Non è un avvocato, un magistrato o un membro delle forze dell'ordine il protagonista di Tutto per mio figlio, ma è a suo modo un eroe. Si tratta di Raffale Acampora, protagonista del film tv Rai scritto e diretto da Umberto Marino, in onda su Rai 1 il 7 novembre. A dargli il volto è Giuseppe Zeno, che ne fornisce un'interpretazione appassionata ma misurata, per un lavoro evidentemente sentito che ci siamo fatti raccontare proprio dal protagonista in una chiacchierata che ci ha permesso di toccare gli aspetti salienti di questo nuovo progetto targato Rai Fiction in collaborazione con Compagnia Leone Cinematografica. "Ho avuto la possibilità di mettere a disposizione il frutto di anni di lavoro, la mia arte, per lanciare un messaggio importante" ci ha detto infatti Zeno, "per mettere a disposizione l'intrattenimento per lanciare un messaggio di impegno civile forte, come quello della lotta alle organizzazioni criminali, soprattutto in un contesto decisamente particolare."
La lotta di Raffaele
Il Raffaele Acampora di Giuseppe Zeno è infatti uno come tanti. È spostato con Anna, la donna che ama, e ha quattro figli. Il più grandi di questi è Peppino, quattordicenne che inizia a cercare una propria strada, un proprio posto nel mondo, un comportamento naturale che diventa pericoloso quando si vive in determinate zone, dominate dalle organizzazioni criminali. Raffaele è un allevatore come lo era suo padre, il suo lavoro consiste nel girare per i mercati, partendo all'alba e percorrendo molti chilometri al giorno, per vendere gli animali che alleva. Non è una vita facile, ma Raffaele l'affronta con dignità e consapevolezza di lavorare bene, almeno fino a quando i tentacoli della camorra non arrivano a stritolare anche il suo settore, imponendo racket settimanale, pizzo e vessazioni di ogni tipo. Raffaele non ci sta e decide di ribellarsi, facendo però una scelta fuori dal comune: fonda un sindacato e convince i colleghi a iscriversi. Collabora così con la polizia e la magistratura, denunciando e facendo nomi, mettendosi in pericolo ma restio a tirarsi indietro, resistendo prima alle richieste e poi le minacce della camorra, per rispettare la parola data agli iscritti al suo sindacato.
Pretendere i propri spazi
Ci si muove in un contesto sociale che Giuseppe Zeno conosce bene, un "tessuto sociale in cui sono nato e cresciuto fino a un certo punto della mia vita" pur non essendo mai entrato in contatto con realtà di quel tipo. "Le ho viste da lontano, le ho lette negli occhi dei commercianti nella Ercolano degli anni '80. Poter raccontare tutto ciò è molto importante per il mio lavoro e l'ho sposato con grandissimo entusiasmo, nella speranza che quello che raccontiamo possa arrivare al pubblico." E per farlo, per annullare quella distanza tra la storia e il pubblico, è stato necessario trovare la giusta carica emotiva per Raffaele. "Ho attinto ai miei ricordi di bambino, di adolescente, ho parlato con tantissime persone sul territorio di Napoli e di Ercolano, che hanno subìto queste cose. Persone che hanno subìto e che forse ancora subiscono, persone che hanno messo a rischio o hanno perso il bene più prezioso, che è la vita, propria o dei propri familiare. Ho spulciato in rete tutto quello che è stato detto dai grandissimi magistrati sulle organizzazione criminali."
Ricerca, insomma, che ha portato a individuare alcuni elementi cruciali per rendere vivo e autentico il protagonista di Tutto per mio figlio. "Mi hanno colpito in particolare alcune frasi, che ho cercato di infondere nel personaggio di Raffaele Acampora. Una che ho cercato di fare mia è del procuratore Gratteri, pronunciata all'indomani di una retata in Calabria, rivolto alla popolazione: noi abbiamo liberato gli spazi, voi occupateli. Raffaele Acampora l'ho visto come un personaggio che ha la volontà di occupare uno spazio. Pretende il suo spazio, il diritto di vivere in maniera dignitosa e soprattutto libera il proprio lavoro. Libero di poter educare il proprio figlio senza che questo possa essere contaminato da esempi negativi." Un personaggio che diventa simbolico, insomma, a cui Zeno ha cercato di restituire sentimenti in contrasto con la paura che inevitabilmente prova: "lo spunto mi è venuto dalla bellissima frase di Giovanni Falcone, che disse che non si è coraggiosi quando si combatte, perché si ha paura, ma nel saper convivere con paura. E per farlo ho cercato di infondere in lui una parte fanciullesca, l'ingenuità di un giovane adolescente che si approccia nei confronti di qualcosa di nuovo."
L'importanza della formazione
"Raffaele vuole contrastare, ma non lo fa con la forza, non lo fa con la prepotenza" ci ha detto ancora Giuseppe Zeno, "non si mette al pari del 'nemico', ma comprende che questi fenomeni si possono contrastare attraverso la formazione, lo studio, la conoscenza, ed è quello che vuole trasmettere al figlio." Questo è il vero cuore di un film per la televisione che cerca di parlare a un pubblico ampio. Raffaele si documenta, si mette a studiare, fino a formare un sindacato. "Solo conoscendo il nemico si può combattere." E nello specifico per Zeno è una conoscenza che si basa anche sui ricordi di gioventù, come accennato, per una storia che è ambientata nel 1996 e si avvale di una ricostruzione ambientale accorta, che va dai luoghi agli abiti e le canzoni. "Sono state scelte di Umberto Marino" ci ha spiegato Zeno, "abbiamo girato a Sora che può rappresentare un paese della Campania e del casertano dell'epoca. In questo siamo stati agevolati, ma tutta la ricostruzione non invasiva rispetto alla colonna portante del film che sono le emozioni. Umberto Marino è riuscito a far vivere i personaggi ancor prima degli ambienti. Non ha puntato sulla spettacolarità, ma sulle emozioni."