Krzysztof Kieślowski: la Trilogia dei colori torna al cinema. Caso, destino e necessità. Figlio di una famiglia estremamente cattolica e costretto ad una vita itinerante a causa della ricerca spasmodica di cure per il padre malato, motivi per i quali si ritrovò molto spaesato nel momento di mettere a fuoco la propria carriera futura. Non c'è da sorprendersi se decise di optare per entrare alla Scuola per tecnici teatrali di Varsavia perché gestita da un parente. Ecco. Il teatro! Ma per lavorarci serviva la laurea adatta e il cinema si rivelò un necessario passaggio intermedio per arrivare a dama. Passaggio intermedio. Caso, destino e necessità. Punto e a capo.
Kieślowski fece dunque domanda per iscriversi alla Scuola di Cinema di Łódź, che aveva tra i suoi alunni gente come Roman Polanski e Andrzej Wajda, ma per ben due volte venne rifiutato, fino a riuscire ad entrare nel 1964. Inconsciamente politico fin da subito, a partire dai suoi viaggi nonostante le interdizioni all'estero, il suo interesse per i documentari urbani, in cui raccontava di operai e militari, puntualmente censurati (eventualità che lo rincorse per gran pare della carriera). Una cosa che, come suo solito, portò sullo schermo, luogo dove usava raccontare i suoi guai. Meglio la finzione del documentario, più possibilità, più libertà nell'esprimersi e fare la differenza. Altro che il teatro. Caso, destino e necessità.
Eppure la sua narrativa chirurgica, la sua incredibile cura per i dettagli, la sua fissazione nel raccontare la contrapposizione morale, etica, emotiva tra l'uomo e le sue leggi, non lo soddisfaceva mai a pieno. Per questo iniziò a collaborare con l'allora avvocato Krzysztof Piesiewicz, suo sceneggiatore di fiducia da Senza fine, passando per Decalogo e La doppia vita di Veronica fino a La Trilogia dei colori. Una delle Trilogie per eccellenza del mondo del cinema. Blu, Bianco e Rosso, come i colori della bandiera francese, Liberté, Égalité, Fraternité. Francia, Polonia e Svizzera, Venezia, Berlino e Cannes, fino agli Oscar.
Film blu: il trailer
La Trilogia dei colori torna al cinema grazie a Lucky Red
Il suo massimo sforzo per dar vita ad un racconto umano e politico allo stesso tempo, manifesto del cambiamento europeo, un Continente unito da poco, dal punto di vista di un polacco sempre dal lato sbagliato, sofferente per il passato, il presente e il futuro del suo Paese.
L'attimo prima di capirsi, prima di capire come ricominciare, dove riporre il proprio cuore. Una trilogia raccontata come una serie di emozioni in sospeso, che ora devono riposizionarsi, che devono ritrovare loco, in una zona di grigio esistenziale e ideologica. L'ideologia da cui parte, dal cui svisceramento è sempre partito. L'uomo e le sue regole, quale miglior modo per analizzarli? Specialmente per uno che ha avuto una vita come la sua. Caso, destino e necessità.
La Trilogia dei colori torna al cinema in versione restaurata 4K con Lucky Red dall'11 settembre 2023, per il trentennale di Film Blu. È proprio questo film a inaugurare l'iniziativa, rimanendo in sala fino al 13 settembre. È un'ottima occasione per riscoprire l'immensa, inestimabile, unica, preziosa, invidiata, amata, studiata (chiedete a Moretti) filmografia di Krzysztof Kieślowski.
Film Blu
Francia. Blu. Liberté. Leone d'oro ex aequo nel 1993 insieme ad America oggi di Robert Altman (che edizione!). Juliette Binoche (che ha vinto la Coppa Volpi) è Julie, vedova di un marito compositore di fama internazionale, incaricato di dar vita alla musica di un evento per la celebrazione dell'Unione Europea, e madre di una bambina tragicamente scomparsa, come l'uomo, in un incidente al quale erano presenti tutti e tre.
L'occhio di Julie, quello che vede il dottore darle la notizia appena risvegliatasi in ospedale, diventa soggetto premonitore di un film costruito interamente sul volto, sullo sguardo di una protagonista totale, prima buona, accogliente e socievole, poi crudele, verso gli altri (topi e uomini) e verso se stessa, preda di un caso che l'ha portata incontro alla necessità di svuotarsi. Da tutto, da tutti. Una libertà estrema, una libertà in negativo. Eppure il destino bussa alla porta, sotto forma di quella musica che forse scrive lei e non il marito famoso compositore. E che continua a riproporsi.
Kieślowski dà vita al film più asciutto della trilogia, riducendo sceneggiatura e costruzione dello spazio al minimo indispensabile (l'incidente saranno 3-4 inquadrature), concentrandosi così sui mutamenti della sua Julie. È un film "in controcampo". Al personaggio viene affidata la libertà di dirigere il proprio sguardo e di conseguenza quello di Film Blu. La colonna sonora, originale e straordinaria, è l'unica altra voce in capitolo: si inserisce nel discorso, anche cromatico, con delle invasioni di luce accecante, che alterano un discorso di tonalità giocate tutte - ovviamente - sul blu.
