capitale. Marino si tufferà alla ricerca della fidanzata per chiederle perdono e recuperare il rapporto ma, dopo lunghe ricerche e senza aver ottenuto alcun riscontro, finirà in preda alla disperazione. Dopo qualche tempo e diverse peripezie, riuscirà finalmente a trovarla: nel frattempo Marisa si è però sposata (per puntiglio) con il sarto non udente Umberto Ciceri (Ugo Tognazzi), insieme al quale lavora in casa. Ma Marino non si arrenderà facilmente...
Diretto da Dino Risi e scritto dal regista con Age & Scarpelli, Straziami ma di baci saziami è una delle commedie più divertenti della storia del cinema italiano. Un capolavoro della risata per situazioni comiche, battute indimenticabili e interpretazioni straordinarie del trio dei protagonisti: insieme alla deliziosa attrice statunitense Pamela Tiffin, le prove di Nino Manfredi e Ugo Tognazzi toccano delle vette quasi inarrivabili e, certamente, uniche.
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9. Il Commissario Pepe (1969)
Antonio Pepe (Ugo Tognazzi) è un commissario di polizia abile, corretto e rispettoso delle regole, ma anche parecchio annoiato. Nella città del Veneto dove presta servizio non si verificano mai fatti di cronaca rilevanti, se non proprio l'ordinaria amministrazione. Tutto tranquillo finché, dopo vari avvisi con lettere anonime, Pepe viene incaricato di svolgere delle indagini su comportamenti poco edificanti riscontrabili nella cittadinanza più in vista. Il commissario inizia allora a prendere informazioni, con il suo stile calmo ma deciso, e poco alla volta intuisce cosa vi sia dietro quella società "perbene": dai ricchi signori ai borghesi, dal clero ai nobili, tutti apparentemente perfetti ma che in realtà vivono di eccessi e di comportamenti scabrosi, con il desiderio sessuale al centro delle loro "attività". Esattamente come da tempo va dicendo, strombazzando sulla sua moto per tutta la città, Nicola Parigi (Giuseppe Maffioli), un invalido di guerra che vive del disprezzo altrui. Ma anche Pepe non resterà del tutto al di fuori da quel vivace sottobosco...
Diretto da Ettore Scola, scritto dal regista con Ruggero Maccari e liberamente tratto dal romanzo di Ugo Facco de Lagarda, Il Commissario Pepe rappresentò uno ritratto fedele di una società decadente e la descrizione di molti vizi italiani, che oggigiorno sono rimasti gli stessi, nonostante non esista più una squadra del buon costume nel corpo di polizia per reprimerli. Straordinaria la prova di Ugo Tognazzi, forse una delle meno celebrate della sua carriera. Antonio Pepe è un brav'uomo, ma che in fondo non si lascia stupire da quanto di più scandaloso accada intorno a lui, nemmeno quando scoprirà che persino la sua fidanzata non è esente dalle sirene della tentazione. Non gli verrà però consentito di fare il proprio dovere fino in fondo, nella più gattopardesca delle insabbiature. Indimenticabile la colonna sonora di Armando Trovajoli.
10. Nell'anno del Signore (1969)
Roma, 1825. Durante il regno papalino, i carbonari Leonida Montanari (Robert Hossein) e Angelo Targhini (Renaud Verlay) accoltellano a morte il delatore Filippo Spada. Ma quest'ultimo resterà solamente ferito e riuscirà a confessare il loro delitto al capitano Nardoni (Enrico Maria Salerno), che non attendeva altro che un passo falso di coloro che egli ritiene i peggiori nemici dello Stato della Chiesa. Disperata, l'ebrea Giuditta (Claudia Cardinale), invaghita di Montanari ma convivente del calzolaio analfabeta Cornacchia (Nino Manfredi), chiede aiuto a quest'ultimo, ma ogni tentativo sarà vano. In realtà, Cornacchia deve guardarsi bene tanto da Nardoni quanto dal suo cliente più importante, il Cardinale Rivarola (Ugo Tognazzi). Il calzolaio, infatti, di notte diventa la voce più sferzante dell'oppresso popolo romano, lanciando messaggi contro il potere temporale sulla statua di Pasquino...
Scritto e diretto da Luigi Magni, Nell'anno del Signore è il primo capitolo della trilogia sulla Roma papalina realizzata dal regista romano, che verrà completata da In nome del Papa Re (1977) e da In nome del popolo sovrano (1990). Un cast straordinario, un'impostazione che unisce il dramma storico alla commedia, e la splendida colonna sonora di Armando Trovajoli rendono il film uno dei capisaldi del cinema classico italiano. Ugo Tognazzi, qui nel ruolo del perfido Rivarola, appare in scena prevalentemente insieme a Nino Manfredi, con il quale si ritrovò ancora una volta.
