Recensione Triangle (2007)

Un piacevole pasticcio, incoerente e illogico, ma che in realtà non è altro che una sorta di sperimentazione a cui si sono prestati registi di altissimo livello.

Triplici sperimentazioni

Tre angoli, ovvero tre punti di vista molto diversi sulla stessa storia. Presentato fuori concorso al 60° Festival de Cannes, questo Triangle è un caso (per ora) unico nella cinematografia mondiale, un film realizzato da tre registi diversi e caratterizzato da un approccio solitamente noto come "exquisite corpse" ovvero un metodo artistico (di questi tempi molto usato in Internet, soprattutto per quanto riguarda la scrittura) che vede diversi autori succedersi nel lavorare ad una stessa opera riprendendo le fila lasciate aperte dal precedente, senza curarsi troppo della continuità o di una coerenza di base. Un metodo originale, di certo non nuovo: la novità assoluta è che per la prima volta questo metodo viene utilizzato per un film "commerciale" - e non quindi com'era finora accaduto soltanto in ambiente di sperimentazioni didattiche - e per di più con tre registi di fama mondiale come Tsui Hark, Ringo Lam e Johnny To, ovvero tre dei più importanti autori del panorama di Hong Kong.

Ad ognuno di questi registi, con tanto di fedeli sceneggiatori al seguito, è affidato circa un terzo della pellicola; direttore della fotografia, montaggio e soprattutto il cast artistico rimane invece invariato per tutta la durata della pellicola: si ottiene così un unico film, con una (e più) storyline comune, ma con approcci totalmente differenti da parte di ognuno degli autori. E' così quindi che la storia di tre amici sfortunati in affari, tallonati da un ispettore della polizia (che è l'amante della moglie di uno dei tre) e da un gruppo gangster locali, che tenta il colpo della vita rubando un tesoro nascosto sotto un edificio governativo prende avvio con il "segmento" di Hark, in cui un montaggio rapidissimo introduce tutti i personaggi e getta le basi (un po' confuse) per la storia a venire.

Quando arriva il turno di Lam ci troviamo nel fulcro del colpo, però il regista di City on Fire decide di intraprendere una strada leggermente diversa, concentrando la sua attenzione soprattutto su Sam, i suoi sospetti vero i soci e il rapporto con la moglie adultera, che gli ricorda nelle sembianze l'ex moglie morta in un incidente (per colpa sua?). Un brusco cambiamento di tono, ma mai quanto quello che avviene quando To prende il timone: l'autore di Election e Election 2 decide di buttarla quasi sulla farsa, regalando agli spettatori un finale composto quasi unicamente da un lungo (e a tratti esilarante) showdown tra tutti i personaggi precedentemente visti nel film più alcune new entries.

Come è facile intuire quello che ne viene fuori è un piacevole pasticcio, incoerente e illogico, ma che in realtà non è altro che una sorta di sperimentazione a cui si sono prestati registi di altissimo livello. Tecnicamente notevole per ogni aspetto, è consigliato ai fan del cinema made in Hong Kong, ma sicuramente da evitare per chi cerca una storia appassionante e coerente.

Movieplayer.it

3.0/5