Il genere blockbuster, oggi, non esiste più. Quei film pensati e strutturati nell'ottica dell'intrattenimento e del divertimento, adesso, soffrono sensibilmente il non-richiesto giudizio critico. Un giudizio pronto a spulciarli, demolendoli ancora prima dell'uscita in sala. Quei blockbuster bollenti, che in America uscivano d'estate, mentre per vederli in Italia avremmo dovuto aspettare la stagione più fresca o, addirittura, avremmo dovuto aspettare l'uscita in VHS. Rivederli oggi, in un'epoca di reboot e remake, di idee stantie e di poca ispirazione, fa un certo effetto. Un mix tra malinconia, ingenuità, sommesso stupore. E se ci ritroviamo a vivere un cinema che pare abbia poco da aggiungere, i film della nostra memoria possono offrire lo spunto adatto. Per questo, come se fossimo appena tornati dal videonoleggio sotto casa, abbiamo rivisto Twister del 1996, diretto da Jan de Bont.
L'abbiamo rivisto un po' per nostalgia e un po' perché di Twister è arrivato una sorta di sequel/reboot, ossia Twisters (plurale che anticipa un film ancora più grosso e ventoso) di Lee Isaac Chung. Rivedendolo, oltre alla sorpresa di trovare degli effetti visivi per l'epoca decisamente convincenti (tanto che ricevettero una nomination agli Oscar), ci viene in mente un forte parallelo contemporaneo, totalmente ignorato nel 1996: Twister, dietro la spettacolarità e l'adrenalina (c'è qualcosa di più adrenalinico che andare a caccia di tempeste?), nasconde un inaspettato messaggio ecologista.
Twister, a caccia di tornado con Helen Hunt e Bill Paxton
La storia di Twister la ricordiamo tutti: i meteorologi Jo e Bill (due splendidi Helen Hunt e Bill Paxton), insieme ad una banda di cacciatori di uragani (di cui faceva parte anche Philip Seymoyr Hoffman) hanno intenzione di rischiare il tutto per tutto pur di testare "La piccola Dorothy", uno strumento in grado di studiare - dall'interno - la morfologia dei tornando che imperversano durante le lunghe estati dell'Oklahoma. A sviluppare la pellicola la Amblin di Steven Spielberg, sostenuta da una featuring più unica che rara: Warner Bros. e Universal. A dirigere il film doveva esserci lo stesso Spielberg (passando poi il timone a de Bont, dopo aver visto Speed), anche per il forte legame che aveva con Michael Crichton dopo Jurassic Park, che firmò il soggetto insieme alla moglie Anne-Marie Martin. In effetti, la prima sensazione rivedendo Twister, è di trovarsi davanti una sorta di Jurassic Park meteorologico, dove i dinosauri altro non sono che dei violentissimi (e giganteschi) tornando. Bill e Jo, come Alan ed Ellie nel capolavoro di Spielberg verso gli animali estinti, sono ossessionati dallo studio dei fenomeni atmosferici, volendoli in qualche modo domare, addomesticare, accarezzare.
Prima delle riprese (che subirono diverse interruzioni, anche per la pretesa del regista di girare proprio in Oklahoma, flagellato dal maltempo, oltre che da un terribile attentato ad Oklahoma City, che fece slittare la produzione) ci fu un meticoloso studio riguardante i cacciatori di tempeste, tanto che il National Severe Storms Laboratory di Norman lavorò a stretto contatto con il team di Jan de Bont, formandolo sulla sicurezza meteorologica e facendo da consulente per la sceneggiatura, che doveva essere il più possibile veritiera secondo il volere del regista che, sul set, non si fece particolarmente apprezzare né dalla Industrial Light & Magic, che dovette operare extra sostituendo digitalmente il cielo, non sempre plumbeo, né dalla troupe (ci fu un incidente piuttosto noto, che coinvolse de Bont con un assistente di macchina).
Twister, Jurassic Park e gli uragani sempre più violenti
Il risultato? 495 milioni di dollari, e secondo film più visto del 1996 dopo Independence Day. Un anno strepitoso per il cinema americano, sostenuto da un disaster movie dall'idea tanto semplice quanto convincente. Eppure, ogni film, rivisto dopo anni, acquisisce un nuovo significato, spesso invisibile. Per certi versi, la struttura di Jurassic Park è a tutti gli effetti parallela a quella di Twister. Per questo, ci ritroviamo al suo interno la traccia ecologista, ovviamente presente nel film di Steven Spielberg (l'uomo che gioca a fare Dio, alternando pericolosamente la natura), meno palese in quello di Jan de Bont. Ciononostante, all'ombra di una spettacolarità oggettiva, e volutamente artigianale per volere dell'autore (che si rifiutò di girare nei teatri di posa), Twister manifestava gli impatti via via sempre più distruttivi della natura, alterata dalla mano dell'uomo.
Per assurdo, un blockbuster degli Anni Novanta ci avvisava (forse per tempo?) dell'inesorabile cambiamento climatico che ci troviamo ad affrontare, e ad inseguire (come Jo e Bill inseguivano le tempeste). L'uragano di potenza F5, che ruba la scena nel finale, da evento estremo ed unico, è diventato quasi consuetudine negli stati del Sud e su quelli della costa est. Ed è cronaca il precoce urgano Beryl, che si è abbattuto sulle isole del Mar de Carabi fino alle coste del Messico, toccando la categoria 5. Secondo gli studi, è stato l'uragano più precoce comparso durante la stagione, accelerando il picco di ben due mesi. La colpa, in questo caso, è delle alte temperature dell'acqua e dell'aria dell'Atlantico, che hanno generato fenomeni di bassa pressione potenzialmente distruttivi. Niente fantascienza né esagerazione scenica, allora: anticipando l'attuale crisi climatica, Twister ci mostrava inconsapevolmente il futuro, avvertendoci che con la natura non si scherza. E no, non l'abbiamo capito.