Gli incubi di Guillermo del Toro si materializzano ad alta quota. A cinque anni di distanza da Il labirinto del fauno, il Courmayeur Noir in Festival ospita l'anteprima di Non avere paura del buio, fiaba nera coerente col percorso del vulcanico regista messicano. Stavolta del Toro, diviso tra mille progetti, cede il timone della regia all'esordiente Troy Nixey ritagliandosi il ruolo di co-sceneggiatore, insieme a Matthew Robbins, e di produttore. Nonostante lo sguardo dietro la macchina da presa sia differente, le ossessioni del corpulento autore di Hellboy sono presenti al gran completo. Anche in questa occasione la storia è filtrata attraverso lo sguardo di una bambina alle prese con una realtà sconosciuta e mostruosa, il tutto immerso in un'ambientazione gotica e spettrale. Del Toro non si fa mancare neppure un labirinto e, anche se Non avere paura del buio è ambientato nel presente, la maggior parte del film si svolge in una spettrale magione ottocentesca la cui storia passata viene mostrata in uno sfolgorante incipit alquanto disturbante. A narrarci la genesi del film, che arriverà in sala prossimamente distribuito da Lucky Red, è Troy Nixey, soddisfatto ospite del Noir in Festival.
Uno dei temi di questa edizione del festival riguarda la fede, la credenza in eventi inspiegabili. In Non avere paura del buio ci sono due grandi atti di fede. Uno è quello della figlia che deve fidarsi del padre, trasferirsi da lui e cambiare completamente vita. Poi la situazione si ribalta e sarà il padre a dover credere alla figlia. Questo è uno degli aspetti che ti ha spinto a fare il film? Troy Nixey: La storia di Sally mi ha colpito profondamente perché mi ricorda la mia infanzia. Io avevo una famiglia felice, ma ero molto sensibile e ricordo che ci siamo trasferiti spesso. Ho cambiato molte case e ricordo molto bene la fatica di ambientarsi in una nuova scuola, visto che, tra l'altro, ero molto timido. E' divertente perché oggi i miei genitori mi ricordano come un bambino molto felice, sereno, mentre io ho una percezione di me da piccolo come un bambino timido, solitario, silenzioso. In generale per me l'elemento più importante in ogni sceneggiatura sono i personaggi. Che si parli di horror o un altro genere, la presenza di personaggi forti crea una connessione immediata col pubblico.
Per il tuo esordio ti sei trovato a lavorare con Guillermo del Toro.Guillermo è il mio regista preferito, lo è sempre stato. Ha un'immaginazione incredibile. Quindici anni fa, quando è nata l'idea di girare questo film che è il remake di un film tv del 1973, lui era intenzionato a dirigerlo personalmente, ma poi è diventato sempre più richiesto e ha deciso di affidare la storia a un esordiente. Così sono arrivato io. Per me lavorare con lui è stato incredibile. Guillermo crea sempre storie che vedono protagonisti bambini meravigliosi e questa è una delle cose che mi lega di più a lui. Non è stato per niente difficile collaborare con lui, è stata un esperienza fantastica viste le affinità che ci legano.
Ma come sei riuscito a entrare in contatto con Guillermo?
In realtà è stato tutto molto naturale. Guillermo è appassionato di fumetti, ha girato Hellboy, che è tratto da un comic, e conosceva il mio lavoro di disegnatore. Quando ho deciso di occuparmi di cinema gli ho inviato un'email con alcune immagini del film e abbiamo iniziato una corrispondenza. Il mio lavoro gli è piaciuto e quando ha avuto bisogno di un regista alla prima esprienza a cui affidare un lavoro ha pensato subito a me. E' stato incredibile.
Tu ti sei occupato a lungo di fumetti. Come cambia il punto di vista di un artista quando i suoi punti di forza sono la costruzione di atmosfere visive e sonore e non più la sola immagine?
Io ho vissuto e studiato nel ben mezzo del Canada dove non c'è granché e ho sviluppato una grande passione per il fumetto e per la graphic novel trasformando questo settore nel mio lavoro. Quando ho deciso di fare cinema ho realizzato un corto autoprodotto e poi è arrivata l'occasione di dirigere Non avere paura del buio. Del film ho amato molto la possibilità di occuparmi del look visivo avendo a disposizione location incredibili, una casa meravigliosa perciò ho cercato di armonizzare i personaggi facendo vestire Kim con i colori della casa, ambientando molte scene con Sally all'esterno, in quell'incredibile giardino, e giocando con l'immagine.
Tu ti consideri un regista horror o hai intenzione di spaziare dedicandoti anche ad altro?
Io non considero il mio film un horror nel senso classico del termine. Per me è un dark fantasy, come I Goonies e gli altri film che ho amato nell'infanzia. Adesso sto lavorando a un'altra sceneggiatura, stavolta si tratta di una ghost story, ma anche in questo caso non penso di realizzare un vero e proprio horror. Quello che mi interessa realmente è esplorare l'interiorità dell'individuo, ma penso che man mano che un regista cresce e matura apprende sempre più cose e sente la necessità di guardarsi intorno, di cercare ispirazione dal mondo.