Ugo e Nino furono amici per molto tempo, prima di alcune incomprensioni: il loro rapporto verrà però recuperato a distanza di qualche anno, durante una cena di riconciliazione. La passione per la cucina di Tognazzi era nota a tutti nell'ambiente dello spettacolo: la conservò per tutta la vita.
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11. Cuori solitari (1970)
Stefano Nardini (Ugo Tognazzi) è proprietario di un negozio d'arredamento nel Nord Italia. È sposato con l'affascinante Giovanna (Senta Berger); i due vivono in una lussuosa casa in città e, nei fine settimana, si spostano nella loro villa sul lago di Como. Tutto sembra andare bene, ma da qualche tempo Stefano si è lasciato pervadere dalla noia nel rapporto con sua moglie, che al contrario non avverte alcun problema. Eppure, Giovanna si farà convincere dal marito a sperimentare delle esperienze di coppia a quattro, per dare una svolta a quello che crede un matrimonio troppo tranquillo. I primi tentativi si riveleranno imbarazzanti: quando saranno sul punto di lasciar perdere, però, l'invito nel palazzo del benestante Diego (Silvano Tranquilli) potrebbe stravolgere tutto...
Diretto da Franco Giraldi e scritto dal regista con Ruggero Maccari, Cuori solitari è una commedia raffinata e sofisticata, che si inserisce nella narrazione di una società in rinnovamento dopo la contestazione. Il personaggio di Tognazzi è qui in preda a un'illusione: cercare altrove ciò che già si ha, ovvero una moglie meravigliosa come Giovanna. L'attore cremonese, in coppia con la splendida Senta Berger, descrive perfettamente le sfaccettature di un uomo incapace di amare veramente. Straordinaria la colonna sonora di Luis Enriquez Bacalov.
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12. La Califfa (1970)
Irene Corsini, chiamata da tutti "Califfa" (Romy Schneider), è vedova di un operaio, rimasto ucciso durante una manifestazione e i conseguenti scontri con la polizia. Nell'Oltretorrente di Parma, la tenuta sociale è sempre più a rischio, e il grido lanciato dagli operai non viene ascoltato dai potenti industriali della città. Il più ricco e autorevole, Annibale Doberdò (Ugo Tognazzi), sembra però maturare l'idea di voler comprendere, quantomeno, le ragioni delle proteste. Un giorno, egli entra in contatto proprio con Irene, con il quale inizialmente si scontra fortemente. Progressivamente, però, il rapporto tra i due si farà sempre più stretto, tanto da portarli a intrecciare una relazione sentimentale. Doberdò, grazie a Irene, cambierà atteggiamento verso gli operai, provocando la reazione infastidita di molti suoi colleghi, la cui risposta non tarderà ad arrivare...
Diretto e scritto da Alberto Bevilacqua e tratto dall'omonimo romanzo dell'autore parmigiano (qui al suo debutto alla regia), La Califfa è un'opera di straordinaria importanza, sia per le tematiche affrontate che per la messa in scena, fortemente evocativa e drammatica, proposta al pubblico in un'epoca non semplice per la questione del lavoro in Italia. Bevilacqua riuscì a rendere il film estremamente diretto e asciutto, anche grazie all'interpretazione essenziale di Ugo Tognazzi, qui affiancato dalla splendida e dolente Romy Schneider. Per il ruolo di Doberdò, l'attore cremonese venne insignito del secondo David di Donatello in carriera. Indimenticabile la colonna sonora di Ennio Morricone, tra i capolavori assoluti creati dal compositore romano.
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13. In nome del popolo italiano (1971)
Il magistrato Mariano Bonifazi (Ugo Tognazzi), uomo integerrimo e solitario, deve indagare sulla morte della giovane Silvana Lazzorini (Ely Galleani), ritrovata senza vita nella propria casa in circostanze misteriose per avvelenamento da psicofarmaci. Bonifazi scoprirà molto presto che la ragazza, studentessa di inglese, veniva sfruttata sia dagli avidi genitori che da un'agenzia di immagine, in realtà dedita ad assegnare le proprie "dipendenti" a feste di lusso e ai capricci di ricchi signori. Tra di questi vi era anche l'industriale Lorenzo Santenocito (Vittorio Gassman), da tempo sotto il mirino di Bonifazi per corruzione, inquinamento e malaffare d'ogni genere, ma sempre abile a sviare ogni accusa che non sia soltanto quella dell'opinione pubblica. Quando il giudice troverà un aggancio tra Santenocito e la sfortunata Silvana, tenterà di incastrarlo, pur senza trovare prove inequivocabili della sua colpevolezza...
