Recensione Colorful (2010)

Accolto trionfalmente al Tokyo International Anime Fair, Colorful va ad arricchire il curriculum di Keiichi Hara, autore sempre più apprezzato dal mondo dell'animazione.

Tutti i colori dell'anima

La morte non è altro che un'anonima sala d'attesa in cui anime disciplinate e prive di qualsiasi ansia attendono un biglietto per l'inevitabile passaggio, ma ad una di loro il Boss ha riservato un destino speciale e inaspettato: vincere alla lotteria e poter così tornare indietro per rimediare agli errori fatti e guadagnarsi il diritto a rinascere. Accompagnata dall'angelo PuraPura, quest'entità senza nome e senza volto si trova catapultata nel corpo e nell'esistenza del giovane Makato, un adolescente suicidatosi con un overdose da farmaci pochi giorni prima. Il ritorno alla vita del ragazzo viene accolto come un segno miracoloso da una famiglia che, almeno all'apparenza, sembra impersonare in modo esemplare amore e partecipazione. Eppure dietro il fervido accudimento della madre e la silenziosa presenza del padre si nasconde un menage complesso e problematico. Makoto e la sua nuova anima continuano a essere chiusi, impenetrabili e profondamente risentiti nei confronti delle evidenti mancanze dei genitori. Un atteggiamento, però, destinato a cambiare solo grazie ad un sogno romantico e a un'amicizia capace di mettere in gioco tutti i colori della vita.

Accolto trionfalmente al Tokyo International Anime Fair, Colorful va ad arricchire il curriculum di Keiichi Hara, autore sempre più apprezzato dal mondo dell'animazione. Ispirato al romanzo dell'autrice nipponica Eto Mori, il film rappresenta un grande passo avanti nel percorso artistico del regista che, dopo una lunga esperienza come direttore tecnico, ha acquistato finalmente l'indipendenza contrattuale e uno stile sempre più personale. Il suo esordio sul mercato italiano con Un'estate con Coo gli aveva valso l'approvazione della critica ma anche un certo retaggio artistico legato alla poetica del grande "padre" Hayao Miyazaki. In particolare lo sguardo sulla società moderna e le tematiche ambientaliste avevano dato adito a una sorta d'ispirazione inconscia che, almeno in questo caso, Hara sembra aver cancellato completamente. Colorful vive potentemente di vita propria, abitando emozioni e luoghi dell'anima dove non è certo facile trascinare uno spettatore. Con il tratto discreto dei suoi disegni, mai invasivi nelle variazioni cromatiche come nella ricerca della perfezione, Hara si dirige con decisione verso le sabbie mobili dell'introspezione giovanile per poi amplificare il pensiero a livello universale.
Partendo proprio dall'atto finale del suicidio, Makato ci accompagna attraverso un indagine profonda dove l'insoddisfazione e l'inadeguatezza adolescenziale viene messa sotto una lente d'ingrandimento e utilizzata come tramite per giungere al centro di una famiglia sempre meno rifugio e sempre più fonte di delusione. Nella microscopica organizzazione domestica, Hara riporta la ben più ampia struttura sociale in cui il tradimento e la menzogna sembrano essere elementi imprescindibili. Travolti da messaggi troppo complessi e da una realtà che chiede loro più di quanto l'età non sia in grado di dare, gli adolescenti di Colorful si aggirano in un costante stato di disorientamento, divisi tra il desiderio di accettazione e le pressioni di un mondo adulto che li spinge ad una prostituzione fisica e emotiva. Sotto la pressione di questo peso insostenibile Makato arranca faticosamente, incapace di accettare e perdonare ai suoi genitori le umane debolezze e a se stesso l'inadeguatezza al loro mondo. In questo modo si delinea una storia di crescita ed evoluzione giovanile che, pur partendo da presupposti drammatici e sviluppandosi in un percorso ad ostacoli, ha comunque lo scopo di elargire vitalità. Un messaggio di grande speranza che Hara svela attraverso la non semplice accettazione dell'altro e i mille colori della vita.

Movieplayer.it

3.0/5