Mia romantica Lulù...
Totò, nel film del 1950 Totò sceicco, è Antonio Sapone da Caserta, un maggiordomo infingardo e lumacone (la nuova guardarobiera?... guarda che roba!) al servizio della "falsa magra" Marchesa di San Frustone, il cui rampollo Gastone - un superlativo Aroldo Tieri - è a sua volta succube della canzonettista Lulù, per cui ha dilapidato cuore e patrimonio. Inviato dalla Marchesa a richiamare il figlio al decoro del blasone, Antonio finirà con il registrarne il litigio con l'amata e la fuga, dopo un maldestro tentativo di suicidio (Morire? Ma guardi che lei s'annoia... Tutto il santo giorno tappato in 'cassa'...), per arruolarsi nella Legione Straniera. Dietro promessa di regalargli il suo palazzo, la pingue Marchesa riesce a convincere il recalcitrante Antonio ad arruolarsi a sua volta per vegliare su di lui, dando il via ad una reazione a catena di tragicomiche avventure.
La prima lo attenderà presso il Caffè Verdi in Via del Porto, convinto erroneamente dall'autista Lodovico che sia la base di reclutamento dei Legionari, a cui comunicare una parola d'ordine ("Birra e salsicce!") per essere riconosciuti. Il nostro eroe finirà prima col tavolo occupato da decine di bottiglie di birra e piatti di maleodoranti salsicce, e poi arruolato in un corpo di spedizione clandestino che combatte 'contro' la Legione, al seguito del militare mercenario Zacharias,e della splendida principessa araba Fatma. Infilato in una minuscola botte di vino che non gli arriva al ginocchio, accorciato e poi allungato come un personaggio dei Looney Toones, Antonio giunge in Africa al cospetto dei Ribelli del Deserto, dove subirà una bizzarra Tortura della Sete ad opera di un mago arabo, in realtà di Bitonto, il cui scopo è convincerlo ad impersonare lo scomparso Figlio dello Sceicco, catturato in Europa.
Tra Legione Straniera e Ribelli del deserto
Io mi ribello di fare il ribelle!
Ma proprio quando, novello Valentino, sta per assaporare i vantaggi del suo nuovo ruolo, consistenti in un harem con ventidue mogli sposate da bambino e in una notte d'amore con la sensualissima Fatma, Antonio ritrova Gastone, mandato in missione dal suo Maggiore per catturare il figlio dello sceicco, ed insieme a lui fuggirà nel deserto, assediato dal sole implacabile e dai "miraggi ladri" (un gelataio che prende prima le cinque lire di Antonio e poi svanisce con tutto il carretto). Tornato al fortino, verrà pure scambiato per lo Sceicco vero e rischierà la fucilazione, ma verrà salvato in extremis solo per essere ricatturato dai ribelli assieme a Gastone, finendo sepolto nella sabbia fino al collo, alla mercé delle lance dei Ribelli e in compagnia di una farfalla che ha scambiato il suo nasone per un fiore.
Come un novello Indiana Jones o una versione maschile 'racchiotta' di Tomb Raider, Antonio penetrerà infine nel regno sotterraneo di ciò che rimane della favolosa Atlantide, scoprendo "letteralmente" il magnifico volto della Regina Antinea - Tamara Lees, un'Angelina Jolie ante litteram - che però, come la strega Maleficent, regala baci non d'amore ma al veleno, tramutando i malcapitati in statue d'oro. Sorte che toccherà ad un misterioso figuro - uno straripante Arnoldo Foà - pazzo d'amore per lei. Di pericolo in pericolo, incluso il colonnello Zacharias che si farà saltare in aria come un kamikaze per non dividere il tesoro di Atlantide, Totò e Gastone riusciranno a tornare dalla Marchesa, sani e salvi. Gastone sposerà Lulù e Antonio, nonostante non somigli propriamente a Brad Pitt, si congiungerà ad Antinea innamorata di lui "come un pesce".
Totò e Mario Mattòli
Alla faccia del bicarbonato di sodio!
Ad anni luce di distanza dalla sua realizzazione, Totò sceicco conserva intatta la propria verve comico/anarchica, operando una formidabile incursione nei territori del cinema avventuroso di stampo hollywoodiano (il modello è Beau Geste di William Wellman, ma anche L'Atlantide di Graig C.Tallas e alcune parodie di Stan Laurel ed Oliver Hardy come I diavoli volanti). A dirigerlo un altro fedelissimo del Principe della Risata: Mario Mattòli, eclettica figura di regista, sceneggiatore ed impresario teatrale.
Figlio di un medico chirurgo e laureato in giurisprudenza, Mattoli comincia a lavorare nello spettacolo per gli impresari Suvini e Zerboni, fondando poi nel 1927 la Spettacoli Za-bum, con l'impresario Luciano Ramo, basata sull'idea di aprire gli spettacoli di rivista agli attori di prosa, con nomi del calibro di Sordi, Fabrizi, de Sica, Macario, che dalla rivista passano anche al cinema. La Za-bum produce anche film, così, quando per un'improvvisa indisposizione di Carlo Ludovico Bragaglia, diventa necessario scegliere un nuovo regista, Mattòli si fa subito avanti dirigendo Tempo massimo con un giovane Vittorio De Sica e Milly. Sarà l'inizio di ben 32 anni di carriera, con 84 lungometraggi all'attivo - spesso anche come sceneggiatore - tesi ad esplorare i generi più popolari del cinema italiano: dal dramma passionale al kolossal mitologico alla fantascienza, con una particolare predilezione per la commedia, prima con Erminio Macario e poi col Principe della Risata. Il sodalizio tototista durerà ben 16 pellicole, una collaborazione non sempre facile ma basata su una stima reciproca, e sull'assoluta fiducia nelle capacità "autogestionali" del grande attore.
Come dichiarerà lo stesso regista in un'intervista a Piero Arlorio del 1971: "La comicità di Totò, alla quale noi registi commerciali 'spregevoli' non davamo che un apporto di collaborazione tecnica, era sempre molto onesta, molto buona. La rapidità della realizzazione era aiutata anche da una delle forme assolutamente miracolose di Totò, come del resto di molti grandi attori dialettali, e cioè la sua enorme prontezza nei risultati, perché Totò era bravo immediatamente, alla prima ripresa. Le riprese si ripetevano una volta o due, raramente tre. Mi fanno ridere quelli che fanno quaranta volte la stessa inquadratura... Realizzare un film in venticinque giorni soltanto, dal primo ciak alla proiezione privata dopo il montaggio, sonoro compreso, non è da tutti. Io ero noto per le capacità, diciamo " sportive " nelle realizzazioni, ma con Totò sceicco superai me stesso. È chiaro che la cosa mi fu possibile perché il protagonista era Totò, cioè un attore che non aveva bisogno di particolari condizioni per rendere valida una interpretazione, un attore sempre pieno di trovate, di talento puro, di inventiva. Con lui tutto diventava facile e divertente. "
Articolo a cura di Giuseppe Cozzolino: Scrittore, saggista, produttore web, docente di Storia del Cinema e Storia delle Comunicazioni di Massa presso l'Università di Napoli.