Diretto da Dino Risi e scritto da Age & Scarpelli, In nome del popolo italiano si può annoverare tra i capolavori del cinema italiano. I temi e le situazioni raccontate con arguzia nel film sono le medesime dell'Italia di oggi: disonestà, malcostume e corruzione erano una piaga sociale nel 1971 come lo sono tuttora. Un industriale da condannare senza remore per la sua condotta, ma innocente per il caso specifico della morte di Silvana, verrà perseguitato da un giudice impeccabile ma, per una volta, deciso a seguire il proprio pensiero e non la legge, spesso troppo benevola con i veri nemici dello Stato, arricchitisi sulle spalle della gente comune. Entrambi sbaglieranno, ciascuno nel proprio ambito di appartenenza: in mezzo, il tragico destino di una giovane, gettata via come carta straccia da una società materialista e spregevole.
Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman offrono, a parere di chi Vi scrive, la loro miglior prova come coppia cinematografica: Bonifazi e Santenocito sono due facce di una medaglia opaca. Entrambi si combattono senza sosta, mentre fuori dai tribunali e dai cantieri industriali si scende in piazza più per il risultato favorevole di una partita di calcio che per cambiare una società allo sbando. Oggigiorno è forse cambiato qualcosa?
14. Questa specie d'amore (1972)
Federico (Ugo Tognazzi) è sposato con l'affascinante Giovanna (Jean Seberg) e cura gli interessi del ricco suocero (Fernando Rey), un uomo ancorato alle tradizioni e fortemente reazionario. Tutt'altra estrazione sociale rispetto a quella di Federico, originario di Parma e figlio di un convinto antifascista, che pagò caramente, durante il regime, le sue convinzioni. Le torture e le persecuzioni subite provocarono un forte esaurimento nervoso alla moglie, madre di Federico; mentre quest'ultimo, cresciuto osservando l'integrità morale del padre, si è progressivamente allontanato dalla sua terra natale per dimenticare una giovinezza molto difficile. Il matrimonio di Federico e Giovanna è intanto in profonda crisi, anche per il mancato arrivo di un figlio a lungo atteso; la donna si rifugia nei consigli della sorella Isina (Ewa Aulin) e nel proprio egocentrismo, poco contrastato da Federico, di indole pacifica ma spesso incapace di prendere una netta posizione. Così, dopo una fugace visita del padre a Roma, l'uomo decide di andarlo a trovare a Parma, per trascorrere un periodo di riflessione. Lì verrà raggiunto, dopo qualche tempo, anche da Giovanna...
Diretto e scritto da Alberto Bevilacqua (e tratto, come nel caso de La Califfa, da un altro suo bellissimo romanzo), Questa specie d'amore è un film estremamente complesso, e per questo profondamente affascinante e interessante. L'infelicità nei rapporti coniugali, il confronto con le proprie origini, il rapporto tra genitori e figli, il significato degli ideali - per i quali ciascuno può arrivare a sacrificare la propria vita - e quello del tempo che trascorre. In un cast meraviglioso spicca ovviamente la duplice interpretazione di Ugo Tognazzi, che impersona Federico ma anche il padre, sia da giovane che da anziano, mostrando un accento parmigiano assolutamente fedele, come da desiderio del regista: ennesima conferma della grande versatilità dell'attore cremonese. Da ricordare anche la straordinaria colonna sonora di Ennio Morricone, che regalò a Bevilacqua un altro dei suoi diamanti musicali.
15. La grande abbuffata (1973)
Marcello (Marcello Mastroianni), Ugo (Ugo Tognazzi), Michel (Michel Piccoli) e Philippe (Philippe Noiret) sono quattro amici, ciascuno con il proprio remunerativo lavoro e una grande cultura. Uniti dall'amore per la tavola, tutti loro hanno però in serbo un tragico proposito: uccidersi. Per farlo, hanno scelto la maniera che più gli aggrada: rimpinzarsi fino a sfinirsi, gettandosi completamente ai vizi fino a morire. Per questo avrebbero anche scelto la compagnia di quattro prostitute, ma soltanto una di loro, Andréa (Andréa Ferreol), deciderà di restare...
