Nell'epoca del cosiddetto "elevated horror" affiorato nel cinema nordamericano grazie ad autori riconosciuti e celebrati, si sta imponendo a gran voce Ti West, autore di una trilogia originale (in una realtà in cui sembra oramai una chimera sempre più irraggiungibile) come la trilogia X, che con MaXXXine (qui la nostra recensione) ha segnato il suo capitolo conclusivo.
Tre film che hanno avuto il merito di lanciare definitivamente nel firmamento la stella di Mia Goth, protagonista assoluta e per di più co-autrice delle pellicole, ma anche di riproporre un genere solitamente più scomodo come prospettiva ideale con cui leggere il mondo e delle tematiche incredibilmente complesse, dando così prova del suo potenziale. Un'operazione che ha suscitato la stima di colleghi più o meno noti, che, come diversa stampa oltreoceano, si sono spesi sul lavoro di West sottolineando la sua grande capacità di lavorare con tanti linguaggi sfumandoli con tinte orrorifiche, dal più "scontato" slasher fino al noir, passando addirittura per il melò a seconda delle epoche della storia americana.
Com'è nata questa trilogia dalla natura metacinematorafica, così strutturata e in grado di ridare lustro ad un genere, riabilitandolo in così tante forme? Cosa ha mosso la creazione di personaggi femminili già icone moderne del cinema di questo tipo e perché proprio l'horror è il genere migliore per parlare del successo e, nello specifico, del successo rapportato al mondo del cinema? Lo abbiamo chiesto direttamente a Ti West, nella nostre intervista esclusiva.
Una trilogia nata in work in progress: intervist a Ti West
La trilogia era già nella tua testa sin dall'inizio o è nata nel corso del tempo?
"In realtà è nato tutto con l'idea di fare un solo film. Alla fine della scrittura di X - A Sexy Horror Story è arrivato il COVID, che ha bloccato tutto, tant'è che per girare siamo dovuti andare a finire in Nuova Zelanda, dove la pandemia non era arrivata. Durante il lavoro del film mi sono reso conto che eravamo l'unica produzione al mondo che stava lavorando in un periodo in cui tutti gli altri erano fermi, chiusi in casa. Per farlo eravamo riusciti ad ottenere i permessi di lavoro, avevamo costruito i set, avevamo fatto tutti i giorni di quarantena previsti, quindi l'idea di girare un solo film per poi chiudere baracca e burattini e tornare a casa per barricarsi per via del lockdown mi sembrava uno spreco di opportunità. Per continuare dovevo però convincere la A24 a produrre un altro film. Non potevo però realizzare un sequel, visto che tutto si esaurisce in X - A Sexy Horror Story, né realizzare un film completamente diverso perché non ci sarebbe stato neanche il tempo di scriverlo. Visto che però Mia interpreta due personaggi mi sono detto: "ma perché non andare a ritroso?". Anche perché a quel punto avevamo dei set che andavano bene anche per Pearl".
Come hai lavorato con A24? "La A24 mi ha chiesto come pensavo di realizzarlo e io non solo gli ho spiegato come, ma ho dimostrato loro che sarebbe costato anche di meno rispetto al precedente, avendo già tutto l'occorrente, e li abbiamo girati uno dopo l'altro. Dopo di che, mentre realizzavo il secondo capitolo, ci è venuto in mente che potessimo allargare la prospettiva e che questo personaggio sarebbe potuto andare ad Hollywood per tentare l'ultima tappa della scalata al successo e voilà, ecco la trilogia con MaXXXine".
Mia, Pearl e Maxine
Quanto è stata centrale Mia Goth per la realizzazione della trilogia di X e com'è cambiato il rapporto con lei?
"La prima volta che ho incontrato Mia è stato su Zoom e all'epoca io ero già un suo fan. Le ho mandato la sceneggiatura e a lei è piaciuta molto, a quel punto le ho prospettato la possibilità che avrei voluto che interpretasse due personaggi. Sono stato fortunato ad averla incontrata in un momento in cui era alla ricerca di una sfida più importante rispetto al passato, nonostante avesse già partecipato a pellicole molto importanti e fantastiche performance, ma non era mai stata la protagonista. La tempistica è stata perfetta".
