Quando tireremo la corda alle sue spalle, la voce dello sceriffo non sarà più la stessa. Woody non sarà più lo stesso. Almeno per il pubblico italiano. Toy Story 4 è alle porte e sarà la prima volta che il mitico cowboy dallo sguardo gentile non sarà doppiato dal compianto Fabrizio Frizzi. Nel corso della sua carriera, l'amato presentatore non è diventato solo uno dei volti più familiari e rassicuranti della tv italiana, ma è riuscito anche a incollarsi alla perfezione sul volto candido del mitico personaggio Disney-Pixar. Senza perdere un briciolo della sua spontaneità, dal 1995 al 2010 Frizzi ha dimostrato grande disinvoltura prestando la voce a Woody, un personaggio di cui sembra davvero aver abbracciato lo spirito. In tutto e per tutto.
Alla vigilia dell'uscita di Toy Story 4 (che arriverà in sala il prossimo 26 giugno) pensiamo sia doveroso omaggiare il lavoro svolto da Frizzi su un personaggio diventato celebre in Italia anche grazie alla sua performance vocale.
Siamo certi che il suo sostituto, ovvero il validissimo Angelo Maggi (storica voce di Tom Hanks, ovvero il doppiatore originale di Woody), farà un lavoro egregio, ma l'effetto straniante sarà inevitabile. Perché nessun genere viene marchiato a fuoco dal doppiaggio più dell'animazione. Perché, per animarsi davvero, qualsiasi personaggio trova nella voce la sua carta d'identità più autentica. E allora, visto che parliamo di una saga dedicata ai valori affettivi, ecco perché Fabrizio Frizzi in Toy Story 4 ci mancherà.
Di mestiere 'presentattore'
Oggi li chiamiamo talent, anche quando di talento non c'è traccia. Negli ultimi anni l'abitudine (o forse dovremmo dire moda) di far doppiare prodotti animati a volti noti dello spettacolo ha preso ormai piede, con risultati spesso mediocri. Non sappiamo quanto e perché il doppiaggio di Fabio Rovazzi o Antonella Clerici siano capaci di portare spettatori in sala, ma è certo che a livello artistico le performance di persone messe forzatamente al leggio sono tutt'altro che indimenticabili. In questo senso, la scelta di Fabrizio Frizzi su Woody fu una trovata coraggiosa, insolita, e quanto mai azzeccata. Va detto che negli anni '90 i tempi con cui veniva realizzato un doppiaggio erano molto più dilatati e rilassati della frenesia odierna. Un direttore aveva la possibilità di curare meglio la prova di un neofita, e i meravigliosi di doppiaggi di Frizzi, Massimo Ranieri su Quasimodo neIl gobbo di Notre Dame e Renato Zero su Jack Skeletron in Nightmare Before Christmas sono lì a dimostrarlo. Questo senza dimenticare il talento, la naturale predisposizione e la felice aderenza al personaggio. Con il suo egregio lavoro su Toy Story, Fabrizio Frizzi conferma lo spessore creativo e artistico di un mestiere spesso sottovalutato come quello del presentatore, professione che richiede diverse qualità attoriali: presenza scenica, conoscenza della dizione, capacità di improvvisazione. Forte delle sue passate esperienze in radio e in teatro, Frizzi ci ha sempre tenuto a ribadire la valenza artistica dei presentatori. Una professionalità sfociata anche al leggio, sotto quel cappello da cowboy che gli stava a meraviglia.
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Fabrizio Frizzi è Woody: l'elogio del classico
Classici stivali da cowboy, carattere rassicurante come i vecchi eroi del Far West e vestiti amabilmente retrò, molto simili a quelli del mitico Lucky Luke. Woody è l'emblema del classico che non passa mai moda, l'ambasciatore di un vecchio stile capace di conquistare senza fatica i cuori degli spettatori. A ben pensarci, il personaggio di Woody incarna davvero la costruttiva morale dell'intera saga di Toy Story, ovvero un grande elogio del classico, delle radici, del gioco analogico e tattile che vince ogni tentazione digitale. In questo senso aver associato Fabrizio Frizzi al paladino di Toy Story è stata una scelta (volontaria o meno) assolutamente accurata. Perché lo stesso Frizzi, nel suo mestiere, ha sempre incarnato i valori della vecchia televisione. Avendo come modelli di riferimento grandi figure come quelle di Corrado e Mike Bongiorno, Frizzi aveva una compostezza, un'eleganza e un'educazione davvero d'altri tempi. Proprio come Woody. Senza mai eccedere o strafare, Fabrizio Frizzi era garanzia di garbo, una persona dai modi gentili, innamorata di una professione di cui era un invidiabile ambasciatore.
Un amico gentile
Chi scrive non conosceva personalmente Fabrizio Frizzi. Chi legge, molto probabilmente, nemmeno. Però, quando un personaggio pubblico ti dà l'impressione di essere davvero uno di famiglia, significa che sa essere accessibile. La tanto abusata definizione "capace di entrare nelle case degli italiani", con Frizzi, era particolarmente vera, perché grazie a quel sorriso affabile e alla sua estrema semplicità, il nostro era rassicurante, in qualche modo familiare. Proprio come Woody, Fabrizio Frizzi era una persona buona, gentile, genuina. Così lo descrivono i colleghi e le persone che lo hanno amato. E non è molto difficile da credere. Tutte qualità che lo hanno reso facilmente sovrapponibile al pupazzo di Toy Story. Un personaggio trasparente, altruista, dotato di un candore al limite dell'ingenuo. Un eroe comune, avvinghiato a valori semplici in un mondo che corre frenetico. Frizzi, invece, non aveva fretta, ti faceva accomodare nei suoi programmi come se fosse il salotto di casa sua. L'unica fretta l'ha avuta nel marzo del 2018 quando ha salutato tutti senza avvisare. E se avremo la fortuna di ricordarlo vitale, allegro e scanzonato, sarà anche grazie al cowboy dagli occhi buoni come i suoi. Come dice Buzz Lightyear: "Verso l'infinito e oltre".