Il cinema di Marco Ferreri è da sempre oggetto di intenso dibattito della critica. La grande abbuffata è probabilmente l'opera più conosciuta e discussa della cinematografia del regista milanese, che scrisse il film con Rafael Azcona. Un'allegoria della società contemporanea, tanto ingorda e insaziabile sotto ogni punto di vista, secondo l'autore, da essere inevitabilmente destinata a finire, aggrovigliata su sé stessa.
16. Vogliamo i colonnelli (1973)
Giuseppe Tritoni (Ugo Tognazzi), deputato toscano di estrema destra, in aperto contrasto con il proprio partito decide di imporre comunque le proprie idee e, per realizzare i suoi propositi, riesce a coinvolgere alcuni colonnelli per organizzare un colpo di Stato. Di questa manovra eversiva verrà informato il ministro degli Interni, Li Masi (Lino Puglisi), il quale organizzerà, per tutta risposta, un altro colpo di Stato. Messo alle strette, Tritoni arriverà a sequestrare anche il Presidente della Repubblica (Claude Dauphin), ma non farà che peggiorare la situazione. L'unico risultato sarà quello di far diventare Li Masi un salvatore della patria, tanto che sarà proprio lui ad attuare riforme anticostituzionali in un eccesso di protagonismo...
Diretto da Mario Monicelli e scritto dal regista con Age & Scarpelli, Vogliamo i colonnelli è una commedia satirica, ispirata a reali, e fortunatamente maldestri, tentativi di golpe politico organizzati in Italia da alcune personalità di rilievo negli anni Sessanta (come accadde per il cosiddetto Piano Solo del 1964) ma anche in altri Paesi europei (era il periodo della "dittatura dei colonnelli" in Grecia, instaurata nel 1967).
17. Amici Miei (1975)
Firenze. Il giornalista Giorgio Perozzi (Philippe Noiret) rincasa a notte fonda, come di consueto, mentre il quotidiano per cui lavora va in stampa. Separato dalla moglie, che non lo ha mai stimato, egli ha anche un pessimo rapporto con il figlio, di carattere del tutto diverso dal suo. La vera consolazione del Perozzi sta negli amici: il conte Raffaele "Lello" Mascetti (Ugo Tognazzi), un nobile dotato di grande ironia ma decaduto e senza più una lira, nonostante moglie e figlia a carico; l'architetto comunale Rambaldo Melandri (Gastone Moschin), eccentrico e spesso in preda a folli passioni; e Guido Necchi (Duilio Del Prete), titolare con la moglie Carmen di un bar in centro.
Insieme, i quattro si dedicano a scherzi diabolici nei confronti di malcapitati, spesso scelti per caso; a lunghe riunioni e partite a biliardo nel retro del locale del Necchi; e a lunghe trasferte per le colline toscane, che loro definiscono "zingarate". Un giorno, a seguito di uno scherzo finito malissimo, i quattro sono costretti al ricovero presso la clinica diretta dal primario Alfeo Sassaroli (Adolfo Celi). Il Melandri conosce però la moglie del professore, l'affascinante ma intrattabile Donatella (Olga Karlatos), della quale si innamora profondamente. Quando deciderà di affrontare il Sassaroli, a quest'ultimo non parrà vero di potersi liberare di una moglie ingombrante e delle figlie ma, imparando a conoscere Melandri e gli altri tre, il professore si scoprirà anch'egli un eterno ragazzone, unendosi così al gruppo...
Ideato da Pietro Germi (che morì poco tempo prima della realizzazione del film), ereditato alla regia da Mario Monicelli e scritto da Piero De Bernardi, Leonardo Benvenuti e Tullio Pinelli, Amici Miei è un riferimento della commedia italiana degli anni Settanta. Una pellicola agrodolce, per alcuni versi irresistibile, per altri estremamente malinconica: un aspetto sottolineato anche dalla colonna sonora di Carlo Rustichelli. Tra tutti gli straordinari personaggi, spicca certamente quello del conte Mascetti di Ugo Tognazzi. La sua celebre supercazzola è divenuta parte del gergo comune: una serie di parole gettate a caso con l'interlocutore, con l'idea di confondergli le idee. Un esempio è la famosa scena nella quale il Mascetti, per evitare una multa al Melandri, prende in giro un vigile urbano. Ogni sequenza di Amici Miei è comunque divenuta oggetto di culto da parte di moltissimi appassionati. Vennero girati anche due sequel: Amici miei atto II nel 1982, ancora per la regia di Monicelli, e Amici miei atto III nel 1984, stavolta diretto da Nanni Loy.