"Nel momento in cui abbiamo deciso di andare oltre X - A Sexy Horror Story è stata fantastica, perché Pearl non sarebbe potuto esistere se lei non avesse accettato di interpretarla ancora, anche la sua collaborazione nella creazione stessa del personaggio era a quel punto semplicemente fondamentale. È stato un lavoro straordinariamente importante".
MaXXXine, intervista al regista Ti West: la trilogia X con Mia Goth porta l'anarchia a Hollywood
Un rapporto in crescita, dunque "In MaXXXine ancora di più perché lei conosce questi personaggi come nessun altro, ha indossato i loro panni per tantissimo tempo ed è stata in toto colei che ha dato loro vita. Alla fine io ho scritto le ambientazioni, gli scenari, le storyline, mentre lei le ha dato completamente corpo. Tante persone dall'esterno, vedendo la nostra collaborazione, parlano di qualcosa di incredibile e prezioso, anche se noi non ce ne siamo mai resi troppo conto perché non abbiamo fatto altro che lavorare e aiutarci gomito a gomito. Sicuramente ora posso dire che sia per me che per lei questa relazione rimarrà un unicum nelle rispettive carriere, perché è praticamente irripetibile poter replicare un sodalizio così stretto come è stato il nostro per questa trilogia".
È nata prima Maxine o Pearl?
"Credo Maxine, anche perché quando ho scritto X - A Sexy Horror Story ho pensato prima a lei, anche se non molto prima, anzi, c'è stata poca distanza a livello di tempo, però devo dire che Pearl è nata in principio come sua antagonista".
A chi delle due pensi che il pubblico possa identificarsi di più?
"Entrambi i personaggi ispirano un senso di identificazione da parte del pubblico, perché penso che ogni spettatore possa identificarsi con qualcuno preda di una pulsione spasmodica per ottenere qualcosa a cui tiene così tanto. Qualsiasi spettatore potrebbe essere sia Maxine che Pearl. Nel caso di Maxine perché è disposta a fare qualsiasi cosa pur di raggiungere il successo; nel caso di Pearl perché non ci riesce e sperimenta il fallimento in un modo così crudele da essere insostenibile. Penso che sia una tematica universale. Tutti noi abbiamo una vita che vorremmo vivere e una vita che invece viviamo tutti i giorni che è diversa per i motivi più diversi, magari anche perché la vita che vorremmo è semplicemente impossibile".
La vita è un horror
Sei partito con la storia di un making of di un B Movie e hai finito con una storia a Hollywood. C'è un riferimento alla tua vicenda personale nella costruzione di questo percorso?
"Probabilmente sì. Non ci ho mai pensato e sicuramente non è una cosa che riguarda soltanto me, ma è molto più generalizzabile: partire da una comfort zone, una dimensione più piccola, e poi allargare il raggio. Anche se può sembrare una cosa strana quella di essere partito facendo un film a basso budget e in un ambiente rurale per poi arrivare ad avere un grande budget e girare in una location sacra come può essere quella di Hollywood e di Los Angeles in generale. Mi piace come parallelo, ma non mi sono messo seduto a tavolino a pensare "voglio creare questo percorso per questo questo e questo"".
Perché l'horror è il genere migliore per raccontare il successo?
"Ma in realtà non so dirti se l'horror è il genere migliore per parlare di successo. Forse è il genere migliore per parlare della sua natura assurda, che è anche ciò che lo rende così interessante e così attraente da raccontare e da analizzare. Penso che se si faccia un film solamente sul successo in quanto tale si rischi di fare qualcosa di propagandistico o comunque un qualcosa nato dalla voglia di veicolare dei messaggi. Una visione limitata".
"Se invece si racconta la storia di qualcuno che farebbe qualsiasi cosa per ottenere successo, che magari si ritrova addirittura braccato da una coppia di anziani oppure che in realtà sia un terribile serial killer, allora si trasforma il tutto: non è più un messaggio riguardante il successo, ma un dare eco alle tematiche gli girano intorno. Tutto sommato penso che l'idea stessa del successo in un ambiente come quello del cinema sia così improbabile e difficile da ottenere che trovare o creare un personaggio che è pronto a qualsiasi cosa per arrivarci non possa che diventare una storia assurda. Questo interessava a me e questo poteva essere adatto un film horror o una trilogia".