Tron, il classico della fantascienza prodotto dalla Disney, usciva nei cinema proprio 40 anni fa, il 9 luglio 1982. Si tratta di un film storico per molti motivi. È infatti il primo film a usare la computer grafica, con un risultato che allora era strabiliante e che oggi ci appare ingenuo. Ma proprio questo rende Tron un film caratterizzato da un'estetica unica, originalissima, mai più ritrovata in un film di fantascienza. È un film che, 40 anni fa, provava a prevedere il nostro futuro: osando molto, ma anticipando anche molti dei temi che il cinema di fantascienza avrebbe esplorato negli anni seguenti. Tron immagina che dentro ai videogiochi ci siano dei personaggi, cioè dei programmi, che abbiano una loro vita.
Jeff Bridges in un mondo virtuale
La storia è quella di Kevin Flynn (Jeff Bridges), un programmatore di videogiochi a cui una potente multinazionale, la Encomm, ha rubato il progetto di cinque videogiochi diventati un successo. Per rivalersi sulla società, Flynn vuole entrare nei sistemi informatici dell'azienda e trovare così le prove. Così crea una serie di programmi per entrare nel sistema, che però è difeso dal Master Control Program (MCP), un sofisticato software di intelligenza artificiale, un perfido controllore che non permette a nessuno di entrare nel sistema. Così, venuto a conoscenza di una tecnologia che può in qualche modo "scomporre" gli esseri fisici e creare degli alter ego digitali, Flynn diventa un programma ed entra nel sistema. Dove viene a conoscenza del fatto che i programmi creati da lui e dagli altri creativi vivono in un questo mondo parallelo, costretti sempre a sfidarsi, e dove il MCP è diventato un dittatore potentissimo. Così si allea con Tron, un programma nato in precedenza.
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La grafica lineare dei videogiochi dei primi anni Ottanta
TRON è un film difficile da raccontare. Bisogna vederlo. Vive infatti di una grafica lineare, quella dei videogiochi dei primi anni Ottanta, quelli che trovavamo nelle sale giochi Arcade. In quegli anni i computer, sotto forma dei videogame di quelle sale, ma anche attraverso i personal computer, cominciavano a uscire dai centri di calcolo e a diventare in qualche modo oggetti quotidiani. Ma li guardavamo ancora con una certa di mistero. Erano delle scatole magiche ancora ignote, e credevamo che potessero fare tutto. La sospensione dell'incredulità, allora, era più facile. Pensiamo a film come Wargames - giochi di guerra, o al telefilm I Ragazzi del computer. Così, pensare che una tecnologia potesse scomporre la materia, anche gli esseri umani, e ricomporla in un alter ego digitale, creando di fatto un Avatar, sembrava quasi una cosa plausibile. E, guardando il film, si stava volentieri al gioco.
Un mondo che non avevamo mai visto
Tron vive in un mondo che non avevamo mai visto, e che non avremmo mai visto. È fatto di linee che si incrociano e formano lunghe strade vuote e quadranti cartesiani, ambienti piatti e scarni, freddi. L'idea espressiva alla base è quelle di prendere l'estetica di quei videogiochi, fatti di pixel, che creavano immagini luminose, spesso sui toni dell'azzurro, su sfondi neri, e creare con questa il mondo che vive all'interno dei computer. Nel mondo di Tron ambienti e personaggi sono neri o grigi e sono contornati da linee luminose, spesso accese. È come se tutto fosse vuoto, ma delimitato da dei contorni, proprio come le prime immagini dei videogiochi che abbiamo visto in vita nostra. L'ambientazione virtuale è stata ricreata grazie a delle immagini in wireframe, una tecnica di rappresentazione delle immagini in tre dimensioni che disegna solo gli spigoli dell'oggetto, che resta vuoto al suo interno. Sono state filmate su fondo nero su pellicola da 70 mm. Syd Mead, autore del mondo visivo di Blade Runner, è stato uno dei consulenti per creare la visione di questo mondo elettronico.
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Un'estetica inedita nel cinema di fantascienza
Quella di Tron, allora, è un'estetica talmente primitiva, legata all'immagine dei PC e dei videogiochi di quegli anni, da rimanere unica, originale, inedita nel cinema di fantascienza. Perché sarebbero stati fatti altri film sulla realtà virtuale, sui mondi paralleli, sugli alter ego digitali, ma con una tecnologia che, di fatto, avvicinava la realtà virtuale alla realtà effettiva, tanto che (vedi film come Matrix o eXistenZ), il gioco è stato spesso quello dell'impossibilità a distinguerle. Qui invece si sceglie - volutamente, certo, ma anche per i limiti della tecnologia del tempo - di distinguere nettamente i due mondi. E così appare che il mondo del computer è completamente freddo, asettico, squadrato, in una parola artificiale come effettivamente è. Anche se negli anni la grafica è riuscita a creare disegni che replicano perfettamente la realtà. Ma in quella storia i disegni servivano proprio così.
Il punto di forza di Tron
Quei limiti del computer, quella grafica di allora, lineare, squadrata, piatta, vista con gli occhi di oggi è proprio il punto di forza di Tron. Vista allora, era qualcosa abbagliante, di mai visto. Vista oggi, in un mondo in cui la definizione è la più alta possibile (tanto che film con creature realizzate al computer, ma fotorealistiche, come Il Re Leone, vengono definite "live action", come se ci fossero animali veri), questa semplicità, questa scarsa definizione, è un marchio di fabbrica, un manifesto estetico. Per questo il look di Tron è qualcosa di mai visto. Ed è stato curioso, semmai, vederlo replicato nel film Tron Legacy, in cui si usavano i potenti mezzi di oggi, ma provando a ricreare l'estetica e il mood del classico del 1982.
L'unica cosa umana sono i volti degli attori
In Tron, allora, tutto è freddo, asettico. I neri, i blu, i grigi sono spesso gli sfondi, mentre gli azzurri e i rossi più accesi contornano gli spazi, definendo le figure. L'unica cosa umana che rimane, nel mondo del computer, sono i volti degli attori, virato in un grigio spento per de-umanizzarli e renderli sì dei programmi, ma con un volto espressivo perché abbiano un'anima. Gli attori vestono delle tute grigie, che seguono la forma del corpo, ma sono colorate con dei contorni di luci accese per far sembrare a tutti gli effetti dei programmi virtuali. Gli attori interpreti dei personaggi virtuali sono stati filmati in bianco e nero e il lavoro di coloritura delle linee e di campitura dei piani e dei solidi è stato eseguito a mano in post produzione da una squadra di novanta artisti di Taiwan. Le tute, i caschi, le moto, sono diventati immediatamente iconici.
Anticipare il discorso di tanti film
Ma è interessante come Tron, che tra gli animatori vedeva un giovane Tim Burton e Moebius, abbia anticipato molti discorsi e molti film che sarebbero poi arrivati. Detto che, nel 1982, si parla di Realtà Virtuale in modo certo semplicistico ma comunque efficace, Tron ha anticipato il discorso di Nirvana di Salvatores (che in parte ne ha ripreso anche qualche elemento estetico, vedi i personaggi del gioco dai colori desaturati), de Il tagliaerbe. E anche celebri film di successo, come Matrix e Avatar. Tron 40 anni fa aveva provato a immaginare il futuro e qualcosa lo aveva intuito. Il futuro è diverso, ma Tron rimane un'opera di grande visionarietà e impatto visivo.