Qualche anno fa uno dei più grandi attori britannici, Ian Holm, spiegò in poche parole un concetto chiave nell'approccio alla recitazione, in realtà applicabile da chiunque nella vita di tutti giorni: "La cosa più importante nella faccia sono gli occhi; se riesci a farli parlare sei già a metà strada". E Ian Holm in questo era maestro, le sue incredibili performance nascono soprattutto dallo sguardo. La scuola teatrale britannica nel corso dei decenni ha formato attori e attrici con un talento e una preparazione con pochi eguali al mondo. Come per Ian Holm, anche quando si assiste ad una interpretazione di Tim Roth, sono gli occhi a catturare l'attenzione dello spettatore.
L'attenzione ai dettagli e l'approfondimento psicologico dei suoi personaggi hanno reso Tim Roth uno degli interpreti maggiormente apprezzati della sua generazione, che da Londra è riuscito a conquistare Hollywood, dimostrando un'adattabilità a ruoli più disparati che non si riscontra in tutti gli attori. Un'infanzia difficile non gli ha precluso le porte del mondo dell'arte, passando da un primo step come apprendista scultore ad un secondo, definitivo, nel mondo della recitazione. Il cognome ebraico-tedesco inventato dal padre nel periodo post-Seconda Guerra Mondiale per sfuggire ai nemici degli inglesi, Tim lo mantenne per tutto il resto della sua carriera, che vive un periodo fondamentale nel decennio degli anni '80, dove affianca altri fulgidi astri nascenti della scena british - tra cui Gary Oldman, Daniel Day-Lewis e Colin Firth - che la stampa chiamerà Brit Pack e paragonerà agli alter ego a stelle e strisce del Brat Pack. I componenti del Brit Pack si sono distinti anche per essere riusciti, con percorsi differenti, a trovare il proprio personalissimo atollo sulla West Coast americana. Hollywood e la California hanno accolto anche Tim Roth negli ultimi trent'anni e le sue performance sul grande schermo in diversi casi hanno raggiungo un tale livello iconico da risultare indimenticabili per milioni di cinefili in tutto il mondo.
Alto 1,70, corporatura non troppo robusta, espressione intensa e austera. Perfetta per il ruolo di Severus Piton, che Roth rifiutò: "Inizialmente pensai 'Wow, sembra interessante'. Poi mi dissi che mi avrebbe perseguitato per tutta la vita". Parole coerenti con il suo percorso professionale, sempre alla ricerca di nuove sfide e nuovi personaggi con i quali fare conoscenza. L'immagine di Tim Roth agli occhi di un comune spettatore è assolutamente riconoscibile, sia per chi ha imparato ad apprezzarlo per ruoli destinati maggiormente al grande pubblico, come le numerose collaborazioni con Quentin Tarantino, sia per chi l'ha amato in pellicole meno commerciali, nelle quali ha potuto sfoggiare il vasto repertorio interpretativo. Western, drammi, commedie, fantascienza. Protagonista o comprimario. La carriera di Tim Roth certifica la sua bravura nel saper adattare il proprio talento al servizio del progetto nel quale ha deciso di prendere parte.
Nonostante la sua filmografia sia ricca di titoli e performance di rilievo, in occasione del suo sessantesimo compleanno abbiamo ristretto la cerchia a 5 ruoli significativi a cui l'attore ha dato vita nel corso della sua carriera: ecco quelli che secondo noi sono i 5 migliori film di Tim Roth.
1. Guildenstern in Rosencratz e Guildenstern sono morti (1990)
Primo film e unico film da regista del drammaturgo Tom Stoppard, Rosencratz e Guildenstern sono morti è la versione cinematografica dell'omonima pièce teatrale dello stesso Stoppard, che pone al centro della narrazione le due figure amicali di Amleto, Rosencratz (Gary Oldman) e Guildenstern (Tim Roth), marginali nell'opera di Shakespeare. Intellettuale e originale nella forma quanto soprattutto nel contenuto, il film di Stoppard prova a raccontare la realtà attraverso le regole del teatro e la finzione della messinscena. Straordinaria alchimia tra di due protagonisti, che proprio dalla rigogliosa fucina di talenti del Brit Pack provengono. Sono gli anni decisivi per la crescita di Tim Roth, che proprio grazie a questo film inizia farsi largo anche agli occhi della critica, con una performance assolutamente degna dei successi futuri. Sorprendente Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia 1990, nell'anno di Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese.
