Tony saved the Queen
Un tempo ci si raccomandava a Dio per salvare la regina, oggi ad assicurare ancora lunga vita alla testa coronata inglese è un primo ministro laburista. Sono i tempi che cambiano, quelli dei media che amplificano ogni evento, si fanno megafono delle insoddisfazioni del popolo e finiscono con l'avere un impatto determinante per lo stravolgimento di blindatissimi protocolli reali e per la messa in crisi di istituzioni all'apparenza inattaccabili. Nella settimana di passione della monarchia inglese, seguita alla morte di Lady Diana, il destino di Elisabetta e soci è sembrato appeso al filo di un'asta, quella in cima alla residenza reale, parsa al popolo in lacrime rimanere troppo a lungo vuota, e sulla quale si chiedeva di veder sventolare una bandiera issata per metà, per scorgere un filo di umanità in quelle che dovrebbero essere le proprie guide, ma che più spesso appaiono alieni lontanissimi dalle emozioni popolari.
La morte di Diana è un evento ancora vivo in tutti quelli che l'hanno vissuto e Stephen Frears sa dosare bene gli elementi e gestire quell'emozione che ancora oggi sa suscitare il ricordo di una vicenda che ancora si trascina sui giornali scandalistici a colpi di tesi su complotti e presunte gravidanze. Lo fa però con grande intelligenza e sobrietà, scegliendo un'angolazione inusuale e ricorrendo ai materiali di repertorio per dar conto della reazione del popolo di fronte alla fine della loro principessa, amatissima non solo per il suo costante impegno nelle questioni umanitarie, ma anche in quanto vera e propria mina vagante a Buckingham Palace, perché si sa, c'è sempre un piacevole, quanto sadico, gusto nel vedere i propri regnanti messi in difficoltà dalla gente comune. E così anche la "principessa in prima linea" non ha un'interprete, ma a rappresentarla è solo la sua immagine-icona che sorride triste e fa infiammare i ricordi.
Il punto di vista scelto per raccontare l'evento che ha mandato in crisi la monarchia inglese è quello doppio della regina Elisabetta e del neo-primo ministro inglese Tony Blair, eletto da due mesi e ancora fuori dalle grazie di sua Maestà, scelta coraggiosa e interessante, che nel finale però tradisce qualche piccolo compromesso di troppo. Così, da una parte c'è l'avversione di una donna-Istituzione verso una donna-qualunque, vista come uno scomodo problema da neutralizzare anche da corpo inerte in una bara, e dall'altra un vero e proprio genio della comunicazione, che su quella morte ha costruito una formidabile campagna per l'affermazione della propria positiva immagine, basata su una partecipazione emotiva totale ad un dolore globalizzato per la perdita di quella che egli definisce "principessa del popolo", espressione particolarmente fortunata ricevuta in dono dal proprio paroliere di fiducia e utilizzata, prima di tutto, per farsi amico tutto l'elettorato.
Frears evita parodie da Bagaglino, non sceglie come protagonisti di una storia così delicata facce fotocopia di quelle originali, ma si affida semplicemente a ottimi attori, tutti perfettamente in parte, che riescono a risultare credibili pur impersonando personaggi che si lasciano prendere facilmente poco sul serio. Splendida è Helen Mirren, già rodata regina per il piccolo schermo, che sa rendere con bravura regale il freddo e personalissimo struggimento patito dal suo personaggio, stretta tra il tentativo di salvare faccia e corona di fronte alla delusione dei propri sudditi e la ferma volontà di non concedere trattamenti privilegiati a chi non si è mostrato riconoscente verso la corona, e che troverà un insospettabile alleato proprio nel primo ministro laburista, un modernizzatore mancato, anche perché, come afferma con ironia la repubblicana Mrs. Blair, tutti i primi ministri laburisti in segreto sono a favore della monarchia.
Dotato di un sottile umorismo tutto inglese e di una notevole precisione nella ricostruzione degli interni, The Queen risulta elegante, appassionante e convincente, privo di morbosità necrofila e tesi ad effetto, e assolutamente godibile nel suo tratteggiare con ironia una realtà così lontana dalla vita quotidiana, fatta di inchini a comando e riti ridicoli, ma inattaccabili. E se può ancora offrirci momenti così spassosi, beh, lunga vita alla regina.