Quarant'anni ancora da compiere, un sorriso gentile e un'accuratezza nella scelta delle parole. Del resto, ne scrive tonnellate da quasi vent'anni, James Vanderbilt, autore degli script di alcuni dei film tra i più interessanti degli ultimi anni, come Zodiac e come, di tutt'altro genere, due Spiderman. In Truth ricerca la verità del titolo, grazie alla controversa vicenda del "Rathergate", ovvero il presunto favoritismo accordato ai rampolli di buona famiglia o figli di politici. Cose che in Italia non farebbero notizia, ma che negli States, alla vigilia della rielezione di George W. Bush suscitarono scandalo. Tratto dal libro Truth and Duty: The Press, the President, and the Privilege of Power di Mary Mapes, il film vanta un cast stellare, davvero in parte. Noi abbiamo incontrato il regista a Roma, durante la Festa del Cinema.
Truth: una storia potente
Cosa ti ha colpito di più in tutta questa vicenda, anche rispetto al romanzo da cui ha tratto il film? Sono sempre stato attratto dal mestiere del giornalista d'inchiesta. Sono diciannove anni che faccio lo sceneggiatore, ma se non avessi potuto percorrere questa strada, avrei certamente scelto il giornalismo. È la strada che alla fine non ho imboccato. Ho letto il libro, mi è piaciuto moltissimo e ne sono rimasto colpito. Ciò ha coinciso con un momento in cui cercavo una bella storia da dirigere per la prima volta, da portare sullo schermo come regista. Siccome ho molti amici che hanno esordito alla regia, ma che poi non sono mai riusciti a girare il loro secondo film, ho iniziato a chiedermi: "E se succedesse anche a me?". Perciò mi sono detto che, non sapendo come andrà il mio film, nell'eventualità che finisca che ne ho diretto solo uno, che sia almeno una storia molto interessante!
La storia coinvolge diversi mezzi di comunicazione in modo molto potente...
Molto potente, esatto, in un'epoca che è stata fondamentale per il giornalismo non soltanto americano. Per la prima volta nella storia del giornalismo mondiale, per quell'inchiesta di Mary Mapes, internet e i cosiddetti nuovi mezzi di comunicazione hanno fatto irruzione in maniera prepotente e se vogliamo anche violenta nel giornalismo più tradizionale. Oggi forse ci siamo persino abituati a questa procedura, ma all'epoca fu la prima volta che il giornalismo fu attaccato e portato alla ribalta in quella maniera dai blog e dalla rete tutta.
Come ti sei approcciato alle immagini, dovendo manipolare un materiale così delicato?
Ero molto consapevole dei rischi, ma forse questo è ciò che mi ha attratto verso questa storia e mi ha fatto desiderare di trasformarla in un film. Sono sempre stato attratto dalle storie vere, anche a cinema, quelle che portano sul grande schermo la realtà. Quindi ho adottato anche io il modus operandi di un giornalista d'inchiesta, mi sono trasformato in uno di loro. Sono partito dal libro di Mary Mapes, poi ho cercato di intervistare quante più persone possibile, tra quelli coinvolti direttamente perché lavoravano in CBS, che tra quelli che lavoravano nel giornalismo televisivo di altre emittenti. Tutti coloro che, in un modo o nell'altro, erano stati coinvolti in questa storia. Ho cercato di educarmi, di istruirmi il più possibile e di avere un atteggiamento giornalistico per poter poi raccontare la storia.
Un esordio pieno di stelle
Per essere il tuo primo film, hai avuto un cast non indifferente. Come li hai messi insieme, soprattutto persone non così scontate, come Dennis Quaid, ad esempio Ti ringrazio per darmi l'opportunità di parlare di questo cast e di quanto io lo ami. Sono stato fortunato ad avere questo magnifico gruppo di lavoro. Tutto è partito da Cate Blanchett, che quando ha letto la sceneggiatura, è salita subito a bordo. Mi ha detto che era pronta a metterci la faccia, a correre il rischio. Subito dopo è venuto Robert Redford, che avevo conosciuto in precedenza poiché avevo scritto la sceneggiatura per un film che avrebbe dovuto dirigere. Una volta che questi due pesi massimi della recitazione aderirono, fu molto più facile che chiunque altro accettasse, quindi sono riuscito a mettere insieme quello che, a mio avviso è uno dei migliori cast degli ultimi anni.
Truth: la ricerca della verità
Con la moltiplicazione dei mezzi di informazione di cui parlavamo prima, secondo te oggi è più facile o più difficile arrivare alla verità? Il modo di fare giornalismo è totalmente cambiato rispetto al passato, ma ci sono diverse distinzioni da fare, perché il giornalismo non è tutto uguale. Il giornalismo investigativo, che richiede anche mesi e mesi di indagini, sta scomparendo. L'immediatezza delle cose, la richiesta subitanea di divulgazione le rende più difficili da realizzare. Ormai fagocitiamo tutto, quindi anche il tempo per costruire la notizia è diventato molto ridotto. A volte si ripetono delle notizie, o si continuano a commentare notizie date da altri, ma è difficile che qualcuno vada ancora a scavare alla fonte.
Quindi trovi che la velocità della rete sia deleteria?
Al contrario, credo che i nuovi mezzi possano anche servire molto: se i giornalisti li usano nel modo giusto, possono persino ad arrivare meglio alla verità e in maniera più capillare. Potrei dire semmai che oggi non viviamo un periodo felice per il giornalismo perché forse tutti questi mezzi non vengono utilizzati come si dovrebbe, però sono molto speranzoso, ed è anche per questo che ho deciso di raccontare questa storia.