2. Mr. Orange in Le iene (1992)
Due anni più tardi Tim Roth instaura una collaborazione che diventerà profonda amicizia personale e professionale con un giovane regista di 29 anni, Quentin Tarantino, cineasta autodidatta e cinefilo per vocazione, impegnato a preparare il suo esordio sul grande schermo. Nel giro di audizioni per i ruoli dei criminali professionisti dai nomi fittizi impegnati in un grosso colpo, Roth ottiene la parte di Mr. Orange, uno dei personaggi chiave dell'innovativo noir di Tarantino destinato ad assurgere a cult per milioni di appassionati del regista che conquisterà i fan anche grazie alle pellicole successive. Tim Roth reciterà anche in altri film di Tarantino e in ruoli altrettanto iconici - soprattutto quello di Zucchino nel successivo Pulp Fiction, oltre al 'boia' Oswaldo Mobray in The Hateful Eight - ma l'ambiguità e le sorti del suo Mr. Orange in Le iene tengono con il fiato sospeso gli spettatori che vi ritrovano una prova d'antologia di Roth, che spicca in maniera evidente anche in mezzo ad un cast pieno zeppo di attori di razza.
Da Le iene a The Hateful Eight, la violenza nel cinema di Tarantino: i momenti (cult) più scioccanti
3. Joshua Shapira in Little Odessa (1994)
Nello stesso anno in cui partecipa al secondo iconico film di Tarantino, Pulp Fiction, Tim Roth battezza l'esordio sul grande schermo di un altro regista di razza, James Gray, all'epoca venticinquenne. Little Odessa è un dramma metropolitano dai toni cupi e dall'atmosfera inquietante. La scelta di Tim Roth per vestire i panni del sicario Joshua Shapira è perfetta; Roth incarna magistralmente il look del criminale impegnato in loschi traffici e incarichi sanguinari a cui abbina una costruzione psicologica per nulla scontata. Una delle più grandi interpretazioni dell'attore, che nel corso della sua carriera si è distinto in ruoli dalla forte componente introspettiva.
4. Sutter in Non bussare alla mia porta(2005)
Se nella casa di Quentin Tarantino Tim Roth è praticamente un fratello degli altri attori feticci del regista, con tre film all'attivo, nell'universo cinematografico di Wim Wenders vi accede in qualità di ospite, un invitato alla tavolata di famiglia che il regista organizzò ad una ventina d'anni di distanza da Paris, Texas. Non bussare alla mia porta riporta infatti Sam Shepard - e Jessica Lange - in una narrazione da lui scritta proprio per Wenders. L'attore Howard Spence è braccato da un agente assicurativo, interpretato da Tim Roth, che gli sta alle calcagna, come un cagnaccio che sbuca all'improvviso da lontano e non ti molla finché non ti ha agguantato. Una performance grintosa ed efficace quella di Roth, che dimostra la sua capacità di adattamento anche in contesti inconsueti al suo percorso.
Tim Roth: "Il cinema italiano mi ha cambiato la vita"
5. Dominic in Un'altra giovinezza (2007)
Una delle opere più personali di Francis Ford Coppola, e forse anche per questo discussa e divisiva. Tratto dall'omonimo romanzo di Mircea Eliade, Un'altra giovinezza è la seconda possibilità che la vita riserva inaspettatamente ad un anziano studioso nella Romania di fine anni '30. Dominic vorrebbe porre fine alla sua vita ma la potenza celere e improvvisa di un fulmine lo riconducono ad una seconda giovinezza che gli permette di riflettere nuovamente sulla vita, i suoi quesiti e le dinamiche del tempo che passa. Tim Roth è straordinario nel dare voce e corpo ad un uomo sull'orlo di un baratro che ritrova la giovinezza perduta, ora vissuta con la maturità di una persona che ha vissuto e affrontato la cruda amarezza della vita. Indecifrabile e per questo ancor più affascinante di quanto si possa immaginare, Un'altra giovinezza è uno dei titoli che maggiormente valorizzano il suo magnetico talento.