Un'elaborazione del lutto pensata sulla scomposizione del senso più concettuale di "libertà" e che inizia un viaggio di speranza che terminerà con Film Rosso, presentando il tema del doppio (con il doppio finale della barzelletta), la vecchiaia (la donna piegata che non riesce a buttare l'immondizia) e il tribunale come centro nevralgico di connessione.
Film Bianco
Polonia. Bianco. Égalité. Miglior regia a Berlino nel 1994.
Flash forward. Una valigia, protagonista di una vicenda veramente originale nella vita di Kieślowski, si ripropone qui, come metafora del protagonista, Karol Karol, parrucchiere, che nell'aula di tribunale subisce il volere di sua moglie Dominique, desiderosa di ottenere un divorzio perché l'uomo è incapace di soddisfarla sessualmente. Umiliato, sottomesso anche linguisticamente (lui polacco, lei francese), perde tutto ed è costretto a vivere solamente di quella valigia.
Un altro uomo gli offrirà una seconda possibilità tramite il vecchio meccanismo di "una vita per una vita". Un caso che porta ad una necessità, quella di sfidare il destino. Tornato in Polonia, l'uomo escogita un piano per il recupero della propria virilità ed elabora una vendetta sulla donna che l'ha umiliato. Un viaggio fatto di bassezze e stupidità mascoline (più che maschili), che restituisce una visione del Paese polacco come retrogrado e all'insegna del capitalismo più estremo.
La tappa fondamentale è lo scambio di vite, che diviene rinascita e seconda possibilità, da festeggiare nel bianco. Karol Karol è un uomo nuovo, oltre la morte, e quindi appetibile per Dominique, che prima soddisfa e poi incastra, anche se uno sguardo di lei, pur proveniente dal luogo dell'umiliazione, può rimettere tutto in discussione.
Film Bianco è il più ironico tra quelli della Trilogia dei colori. Una pellicola in cui però Kieślowski riversa anche la sua rabbia per lo status del suo paese, accusandolo di miopia e di una infantile voglia di compensare un senso di inferiorità secolare. L'uguaglianza è vista come un risultato impossibile da ottenere, in un mondo dominato da sesso e denaro, in cui maschile e femminile si perdono, reciprocamente crudeli. La soluzione è di matrice cattolica, perché solo nella sacralità delle nozze l'idillio è possibile. Il giorno più bianco della vita di un uomo e di una donna.
Film Rosso
Svizzera. Rosso. Fraternité. "Miglior film in concorso a Cannes" secondo il regista che batté Kieślowski e vinse la Palma d'oro quell'anno con Pulp Fiction. Un certo Quentin Tarantino. Poi tre candidature agli Oscar del 1995.
Film Rosso o filo rosso, Rouge o Fil Rouge, quello che lega gli apparecchi telefonici degli amanti, presi a vivere i loro rapporti amorosi secondo i tempi tecnologici e i loro difetti. Chiamate ricevute, perse, rincorse, interrotte, chiamate che uniscono, separano e permettono di vivere altre vite.
Valentine è una modella, ballerina e studentessa che vive a Ginevra. Musa di un giovane fotografo pubblicitario, imprigionata in una relazione con un ragazzo sinistroide, intellettualoide (forse con problemi di erezione come Karol Karol) e molto opprimente. Lei è empatica, altruista, generosa, il tipo di persona che quando, per caso, investe un cane per strada lo raccoglie, lo cura e lo riporta al padrone. Un giudice depresso, disilluso, ferito, svuotato e spione interpretato da sua maestà Jean-Louis Trintignant. Come la legge dei vasi comunicanti, una si svuota, l'altro si riempie. Cambia il destino di entrambi perché entrambi nell'altro trovano la soddisfazione di una necessità esistenziale, che sia andare avanti, che sia fare pace con il passato.
Un'altra vita scorre accanto a lei, quella di un altro giudice, reincarnazione metaforica di quello che ha davanti, che le nasconde le cose importanti, la ama e la venera. Per lo spettatore un modo di rileggere i personaggi. Per i personaggi un modo di rileggere loro stessi e trovare una seconda possibilità. Una rinascita.
Film Rosso è il più pensato e scritto della Trilogia dei colori. Kieślowski raggiunge il compimento di un viaggio concepito per trovare una ciclicità che non sappia di claustrofobia, ma, anzi, di rinnovamento, quello che permette di accogliere anche la vecchiaia.
La trilogia si chiude con la collisione di caso e destino. Una collisione ottimista, perché permette di trovare una via salvifica nella tragedia di una esistenza passata a navigare in mezzo alle tempeste. Un'umanità da salvare, che dà il gancio allo spettatore per prendersi le sue responsabilità, se vorrà accoglierle e riaprire lui in primis l'occhio, che è stato di Julie, che è passato per Karol Karol nei riguardi di Dominique e che ora vede Valentine poter vivere insieme al giudice. Se ne se sentirà la necessità.