Sono tante le suggestioni e le contraddizioni che mette in scena Trieste è bella di notte, il nuovo documentario di Andrea Segre, Stefano Collizzolli e Matteo Calore, prodotto da ZaLab Film (di cui sono soci fondatori) e Vulcano, che dopo la presentazione in Selezione Ufficiale Fuori Concorso al 34. Trieste Film Festival, esce nelle sale cinematografiche italiane dal 23 gennaio 2023, accompagnato da un tour con gli autori, distribuito da ZaLab Film. Gli occhi e la musica sono gli strumenti che, come spiegheremo nella nostra recensione di Trieste è bella di notte, i tre registi scelgono per raccontare le vite al confine dei migranti protagonisti.
Bella di notte
Trieste è bella di notte racconta ciò che accade tra Italia e Slovenia, ovvero pochi chilometri sopra Trieste, capoluogo di regione del Friuli-Venezia Giulia, ai migranti della rotta balcanica che riescono ad attraversare la frontiera. Una volta raggiunto quest'obiettivo, gli stessi rischiano di essere fermati dalle forze dell'ordine italiane che li rispediscono indietro fino in Bosnia, senza venire identificati e senza avere la possibilità di fare richiesta di asilo. Al centro del documentario c'è il game, ovvero il modo in cui i migranti chiamano il tentativo di attraversamento di una frontiera: può andare a buon fine oppure no, dopo giorni (a volte quasi un mese) di cammino a piedi, ma il vero problema è che non è detto riescano ad ottenere asilo, pur facendone richiesta, una volta attraversata la frontiera. I "giocatori in fuga" in questo crudele gioco della vita vengono individuati e spogliati dei propri diritti di esseri umani, per poi essere rimandati indietro al punto di partenza. In questo caso è - testimonianza diretta di alcuni di loro, come si vede nel film - forse il loro ultimo desiderio. Preferirebbero questo, piuttosto che rimanere bloccati in Bosnia avendo perso qualunque diritto, lontano dai propri cari per i quali hanno cercato un futuro migliore oltre il confine.
Com'è triste attraversare da Trieste in giù
Il Ministero dell'Interno italiano definisce queste operazioni "riammissioni informali" e le ha introdotte nel maggio 2020. In piena pandemia, quando fino all'autunno di quell'anno la situazione finì fuori controllo e soprattutto fuori dai radar del giornalismo e della comunicazione, impegnati ad affrontare la pandemia globale che aveva colpito anche il nostro Paese. Le indagini che i tre registi provano a fare nel corso del documentario, intervallando testimonianze di alcuni dei migranti respinti e loro video fatti col cellulare - la scarsa qualità degli stessi vuole testimoniare il (neo)realismo della vicenda raccontata - a dichiarazioni ufficiali di ministri e rappresentanti del governo, fino ad un giudice che ha seguito la causa di uno dei migranti.
A gennaio 2021 il Tribunale di Roma ha sancito le suddette pratiche come illegali e sono state sospese fino al 28 novembre 2022, quando il Ministro Piantedosi le ha riattivate. Eppure non risultano documenti ufficiali a riguardo e la questione non è mai stata resa di dominio pubblico. Questo montaggio ha un effetto tanto suggestivo quanto contradditorio sullo spettatore, in un modo che sembra voluto da Andrea Segre (che torna nel Triveneto dopo i film dedicati a Venezia), Stefano Collizzolli e Matteo Calore, per esprimere la costante inquietudine e paura vissuta dai migranti, il loro atteggiamento altalenante, così come quello delle istituzioni che non riescono a decidersi e a trovare una soluzione che non leda i diritti umani tanto quanto quelli costituzionali.
Occhi e musica
Il dibattito viene così aperto e Trieste è bella di notte ci ricorda come le luci suggestive e affascinanti della città sul mare, vista dall'alto quando i migranti arrivano dal confine, possa sembrare l'inizio di un sogno ma si possa altrettanto facilmente e velocemente trasformare nell'inizio di un incubo. Luce e buio nella fotografia, così come l'uso della camera a mano e le riprese volutamente amatoriali sono espedienti tecnici volti a raccontare il disagio del game, che sembra non avere fine. Parallelamente i tre cineasti seguono un gruppo di pakistani e afghani in una casa abbandonata a Bihać, in Bosnia, che vogliono partire in direzione dell'Italia. Ma ci riusciranno o il loro destino sarà molto meno lusinghiero?
Il doc vuole fornire domande più che le risposte all'annosa questione, raccontando entrambi i punti di vista, compreso quello della Legge e di tutti i suoi problemi e contraddizioni interni. Due sono gli strumenti scelti per mettere in scena e dare un tono intimo e realistico al racconto. Gli occhi dei testimoni, costantemente inquadrati insieme ai loro primi piani: il loro sguardo cambia e si fa via via più triste e disilluso, quasi folle a volte per le violenze e torture subite. La musica, cantata o ascoltata dagli stessi migranti, piuttosto che utilizzare qualcosa di enfatico registrato in studio. Il doc. sembra dirci: una soluzione non c'è, ma allo stesso tempo dovremmo continuare a porci le domande e provare a capire e comprendere piuttosto che respingere a vista.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Trieste è bella di notte consci come non si tratti di un documentario per tutti i palati e profondamente contraddittorio e non risolutivo sulla questione che mette in scena. È molto apprezzabile il lavoro sugli occhi e sulla musica per rendere il racconto intimo e (neo)realista agli occhi dello spettatore e tentare di sensibilizzarlo. O ancor meglio scomodarlo sulla storia vissuta dai migranti e sul loro destino una volta riusciti a superare il "game" e ad attraversare il confine tra Italia e Slovenia, legato a Leggi messe in atto, non sempre pubbliche e ufficiali.
Perché ci piace
- Un documentario intimo, crudo, realistico sul doppio punto di vista dei migranti e dello Stato italiano.
- Prova a fare domande più che a trovare risposte.
- L’uso degli occhi e della musica come strumenti per provare a estrapolare la verità dei protagonisti.
Cosa non va
- Il suo essere messo in scena in modo amatoriale può risultare respingente.
- Il racconto è fortemente contradditorio.