Sono stato davvero fortunato a poter lavorare con un cast così talentuoso. Per me sono stati tutti fantastici. Katie Holmes è una fan di Guillermo perciò ha letto la sceneggiatura e ha deciso di provare a recitare in un ruolo diverso da tutto ciò che aveva fatto finora. E' stata incredibile ed è entrata subito in connessione col personaggio di Sally. Poi ho incontrato Guy Pearce a New York e anche lui è stato felice di accettare il progetto. Guillermo ha pensato subito a lui perché è un grande professionista. Bailee Madison è stata l'ultima a entrare a far parte del cast. Abbiamo cercato a lungo una bambina dell'età giusta, probabilmente abbiamo visto tutte le bambine del Nord America tra i sei e i nove anni. Bailee aveva appena finito di girare un film con Natalie Portman e dato che Natalie conosce il produttore ci ha suggerito di farle un provino. Dopo averla vista all'opera abbiamo capito che avremmo voluto avere solo lei. Credo che Bailee abbia qualcosa di molto speciale, ha fornito una perfomance incredibile. La cosa che mi ha reso più felice è che Katie, Guy e Bailee hanno subito legato e hanno lavorato molto bene insieme. Il film ha una dinamica drammatica e loro sono stati molto bravi a renderla sullo schermo.
Tom Cruise ha visto il film? Gli è piaciuta la perfomance di Katie?
Si, Tom Cruise ha visitato il set. E' una persona molto gentile, è rimasto a pranzo con me e mi ha incoraggiato. Non è vero che Tom voglia controllare Katie, anzi, sul set è stato molto simpatico. E' amico di Guillermo. Ha assistito alle riprese e prima di andare via mi ha detto: "Mi sono spaventato. Hai fatto un grande lavoro!"
Se confessi la verità non lo diremo a nessuno. Hai mai avuto la tentazione di cambiare il finale del film?
Non ho mai avuto la volontà di cambiare niente. Penso che il finale sia fantastico.
Il finale suggerisce la possibilità di un sequel.
Non sta a me decidere, ma alla produzione. Comunque questo è il finale originale del film tv del 1973.
All'inizio ero preoccupato e non sapevo se guardare il film originale perché non volevo essere influenzato. Anche se ho conservato alcuni elementi originari, come la grandezza delle creature, ho cercato di fare il mio film e di non imitare l'opera precedente.
Come è nato l'aspetto dei mostriciattoli?
Io e altri due artisti abbiamo ideato il look delle creature. Ho mandato a Guillermo schizzi su schizzi finché non abbiamo trovato il look ottimale. Volevo creare qualcosa di molto personale, mostruoso, ma allo stesso tempo realistico.
Nella storia i legami con le fiabe classiche sono numerosi. E' una scelta voluta?
Certamente. La prima cosa che conosciamo da piccoli e che ci terrorizza sono le fiabe dei fratelli Grimm. In Nord America è radicata la tradizione delle fiabe e i genitori le narrano ai bambini per farli addormentare. Quelle dei Grimm sono terrificanti, violente, incredibili. Guillermo è connesso a questo tipo di temi perché ama moltissimo la mitologia e il folclore.
Gli elementi tipici della poetica di Guillermo presenti nel film sono numerosi. Troviamo ancora una volta il tema dell'infanzia, il senso del passato e della storia, il labirinto in giardino. Ma cosa c'è di tuo in questo film?
E' buffo perché il maggior complimento che mi hanno fatto in questo periodo è che il mio sembra un film di Guillermo del Toro. Ovviamente mi fa piacere, ma ci tengo a sottolineare come tutta la parte visiva, le scelte dei tagli e i movimenti di macchina siano opera mia.
Avete mai pensato di girare in 3D?
Si, in effetti Guillermo e gli altri produttori hanno valutato l'ipotesi, ma sono felice che abbiano deciso di lasciar perdere. La polemica sul 3D in America è sempre molto viva e comunque io avevo concepito il film in forma bidimensionale.
Oltre a del Toro, quali altri registi ami?
Steven Spielberg su tutti, poi sono un grande fan di Kurosawa e di Miyazaki. Amo molto Christopher Nolan perché è un regista molto personale e quando guardi un film capisci immediatamente che è suo. In giro ci sono tanti bravi registi, è un buon momento per il cinema fantastico.
Dario Argento lo conosci?
Certamente. Sono cresciuto con gli horror, li guardavo insieme a un mio amico perché erano qualcosa di proibito e durante l'adolescenza abbiamo guardato tanti di quei film, compresi quelli di Dario Argento.
Quaesta è la tua prima volta in Italia?
Sì, è la prima volta. E' un'esperienza meravigliosa. Quando mi è arrivata l'email ho capito che mi invitavano a presentare il mio film. Poi l'ho riletta e mi sono detto: "Wow, ma mi hanno chiesto di andare in Italia?" Quali sono le tue più grandi paure?
Non ho paura del buio. Mi piace dormire. In realtà ho le paure di tutti i gli altri. Non ho paura neppure dei fantasmi però ci credo. Sul set ho avuto un'esperienza fantasmatica. La scena in cui Katie Holmes va a trovare l'anziano giardiniere in clinica è stata girata in un ospedale abbandonato. Mi hanno detto che due piani sopra di noi c'era un fantasma perciò ho salito le scale, ho aperto la porta e sono entrato in un piano buio e spettrale, proprio come ci si aspetterebbe. Mentre camminavo lungo il corridoio si sentivano dei campanelli e le lucette di ogni stanza si accendevano. E' stato piuttosto spaventoso. Quando sono tornato giù abbiamo saputo che quel piano era riservato ai malati terminali e una di loro, un'anziana paziente in cerca di attenzione, è colei che accende e spegne le lucette.