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18. La stanza del vescovo (1976)
Nel 1946, il giovane Marco Maffei (Patrick Dewaere) viene avvicinato dall'eccentrico Temistocle Mario Orimbelli (Ugo Tognazzi), il quale lo ha notato mentre naviga spensierato sul Lago Maggiore. Nella propria villa, Orimbelli gli presenta la moglie Cleofe (Gabriella Giacobbe) e la cognata Matilde (Ornella Muti), ritenuta da tutti vedova poiché suo marito è disperso in Abissinia. Tutte le donne della casa sembrano essere affascinate da Marco, che dal canto suo sa di possedere un certo charme. Così, il curioso Temistocle lo invita a trascorrere del tempo con loro, ma Marco non può certo immaginare che sta per entrare all'interno di quello che sarà un contorto turbinio di eventi...
Diretto da Dino Risi, scritto da Piero Benvenuti e Leonardo De Bernardi e tratto dal romanzo di Piero Chiara, La stanza del vescovo è una pellicola estremamente raffinata, nella quale l'interesse del regista si concentrò più sulle dinamiche tra i personaggi in scena che sul contesto storico dell'Italia del dopoguerra. Dopo Romanzo popolare del 1974, questa fu la seconda occasione nella quale Ugo Tognazzi ebbe accanto sul set la giovane Ornella Muti, cui seguirà anche Primo amore nel 1978.
19. La terrazza (1980)
Su una terrazza romana, spesso si incontrano alcuni amici e conoscenti, ospiti di una coppia che adora riunire molte persone attorno a sé. Tutti loro si confrontano e confessano le proprie vicissitudini, non senza un briciolo di rassegnazione. È il caso, ad esempio, di Enrico (Jean-Louis Trintignant), uno sceneggiatore in profonda crisi. Vi è anche Amedeo (Ugo Tognazzi), un produttore che per scelta finanzia solo film rivolti a un pubblico popolare ma, convinto dalla moglie a dare seguito a un progetto più ambizioso, andrà incontro a un inevitabile insuccesso. Luigi (Marcello Mastroianni) è invece un giornalista in crisi coniugale con la moglie Carla (Carla Gravina). Vi è anche Sergio (Serge Reggiani), che desiderava diventare uno scrittore e si è dovuto accontentare di un piccolo impiego televisivo. Mario (Vittorio Gassman) è un ex partigiano ora divenuto deputato del partito comunista, ma ha visto affondare tutti gli ideali per i quali aveva combattuto e in cui credeva fortemente. La sua unica consolazione è incontrare sulla terrazza l'amata Giovanna (Stefania Sandrelli) ...
Diretto da Ettore Scola e scritto dal regista con Age & Scarpelli, La terrazza è uno straordinario affresco contemporaneo, nello stile straordinario dell'autore romano (che replicherà con opere quali La famiglia e La cena). Un cast sensazionale nel quale si ritrovarono grandi amici e colleghi che hanno fatto la storia del cinema italiano. Al Festival di Cannes del 1980, La terrazza venne premiato per la sceneggiatura e per l'interpretazione di Carla Gravina.
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20. La tragedia di un uomo ridicolo (1981)
L'industriale caseario Primo Spaggiari (Ugo Tognazzi) è un imprenditore che ha costruito con le sue sole forze la realtà commerciale con la quale dà lavoro a molti operai. È sposato con Barbara (Anouk Aimée), una donna molto raffinata di origine francese e dalle vedute molto differenti rispetto a quelle più basilari di Primo. Un giorno, loro figlio Giovanni (Ricky Tognazzi) viene rapito, e il riscatto che viene richiesto sarà di un miliardo di lire, proprio in un periodo nel quale il caseificio deve già fronteggiare una grave crisi finanziaria. Nonostante la vicenda del rapimento sia tutt'altro che chiara, Primo e Barbara raccolgono i soldi servendosi di ogni scorciatoia possibile, anche perché se non si dovesse riuscire a salvare Giovanni, è pur sempre da evitare il dissesto all'azienda...
Scritto e diretto da Bernardo Bertolucci, La tragedia di un uomo ridicolo rappresentò l'apice della consacrazione di Ugo Tognazzi anche come attore drammatico: con questo film, infatti, ottenne anche la meritata ribalta internazionale, poiché la pellicola venne presentata al Festival di Cannes e l'attore cremonese venne applaudito con il premio per la miglior interpretazione maschile. Un tributo a lungo atteso per un interprete che ci ha regalato uno straordinario patrimonio artistico.
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