La nostalgia, il senso dell'epica, la spettacolarità prestata a un cinema meravigliosamente popolare, ancora capace di creare il sogno e l'aspettativa. Poi, il senso del divo - molto vicino al concetto di divinità - che continua a saper mantenere quel protagonista all'apparenza inossidabile. Abbiamo provato a riassumere, in due righe, Top Gun: Maverick che, dopo aver volato altissimo nei cinema di tutto il mondo, è diventato il maggior incasso di Tom Cruise, oltre ad accaparrarsi la 13° posizione nella top 50 dei più alti incassi mondiali. Insomma, uno di quei film che mette d'accordo tutti. Letteralmente. Fan in visibilio, la voglia di adrenalina, i Ray-Ban e la giacca di pelle, ritrovati a trentasei anni da quel film che scrisse un'epoca. Tra i vari endorsement, quello di Quentin Tarantino, che ha lodato l'approccio rispettoso nei confronti del mito: "Joseph Kosinski ha fatto un ottimo lavoro. Amo il cinema di Tony Scott, e questa pellicola è la cosa più vicina ad un suo film. Il rispetto verso Tony era ovunque, in ogni decisione. In qualche modo credo fosse lì, sul set...". Un pensiero non da poco, che spiega perfettamente quanto Top: Gun Maverick sia a tutti gli effetti il film postumo del regista, che torniamo a celebrare a dieci anni dalla terribile scomparsa. Perché, al netto della sacrosanta dedica, è innegabile che il successo di Top Gun: Maverick è (anche) merito di Tony Scott.
Il percorso di Scott, da Top Gun a quel sequel mai girato
Un'esagerazione? No, perché il regista de L'Ultimo Boy Scout e Spy Game è sempre stato dentro il progetto del sequel, in quanto una prima sceneggiatura era già pronta fin dall'uscita di Top Gun. Per uno strano incastro, però, non se ne fece nulla: la tecnologia militare stava evolvendo, e il Dipartimento della Difesa Statunitense non diede carta bianca per le riprese, né per l'utilizzo dei MiG o degli F-5, al contrario di quanto avvenne nel 1986, quando addirittura il DoD e il Pentagono si fecero promotori diretti della pellicola. A complicare le cose, le rimostranza di Tom Cruise che a Playboy (!) durante la promozione di Nato il 4 Luglio definì "irresponsabile" un possibile sequel. Insomma, il progetto si arenò e Tony Scott si concentrò su Beverly Hills Cop II, ritrovò Tom Cruise in Giorni di Tuono (che venne bollato come una sorta di copia a quattro ruote di Top Gun) e lavorò con altri due assoluti divi di Hollywood, Kevin Costner (in Revenge - Vendetta) e Bruce Willis (L'Ultimo Boy Scout). Ma, nonostante tutto, l'idea di un seguito di Top Gun era ancora vivida negli uffici della Paramount, che tornò da Jerry Bruckheimer e Tony Scott con la proposta di un sequel, tanto che Scott si disse immediatamente disponibile, rimanendo ispirato da un giovane pilota dell'aeronautica che manovrava droni senza pilota: "Non voglio fare un remake, voglio fare un nuovo film che si concentri sulla fine dell'era dei combattimenti aerei in funzione di una guerra moderna". Eccolo il punto di contatto tra il passato e il presente, l'intuizione rudimentale che accese il senso di Top Gun: Maverick.
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Tony Scott e la prima scintilla
Poi, però, il buio: il 19 agosto del 2012 Scott si suicida, lasciando nell'oblio un remake de I Guerrieri della Notte e, naturalmente, il sequel di Top Gun. Il progetto, nonostante lo sgomento legato alla scomparsa di Scott, resta più o meno in piedi, per merito della passione di un produttore come Jerry Bruckheimer, che si affiderà quasi esclusivamente alla voglia di Tom Cruise e di Val Kilmer, entrambi intenzionati a tornare nell'universo di Top Gun.
Il resto è storia, diciamo, recente: il progetto venne ufficializzato nel 2014, mentre nel 2017 Tom Cruise rivela che le riprese sarebbero partite nel 2018, per poi terminare nel marzo del 2019. Alla regia Joseph Kosinski; alla sceneggiatura Ehren Kruger, Christopher McQuarrie ed Eric Warren Singer, che ripresero illuminazione di Scott, facendo sì che gli eventi di Top Gun: Maverick siano scaturiti proprio dall'anacronismo del capitano Pete Mitchell in un mondo militare quasi totalmente sostituito dalla tecnologia. Gli aerei volano da soli, le missioni si guidano dai computer, gli algoritmi addestrano i piloti. Una totale reinvenzione del mito da parte di Tony Scott, che aveva previsto le moderne tecniche di guerra e di addestramento volendole "sfruttare" per quell'ambizioso sequel che non è mai riuscito a dirigere.
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L'eredità rispettata
Non c'è riuscito ma, a giudicare poi dal risultato finale, è come se Tony Scott fosse stato davvero presente sul set. Joseph Kosinski, dimostrando di saperci fare, ha amalgamato uno stile da blockbuster contemporaneo all'idea filmica di Scott, delineando i confini di un cinema che si tramuta nelle reazioni umane contrapposte all'azione dettata dalle macchine, quindi dagli aerei e dai jet supersonici. Stessa cosa fatta da Tony Scott nel 1986 che, sfruttando una messa in scena ovviamente analogica (e quindi reale), creò uno dei primi miti post-moderni, facendo sì che il film divenne immediatamente un'esperienza collettiva dall'impatto dirompente. Il pubblico si ritrovò a bordo dei jet, prese parte alle piroette spericolate di Maverick, scoprì l'epica classica legata ad una cultura smaccatamente pop, in grado di rivedere sotto luci differenti le controverse regole militari. "Se siamo tutti qui è grazie a Tony", ha commentato Christopher McQuarrie, dopo l'uscita di Top Gun Maverick, "Nel 1986, al cinema, Top Gun non era ancora Top Gun. I film non erano quelli che sarebbero diventati oggi. E quanto Tony girava, nessuno riusciva a fare meglio di lui. Nonostante non abbia ricevuto il giusto riconoscimento nel corso della sua vita, in quanto è stato un regista di talento molto influente".
E oggi, a dieci anni esatti dalla sua morte, il tripudio che ha accompagnato Top Gun: Maverick sembra essere la giusta (ma tardiva?) riconoscenza verso un regista che ha immediatamente saputo dialogare con il pubblico, dedicando ogni suo film ad una concezione cinematografica in grado di rompere schemi e regole ingolfate. Puntando fortissimo sull'essenza spettacolare della Settima Arte e dirigendo ogni suo film come se stesse sul palco di un concerto da sold-out, anche andando contro le esigenze delle Major e degli Studios. "Top Gun? Una sorta di rock'n'roll nei cieli", disse in occasione del suo cult. Una frase emblematica e riassuntiva, che adesso acquisisce tutto un'altro significato.
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